Una spiegazione per tutto: tormenti adolescenziali e divisioni ideologiche nell’odierna Ungheria

Diretto da Gabor Reisz, Una spiegazione per tutto è un film ambientato a Budapest in tempo di esami per i giovani che si devono diplomare.

Abel Trem, diciotto anni, impersonato da Adonyi-Walsh Gáspár, deve affrontare l’interrogazione di storia, ma è distratto dai sentimenti che prova per la sua compagna di classe e migliore amica Janka, interpretata da Lilla Kizlinger, che, però, non lo ricambia, visto che la stessa ha perso la testa proprio per il professore di storia Jakab, incarnato da Andras Rusznak.

Questi è un idealista che non si riconosce nel paese governato dal conservatore Viktor Orban, e, a tal proposito, in passato ha avuto anche una lite con il padre di Abel proprio per divergenze politiche, durante un colloquio a scuola. Il giorno dell’esame di storia il giovane Trem, interrogato sulla rivoluzione industriale, fa scena muta, continuando sulla stessa linea con l’argomento a piacere su Giulio Cesare; quando poi Jakab gli chiede il perché avesse cucita sulla giacca la coccarda tricolore nazionalista, il nostro va ancor di più in confusione.

Tornato a casa Abel ha una forte discussione con suo padre, portato in scena da Istvan Znamenak, che ha saputo dell’esame e lo redarguisce duramente dandogli del fallito. Il giovane si difende dicendo che la causa della sua bocciatura è di carattere ideologico, visto che il professore di storia gli aveva fatto notare con disappunto la coccarda tricolore. Questo fatto accenderà la rabbia di suo padre mai sopita nei confronti di Jakab, portando la vicenda addirittura alla ribalta nazionale per mezzo dei media.

Una spiegazione per tutto racconta i primi amori e i tormenti adolescenziali del giovane Abel. Egli è in contrasto col mondo degli adulti, che sono presi dalla politica, in un affresco narrativo che rappresenta generazioni divise da ideologie e sentimenti. I personaggi sono ben tratteggiati, merito alla base di una solida sceneggiatura, ma la buona resa dei caratteri si deve anche alla bravura degli interpreti e ad una messa in scena di rilievo. Valore aggiunto del film è la tecnica di racconto dal punto di vista di ciascuna personalità, ognuna delle quali ripresa in diversi flashback secondo un montaggio ad incastro davvero riuscito ad opera di Vanda Goracz e Gabor Reisz, anche se non presenta una novità assoluta. Il lungometraggio richiama alla memoria il cinema francese della Nouvelle Vague e gode anche di una fotografia che ben sposa la raffinatezza delle inquadrature, dai movimenti di macchina ai pianosequenza che immergono in una vicenda a tratti stucchevole, ma che, al netto, si lascia seguire nonostante qualche lentezza di troppo.

 

 

Fabrizio Battisti