Anatomia di una caduta: una suspense story per Justin Triet

Giunta alla piena maturazione della propria già avvertita cifra stilistica, incentrata sulla rara capacità di congiungere il fascino dell’enigma tutto da scoprire e lo scandaglio introspettivo della sfera dei sentimenti intimi, l’arguta regista transalpina Justin Triet tocca l’acme con l’incalzante ed elegiaco legal thriller Anatomia di una caduta.

L’infausto scivolone dal secondo piano dello chalet di montagna che provoca la morte del labile scrittore Samuel abbranca sul versante simbolico pure il previo cedimento della sua vita di coppia.

Il processo per omicidio affrontato dalla consorte straniera Sandra, che imponeva al coniuge di parlare sempre in inglese, mette a nudo il sentimento d’insicurezza racchiuso nel dramma giudiziario sia per tenere fino all’ultimo istante gli spettatori sui carboni ardenti, sia per approfondire strada facendo le molteplici dinamiche legate agli stilemi della classica suspense sulla scorta dell’imprevedibile polivalenza contenutistica ed espressiva. Dipanata dalla duttile Justine Triet in fase di sceneggiatura insieme all’attento compagno di vita Arthur Harari. Rinunciando ai deleteri vezzi di certe componenti manieristiche al fine di anteporvi step by step l’ampio ed emblematico punto di vista. Che attraverso la crudezza oggettiva dell’incipit, con l’acrimonia di Samuel nei confronti della moglie, romanziera dal piglio più risoluto, sugli scudi, i dettagli ravvicinati e l’interazione tra interni domestici ed esterni innevati trascende subito il collaudato ma fatuo professionismo dei film di genere.

La forza significante di alcuni sagaci movimenti di macchina a schiaffo, delle vivide reazioni mimiche, dei rivelatori carrelli in avanti va infatti ben oltre l’intarsio risaputo d’intrighi passionali e labirintiche tracce al servizio del perenne stato d’angosciosa attesa. Anche se dapprincipio la rappresentazione dell’attività forense in costante fermento sfocia nell’infecondo déjà vu, l’egemonia dei semitoni di presa difficile sull’accumolo enfatico di presa immediata coglie nel segno.  Emergono così il coinvolgente ritratto del figlioletto non vedente, l’amore per il cane-guida Snoop, l’impavida scelta di sentire in aula le infanganti accuse lanciatesi dai genitori.

Il picco recitativo ghermito dall’intensa Sandra Hüller, calata nei panni dell’irrequieta protagonista con il valente gioco fisionomico degli interpreti in odore di Oscar, costituisce comunque una ragione d’interesse inferiore rispetto al compiuto quadro d’incomunicabilitá familiare. Sostituito nell’inobliabile epilogo dal decisivo colpo di coda d’una fenomenologia esistenziale lontana dagli standard abituali. Con i frammenti di catartica realtà, preferiti al dunque alla pur apprezzabile cura dei particolari attinti però agli ovvi apologhi semi-documentaristici, che conferiscono ad Anatomia di una caduta l’emozione più alta e chiarificatrice.

 

 

Massimiliano Serriello