You die. Scarichi l’app, poi muori: l’horror di Antonaci, Mandalà e Lascar

Se consideriamo che nel 2016 ha visto la luce Bedevil – Non installarla di Abel e Burlee Vang, sorge immediato pensare che la tematica delle app portatrici di morte non sia certo nuova nell’ambito della Settima arte dell’orrore; ma, al di là della giustamente criticabile dipendenza da social network e download assortiti tipica della fauna umana d’inizio terzo millennio, ciò che principalmente interessa agli autori di You die. Scarichi l’app, poi muori – presentato presso l’edizione 2018 del Trieste Science+Fiction Festival è denunciare attraverso il genere cosa si è disposti a fare dinanzi a una scelta obbligata tra la vita e la morte.

Diretta a sei mani da Alessandro Antonaci, Stefano Mandalà e Daniel Lascar, infatti, la oltre ora e mezza di visione prende il via dalla figura della studentessa Asia, ovvero Erica Landolfi, la quale, scovata nel proprio telefono cellulare una app di cui nessuno sa nulla e che, in un primo momento, altro non sembra che un gioco in realtà aumentata, non immagina che attraverso la fotocamera essa sia capace di aprire un varco sul mondo dei morti, mettendolo in comunicazione con la realtà terrena per spalancare un abisso di terrore da cui è probabilmente impossibile trovare una via d’uscita.

Una storia di maledizioni da scaricare su altri in cerca di salvezza, una chiara variante in salsa tecnologica del tanto chiacchierato – e qui dichiarata fonte d’ispirazione – It follows di David Robert Mitchell, non poco ricordato anche nelle diverse apparizioni dal fondo di inquietanti figure che cominciano a tormentare l’esistenza dei diversi protagonisti aventi, tra gli altri, i volti di Carola Cudemo e Simone Valentino.

Una storia che, tra immancabili jump scare e sinistre presenze, si riallaccia in maniera evidente sia al filone delle ghost story giapponesi proto-The ring, sia a tutta la corrente horror hollywoodiana diffusa da James Wan e Jason Blum attraverso le saghe Insidious e The conjuring.

Produzioni decisamente costose a cui, per quanto riguarda il lato del raccapriccio, You die. Scarichi l’app, poi muori – concepito a basso costo come produzione indipendente – non ha assolutamente nulla da invidiare, rivelandosi capace di dispensare paura e di regalare immagini visivamente accattivanti, dispensatrici di spaventi improvvisi… pur dovendo fare i conti con una recitazione non sempre convincente nei momenti ordinari che, invece, raccontano la quotidianità dei personaggi, oltretutto penalizzati da un sonoro che avrebbe necessitato di maggiore cura.

 

 


Francesco Lomuscio