“VILLA DOLOROSA – TRE COMPLEANNI FALLITI”, LIBERAMENTE TRATTO DA TRE SORELLE DI ČECHOV – UNO SPETTACOLO DI ROBERTO RUSTIONI IN SCENA AL TEATRO VASCELLO DAL 5 AL 13 OTTOBRE 2015

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VILLA DOLOROSA
Tre compleanni falliti

liberamente tratto da Tre sorelle di Čechov
uno spettacolo di Roberto Rustioni
da Rebekka Kricheldorf
traduzione Alessandra Griffoni
adattamento e regia Roberto Rustioni
con Federica Santoro, Emilia Scarpati Fanetti, Roberto Rustioni,
Eva Cambiale, Carolina Cametti, Gabriele Portoghese
assistente alla regia Gabriele Dino Albanese
produzione Fattore K.
in collaborazione con Associazione Olinda Onlus e Cadmo/Le Vie dei Festival
progetto ideato nell’ambito Fabulamundi Playwriting Europe 2014
residenza Carrozzerie n.o.t.

Teatro Vascello
Sala Giancarlo Nanni
Via Giacinto Carini, 78 – Roma

Dal 5 al 13 Ottobre 2015
dal martedì al sabato ore 21,00
domenica ore 18,00
“Nella vita la gente non si spara, non si impicca, non fa dichiarazioni d’amore ogni momento. Né si dicono a ogni momento cose intelligenti. La gente per lo più beve, mangia, fa la corte, dice sciocchezze. Dunque bisogna che tutto questo si veda sulla scena. Bisogna fare una commedia dove la gente venga, vada via, mangi, parli del tempo, giochi a carte. Ma non perché questo serve all’autore, ma perché così avviene nella vita reale”.

Anton Čechov

Villa Dolorosa 03 LOW_foto RiccardoCalabrò

Il testo della giovane Rebekka Kricheldorf, Villa Dolorosa, è una sorta di riscrittura delle Tre sorelle di Čechov trasposte ai giorni nostri, ricco di suggestioni. Debutta sulla scena romana per le Vie dei Festival il 5 Ottobre al Teatro Vascello, dove proseguirà nell’ambito della programmazione dal 6 al 13 Ottobre 2015. Lo spettacolo sarà poi al Teatro Franco Parenti di Milano dall’8 al 24 Marzo 2016.
Villa Dolorosa è un gioco di sguardi: quello di Rebekka Kricheldorf incrocia lo sguardo di Čechov.
Il tema dell’incompiutezza è centrale nel dramma ambientato in una Germania contemporanea, all’interno di una villa un po’ fatiscente, abitata da una strana famiglia, dove si festeggia un compleanno. All’orizzonte, speculare, il capolavoro di Čechov. Cambiano le regole del gioco, ma l’obiettivo è sempre lo stesso: afferrare il senso dell’esistenza, sentirsi padroni del tempo. Con leggerezza e col sorriso sulle labbra, malgrado il titolo ingannevole, ci si interroga sui grandi temi della vita. Il tempo scorre, ogni anno si festeggiano i compleanni, ma ogni volta è diverso, qualcosa nelle tre sorelle inevitabilmente cambia. Ognuno, a suo modo, cerca di tollerare o mascherare una realtà che necessariamente dovrà affrontare, al posto di quella immaginata e sperata. È la storia di un’assenza, di un vuoto, dove i desideri più intensi dei personaggi non si concretizzano in atti di volontà e le azioni non corrispondono alla veemenza dei desideri. I protagonisti aspirano a un futuro migliore, sembra che lo stiano sognando e si scontrano con l’impossibilità di realizzarlo, come prigionieri nei loro stessi sogni. L’oscillazione tra malinconia e ilarità, felicità e infelicità fa di quest’opera lo specchio della condizione umana.

Note di regia
Villa Dolorosa di Rebekka Kricheldorf mi è parso, fin dalla prima lettura, un testo significativo e “necessario”. Ci sono autori e artisti che ti comunicano più di altri, che ti risuonano dentro da sempre, per me è Čechov. Quando Fabulamundi mi ha proposto una serie di opere da vagliare, non ho avuto esitazioni rispetto a Villa Dolorosa.
La riscrittura di Rebekka parte da un’invenzione poetica, da un gioco di specchi: da una parte, all’orizzonte, Tre sorelle di Čechov, il capolavoro, il modello, la matrice; dall’altra, lo sguardo irriverente, audace ma al tempo stesso rispettoso della Kricheldorf. Da questo incontro/scontro nasce un cortocircuito brillante, estremamente divertente e denso di significato.

Tre sorelle e un fratello hanno ricevuto dei nomi russi dai loro genitori facoltosi, super intellettuali e probabilmente radical/chic. La coppia, tragicamente scomparsa qualche anno prima in un incidente, lascia in dote ad Olga, Mascha, Irina e Andrej una casa che va letteralmente in rovina, in cui si consumano, nell’arco di tre anni, altrettante feste di compleanno. In realtà si tratta di fallimenti totali di compleanno: le feste di Irina si dipanano tra litigi furibondi, regali sbagliati, amori falliti e fiumi di alcool. Ci si interroga sulla felicità, sul lavoro, sull’amore, sul futuro dell’umanità, si balla poco, si parla molto, si cita Schopenhauer e allo stesso tempo si raccontano barzellette, si ingurgitano sonniferi contenenti morfina col sorriso sulle labbra e ci si arrabbia ferocemente su argomenti futili. Si delinea con precisione l’atmosfera tragicomica, essenziale in Čechov, dove si alternano elementi scuri, malinconici, drammatici, con comportamenti più leggeri, ironici e quotidiani. L’umanità di Čechov è complessa, non esiste il bianco o il nero, ma il grigio, la sfumatura, la contraddizione, in una visione dell’uomo e del reale assolutamente contemporanea, delineata da Rebekka in armonia con la poetica cechoviana.
Al di là dei tormentoni, delle gags, del gioco degli equivoci, attraverso cui si sviluppano le tre feste di Irina con i loro inesorabili fallimenti, Villa Dolorosa è un testo molto divertente con battute folgoranti, malgrado il titolo ingannevole.
I quattro nomi letterari russi non si presentano ai nostri occhi solo come dei divertissement: Olga, Mascha, Irina ed Andrej “sono” anche i rispettivi personaggi cechoviani, è come se ne fossero la reincarnazione. Nonostante la Kricheldorf confonda le carte, cambi completamente le battute, operi precisi processi drammaturgici di riscrittura, l’eco dei personaggi originari di Čechov è molto forte. Le tensioni e le dinamiche familiari presenti in Čechov vengono riproposte da Rebekka in maniera altrettanto sottile, fino a raggiungere il culmine nella scena finale, quasi a raccontare l’eterna difficoltà a rapportarsi al Mondo, a ciò che è esterno, altro da noi, in perenne tensione e incomprensione. Tutto resta aperto, non si trovano grandi risposte. La Kricheldorf, come Čechov, prova ad afferrare la vita, forse invano…

Roberto Rustioni
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