Stephan Castang esordisce alla regia con il film Vincent deve morire.

In uno studio grafico di Lione ove tutto sembra procedere nella assoluta normalità, lavora Vincent interpretato da Karim Leklou , quando in un giorno qualunque il nostro viene aggredito senza motivo da uno stagista. Si crede ad un episodio isolato , ma il giorno seguente un collega di Vincent lo pugnala con una biro. Da questo momento in poi subirà aggressioni ovunque e con  chiunque gli capiti di incrociare lo sguardo , non potendo essere al sicuro da nessuna parte, decide  di lasciare la città e trasferirsi in campagna. Qui farà altri incontri , due in particolare, il primo con un clochard , che ha il suo stesso problema , e gli rivela di  far parte di un gruppo, in cui ci sono altre persone che come loro  subiscono violenza immotivata, e per non essere isolati hanno creato una community online.

Il secondo incontro lo fa all’esterno di in un fast food , dopo che aveva ordinato dall’auto con  il cellulare la cena chiedendo la consegna fuori dal locale.

Arriverà una cameriera di nome Margaux , che ha il volto di Vimala Pons , la quale di primo acchito resterà sorpresa dalla peculiare richiesta di non voler entrare per ritirare la cena , soprattutto quando le spiegherà il motivo di temere aggressioni immotivate, a testimoniare la cosa   il suo viso segnato.

Anche Vincent però resta stupito nel constatare che Margaux non è pericolosa come gli altri.

Le esplosioni di violenza spontanea e priva di senso si verificheranno in tutta la Francia, come annunciato dai media, paragonando questo al diffondersi di un’epidemia , forse causata da un virus o da un batterio, ma il film non fornisce spiegazioni, rispetto a cosa si tratti e della causa che ha generato tutto.

Vincent deve morire allude a più generi , dal grottesco alla commedia nera, con sfumature da thriller paranoico,  fino all’horror che ricorda  una piaga zombi, con il suo carico politico. I rimedi per evitare di  guardare negli occhi le altre persone rimandano inequivocabilmente invece a “bird box” di Susanne Bier”  , film che sicuramente ha ispirato Stephan Castang anche per altre sequenze.

Le scene d’azione sono ben dirette e intrattengono , anche l’atmosfera del film regge l’impatto nel confrontarsi con uno spaccato di mondo terrificante,  peccato che i tempi che intercorrono tra le scene più tensive, siano troppo dilatati, e i temi trattati per quanto interessanti rischiano di essere diluiti e perdersi tra le righe di una trama che si protrae un po troppo a lungo ,  verso un finale con un retrogusto sia romantico che malinconico , ma poco convincente nell’insieme.

I contenuti di Vincent deve morire, ascrivibili ad una società (la nostra) repressa  da pandemie , crisi economiche ,  crisi energetiche e una politica polarizzata , eventi tutti che rischiano di condurre l’umanità verso un’acrimonia che ha derive sempre più violente, mettendo l’uno contro l’altro in una sorta di homo homini lupus, che tratteggia lo scenario di un pianeta sempre più cupo. Questo in sintesi  il senso di questo film, che di potenziale ne aveva , ma si trastulla come detto per una durata eccessiva andando a scapito di una gestione della tensione altalenante che affievolisce alla lunga la forza degli argomenti trattati, pur restando una pellicola interessante.


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