We can be heroes: il ritorno di Sharkboy e Lavagirl

Prima di cominciare a parlare di We can be heroes, disponibile su Netflix, è necessario ricordare quel fantafilm per bambini che, diretto nel 2005 da Robert Rodriguez, si intitolava Le avventure di Sharkboy e Lavagirl in 3-D.

Fantafilm che introdusse i due particolari ragazzini suggeriti dal titolo, lui mezzo squalo, lei capace di sciogliere qualsiasi cosa al tocco, e che, adulti e sposati, ritroviamo in questo lungometraggio attraverso cui lo stesso Rodriguez torna a cimentarsi con l’immaginario infantile, come fece anche nella serie Spy kids e Il mistero della pietra magica.

Ma li ritroviamo, in realtà, soltanto marginalmente, in quanto, a fronteggiare una minaccia aliena su un pianeta Terra appartenente ad un imprecisato futuro sono la figlia e la variegata prole di altri supereroi, alla quale si aggiunge anche la preadolescente Missy alias YaYa Gosselin, tutt’altro che dotata di straordinarie capacità.

Prole spaziante da Wheels, su sedia a rotelle perché fornito di muscoli talmente forti che le gambe non riescono a reggerli, a Facemaker, in grado di concepire le facce più assurde; passando per l’allungabile e snodabile Noodles, Ojo, genio del disegno che parla soltanto tramite i suoi schizzi, a Capella, dall’insolita estensione vocale che le consente perfino di far fluttuare gli oggetti, Slo-Mo, che, nonostante sia veloce, si muove lentamente perché bloccato nella curvatura spazio-tempo, Rewind, la cui specialità è riavvolgere il tempo di pochi secondi, e la sorella gemella Fast Forward, che invece lo manda avanti.

Una combriccola il cui leader è Wild Card, in possesso di tutti i poteri immaginabili, e che l’autore di Dal tramonto all’alba immerge in un’avventura in fotogrammi trasudante CGI e comprendente nel cast di adulti Priyanka Chopra, Pedro Pascal e i veterani Christian Slater e Christopher McDonald.

Un’avventura che, mirata a ribadire che l’unione fa la forza e che bisogna credere in se stessi per dimostrare il proprio valore anziché pensare ad evidenziare gli errori degli altri, non fatica nell’assumere i connotati di un cartoon in carne e ossa, soprattutto nei momenti in cui vengono tirate in ballo le mostruose creature da affrontare.

Con la conseguenza che, altamente movimentato ma incapace di conquistare realmente lo spettatore, We can be heroes riesce a risultare probabilmente adatto in maniera esclusiva al pubblico dei giovanissimi, per i quali non può rappresentare altro che un’autentica novità.

Anche se, costruendo la circa ora e quaranta di visione con una struttura lineare che parte dalla presentazione dei diversi personaggi per poi mostrarci il loro addestramento, Rodriguez rimane efficace narratore da schermo e, soprattutto, rivela ancora una volta che anche i suoi lavori meno riusciti pullulano di idee originali (aspetto da non sottovalutare in un terzo millennio cinematografico sempre più stanco e ripetitivo).

 

   

 

Francesco Lomuscio