Vice – L’uomo nell’ombra: un biopic su colui che manovrò da dietro le quinte il governo Bush

Era il 2016 quando lo sceneggiatore e regista Adam McKay saliva sul palco dell’Academy per ritirare il premio Oscar per la migliore sceneggiatura non originale, grazie a La grande scommessa.

Il film era davvero una “scommessa”, perché l’argomento trattato non era dei più facili (la bolla del mercato immobiliare statunitense del 2008). Eppure, i metodi narrativi di McKay furono tanto accattivanti da permettere che un tema ostico arrivasse con chiarezza agli spettatori, i quali, quindi, lo accolsero con entusiasmo.

Il regista ha ora deciso di portare su grande schermo con Vice – L’uomo nell’ombra una storia di politica (inter)nazionale americana: la carriera di Dick Cheney, conosciuto in tutto il mondo per essere stato – in età ormai avanzata – vicepresidente degli Stati Uniti durante i due mandati di George W. Bush (2001-2009).

Il film ripercorre circa quarant’anni di politica americana, seguendo la lenta ascesa al potere del futuro vicepresidente, connotata da quella pazienza tipica di chi – come Cheney – ama praticare la pesca con la mosca e sa attendere nell’ombra che arrivi il momento propizio.

Spinto fin dai tempi del college dalla ambiziosissima moglie Lynne (Amy Adams), Dick Cheney (Christian Bale) parte dal rurale Wyoming per arrivare a Washington D.C., diventando in breve tempo una figura essenziale sotto i governi Nixon e Ford. Sempre schierato presso il Partito Repubblicano, subisce gli influssi più o meno positivi dell’avvicendarsi dei vari governi, sino alla presidenza di Bush padre, dove è nominato Segretario della Difesa.
 

Ma è con l’approssimarsi della salita al potere di George W. Bush (Sam Rockwell) che Cheney si gioca le sue carte migliori, costringendo il futuro premier ad attribuirgli poteri pressoché illimitati, rendendolo – de facto – un co-presidente a tutti gli effetti. Un vero e proprio burattinaio che ha manipolato la situazione politica del primo decennio degli anni 2000 e ha causato, pur rimanendo costantemente dietro le quinte, l’entrata in guerra degli USA contro l’Iraq.

Cheney si circonda di uomini fidati e con pochi scrupoli, a partire dal suo mentore Donald Rumsfeld (Steve Carell), mettendo via via allo scoperto le proprie inclinazioni mitomani e superomistiche (in una sequenza è giustamente paragonato al supereroe villain Galactus).

L’enorme lavoro fatto da Christian Bale non è tanto nell’impatto fisico, che pure è incredibile. Grazie al truccatore Greg Cannom (tre volte premio Oscar per il make-up di Dracula di Bram Stoker, Mrs. Doubtfire, Il curioso caso di Benjamin Button), che lo ha sottoposto a cinque ore di maquillage ogni giorno, Bale si avvicina esteticamente a Cheney grazie alle protesi del naso, delle orecchie e all’aumento di peso avvenuto con l’aiuto di un nutrizionista. Ma l’attore è riuscito a cogliere soprattutto il lato comportamentale del politico, studiando e imitandone le maniere, gli atteggiamenti, gli usi e le abitudini, immedesimandosi così tanto in Dick Cheney da rendere difficile allo spettatore il distacco realtà-finzione.

Discorso simile per Amy Adams, che pare rimanesse nel personaggio della moglie Lynne anche tra una ripresa e l’altra.

Sam Rockwell, dal canto suo, per simulare al meglio la parlata e la posizione della bocca di George W. Bush ha richiesto ai make-up artist di aggiungere una protesi dentaria, oltre a quella nasale.

Questa forte dedizione del cast non può meravigliare. Vice – L’uomo nell’ombra è un film concepito con estrema precisione, fin nei minimi particolari. Le ricostruzioni sceniche, le ambientazioni, i manierismi tipici dell’ambiente politico sono studiati e riprodotti fedelmente, così da permettere una maggiore adesione al dato reale, nonché una forte empatia da parte dello spettatore.

Empatia che torna, come parola chiave, lungo tutto il progetto di un lungometraggio la cui narrativa variegata consente al pubblico, appunto, di comprendere tematiche altrimenti complicate, ma sicuramente emotive.

Ecco, quindi, che nei numerosi momenti comici si calca la mano con sprazzi surreali (si veda la scena recitata in pentamici giambici shakespeariani), per poi virare bruscamente i toni sul dramma e sul biografico e spiazzare ancora lo spettatore, rompendo la quarta parete e parlando direttamente in camera.

La regia di McKay si conferma un perfetto connubio di tutti questi stili differenti, che non stonano tra loro ma, anzi, si equilibrano e contribuiscono al mantenere costante l’attenzione.

L’espediente del “narratore non convenzionale”, un personaggio sopra le righe che appare di rado o con la voice-over, è un aiuto ulteriore che viene dato a chi guarda per comprendere meglio e immedesimarsi nelle vicende descritte.

Nominato a sei Golden Globe (miglior commedia, migliore sceneggiatura, miglior regista, miglior attore in un film commedia, miglior attore non protagonista in un film commedia, miglior attrice non protagonista in un film commedia), Vice – L’uomo nell’ombra si aggiudicherà, con ogni probabilità, la maggior parte dei premi in questione, in attesa della prestigiosa candidatura agli Oscar e, perché no, della vittoria finale agli Academy. 

 

 

Giulia Anastasi