Ha poco più di 20 anni il regista catanese Giorgio Bruno quando, nel 2013, gira il suo primo lungometraggio, dalla struttura chiaramente thriller, Nero Infinito. Il regista di film acclamati dal pubblico come lo zombie movie Almost Dead del 2016 e l’ultimo They Talk del 2021 ci consegna un primo film decisamente un po’ acerbo, ma con un cuore ed un’anima ben definiti, che ci fanno perdonare una fotografia molto da serie televisiva crime ed una sceneggiatura che non sembra essere particolarmente a fuoco. Nero Infinito è una di quelle classiche pellicole che, nonostante i limiti evidenti, sa tenerti incollato allo schermo fino alla fine, non facendoti mai rimpiangere gli 82 minuti di visione. Il soggetto è dello stesso Bruno e di Davide Chiara, e le musiche sono firmate da Marco Werba, compositore che ha scritto anche la colonna sonora di Giallo di Dario Argento. Le riprese si sono svolte a Catania e nel suo entroterra.

La scrittrice di successo Dora sta ultimando il suo ultimo libro, dal titolo Nero Infinito, ma non riesce a trovare un finale che la convinca. Si consulta continuamente col suo editore, col quale ha una relazione, ma nessun finale sembra essere quello giusto. Nel frattempo a Catania cominciano a scomparire ragazze, che vengono torturate, uccise e poi fatte ritrovare alla polizia. Il filo conduttore tra questi terribili omicidi sembra essere uno solo: i romanzi di Dora. Infatti il killer uccide le vittime seguendo quasi alla lettera le descrizioni che la scrittrice fa dei raccapriccianti delitti dei suoi libri. Due agenti di polizia indagano sul caso, ma quando pensano di avere quasi la soluzione in mano le cose si complicano, perché il killer inizia ad uccidere seguendo i delitti di Nero Infinito, il libro che Dora deve ancora pubblicare … com’è possibile?

Nel ruolo di Dora, Bruno ha scelto l’enigmatica attrice catanese Egle Doria, con un trascorso teatrale di tutto rispetto alle spalle ed una bella formazione accademica che non le impedisce di rendere in maniera molto sibillina ed intrigante il suo personaggio. La vera protagonista del film è tuttavia l’attrice veronese Francesca Rettondini, che interpreta Elena, uno dei due poliziotti che indagano sulla morte atroce delle ragazze. Nonostante l’horror/thriller non sia proprio il suo genere prediletto, la Rettondini aveva già preso parte a un film dell’orrore nel 2005, DeKronos – Il Demone del Tempo di Rachel Bryceson Griffiths. Qui se la cava abbastanza bene nei panni dell’avvenente poliziotta, affiancata nelle indagini dal collega Valerio, interpretato da Rosario Petix, anch’egli catanese, così come dalla stessa città proviene un altro dei protagonisti della pellicola, lo strampalato barista Max, ovvero l’attore Giuseppe Calaciura. Un cast quasi tutto siciliano per un film che, però, la sicilianità la lascia da parte, per cercare di rendersi più internazionale possibile. Anche nelle riprese cittadine raramente Giorgio Bruno ci mostra scorci particolarmente noti della sua città, dimostrando così la sua tendenza all’affrancamento dalle radici italiane, che sarà poi sempre più evidente in Almost Dead e soprattutto in They Talk, nel quale, pur girando in Italia, si farà passare la storia come ambientata negli Stati Uniti.

Nero Infinito ci presenta subito omicidi a sangue freddo, torture che si compiacciono della sofferenza della vittima, e quel velo di mistero intorno alla figura del killer che viene presto rimosso per farci vedere in faccia l’assassino, perché evidentemente lo scopo di Bruno non era quello di costruire un giallo dalla struttura tradizionale, in cui si cerca per tutto il tempo di indovinare chi è colui che compie i delitti, ma piuttosto di farci entrare nella sua psicologia e farci capire come agisce, di cosa si compiace, cosa lo smuove. Non posso nascondere che a me un briciolo di suspense in più sulla figura del killer non sarebbe dispiaciuta, ma anche così sono comunque riuscita a godermi il film, ed a soddisfare la mia voglia di mistero con quella telecamera che l’assassino tiene sempre accesa nello scantinato in cui tortura ed uccide un numero altissimo di ragazze innocenti. Il regista strizza l’occhio al Dario Argento di Tenebre, ovviamente, con l’omicida che ricalca i delitti presi da un romanzo giallo, ma molto presto se ne distacca, lasciando da parte l’idea del copycat e del doppio assassino e regalandoci invece, soprattutto nell’inaspettato finale, una buona dose di torbido che risolleva le sorti di tutta la vicenda, che ogni tanto, com’è normale in un’opera prima, zoppica.
Bruno si diverte a sperimentare, a giocare con la macchina da presa, e se da una parte questo è encomiabile perché cineasti si diventa così, dall’altra però, soprattutto in alcune scene, un certo tipo di regia schizzata e particolarmente stretta può risultare decisamente un po’ fastidiosa. Ma va sicuramente elogiato il bel montaggio sincopato ed avvincente sul finale, che riscatta alcune trovate registiche davvero poco felici. La musica di Werba può sembrare in alcuni casi fuori luogo, ma nelle scene clou riesce a creare quella tensione crescente che segue il ritmo del battito del cuore dei protagonisti e degli spettatori. Carina anche la trovata di far partecipare, in alcuni cammei, tre nomi leggendari del cinema di genere italiano, Ruggero Deodato, Claudio Fragasso ed Enzo G. Castellari. Sarà divertente riconoscerli tra bische clandestine e commissariati!

Nero Infinito pare un titolo emblematico, non tirato a caso: il nero della cronaca nera, quella più feroce, più crudele, più sanguinosa, qui moltiplicato all’infinito, perché le povere vittime sono tante, innumerevoli, e non si sa nemmeno con certezza se l’assassino abbia fatto ritrovare tutti i corpi oppure no. Se le oppresse sembrano essere sempre donne, ogni tanto anche gli uomini subiscono la follia del killer, solo per la colpa di trovarsi accanto ad una delle ragazze designate alle più spietate torture. È un thriller, sì, questo primo film di Giorgio Bruno, ma con forti connotazioni poliziesche, che purtroppo spesso lo fanno un po’ cadere in quell’atmosfera da serie televisiva alla CSI, elemento che però non stona, considerando il gioco degli archetipi cinematografici in cui il regista intrappola i suoi personaggi, spesso poco credibili perché cliché generati da tanti anni di cinema di genere. Il giovane regista si ispira, nella costruzione della vicenda, ad Argento, ad un Argento un po’ recente però, quello de Il Cartaio o di Giallo, quello più poliziesco e meno orrorifico, ed i suoi modelli di riferimento sono palesi, e vanno tutti a scavare in un certo gusto vintage di un cinema italiano che non si fa più.
Bruno ha un basso budget, lo sa, ed ha anche poca esperienza, essendo al suo primo film, e lo mette in conto. Riesce a fare i conti coi pochi soldi e con l’inesperienza, sopperendo queste mancanze con qualche bella trovata d’ingegno ed un buon gusto di narratore che svilupperà ed affinerà nei suoi lavori successivi. Tutto il suo amore per il cinema di genere fuoriesce da questo primo esperimento filmico, e se chi lo guarda ha un minimo di amore per questo tipo di cinema, non potrà che perdonare i difetti ed apprezzare invece la passione che c’è dietro alla realizzazione di questo Nero Infinito. L’ironia è un altro punto che contraddistingue questa pellicola, ed alcuni siparietti comici risultano davvero esilaranti, come avveniva spesso nei film degli Anni Settanta … come scordarsi quelli tra Gianna e Mark in Profondo Rosso, ad esempio?

E poi c’è il doppio finale, e questo mi ha sorpreso molto in positivo. Prima viene smascherato l’assassino, colui che per tutto il film siamo stati sicurissimi che lo fosse, ed allora dici “vabbè, è banale, era ovvio che il killer fosse lui”. Ma non torna. Perché? E poi il film non è ancora finito. E la telecamera? Perché le ragazze torturate venivano riprese? Non si capisce … Ed invece sì, si capisce, basta aspettare il secondo finale, quello vero, quello che spiega tutto. E un finale così inaspettato non può che nobilitare tutta la pellicola, il cinismo crea sconforto, e ci fa godere della cattiveria di tutta la storia anche dopo quello che sembrerebbe essere un dolce bacio d’amore da lieto fine. Peccato per la fotografia, davvero sciatta e televisiva, che non gioca minimamente con sfumature o chiaroscuri, e per un audio terribile che, soprattutto quando ci sia la musica di sottofondo, rende spesso incomprensibili le parole degli attori. I delitti potevano ispirarsi un po’ più all’Hostel di Eli Roth, visto l’armamentario che sfodera il nostro killer nel seminterrato, ma invece, probabilmente a causa del piccolo budget, sono spesso solo accennati, ci vengono suggeriti ma mai mostrati completamente, negando agli amanti del gore la sete di splatter che con questa pellicola avrebbero sperato di calmare. Forse quello che mi sentirei di dire a Giorgio Bruno è che se avesse osato di più, anche coi pochi mezzi a sua disposizione, avrebbe potuto raggiungere risultati più elevati. Ma, ripeto, per essere un’opera prima, realizzata da un regista poco più che ventenne, non mi pare proprio che il risultato sia condannabile come troppo spesso ho letto.
Il film è attualmente disponibile in dvd Eagle Pictures o sulle piattaforme Amazon Prime Video, Apple TV, YouTube, CHILI e Google Play Film.
https://www.imdb.com/it/title/tt3054206
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