Gorgona: viaggio nell’isola-carcere

Premiato come miglior documentario italiano al Festival dei Popoli 2022 e distribuito nelle sale cinematografiche da Bloom Distribuzioni, Gorgona è un docufilm diretto dall’Antonio Tibaldi attivo nell’ambito della Settima arte fin dal 1991, anno in cui firmò il drammatico Il colore dei suoi occhi.

Si tratta di un racconto corale che porta lo spettatore sull’isola-carcere Gorgona, a diciannove miglia da Livorno, l’ultima colonia penale agricola d’Europa su cui vivono una novantina di carcerati e l’unica residente attiva: Luisa Citti, discendente di una delle sette famiglie che popolarono l’Isola nell’Ottocento.

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Uno dei punti di forza di Gorgona è senza dubbio individuabile nella capacita di porre l’attenzione soprattutto sulle persone che si trovano in quel posto, a proposito di cui il regista osserva: “Non essendoci negozi, né ristoranti, né cellulari, né macchine, né motorini, è come se il tempo si fosse fermato. Il mio lavoro è stato quello di osservare con la telecamera, con pazienza e perseveranza, il comportamento umano che avveniva di fronte a me. Il mio tentativo è stato quello di ‘portare lo spettatore sull’isola’ per realizzare un racconto corale, senza un inizio o una fine, ma a seguire il ciclico 3 ripetersi di attività lavorative ‘primitive’, nei campi, nelle stalle, nel forno, sulle strade sterrate… Osservare innanzitutto il lavoro di questi uomini, che in questo contesto carcerario, assume un’importanza monumentale”.

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Siamo di fronte ad una vera e propria etnografia del presente, in un certo senso un’opera di archeologia visuale. Inoltre, da sottolineare la scorrevolezza della narrazione, certamente coadiuvata dall’elemento di verità, dalla realtà dei fatti che, con grande trasparenza, danno corpo alle storie dei singoli protagonisti, sia individualmente che nel complesso comunitario. Nonostante appartenga alla categoria dei documentari, quindi dei prodotti nati in primis per mostrare e, in un certo senso, invadere l’intimità di ciò che viene mostrato, Gorgona lo fa con discrezione, e questo equilibrio non può nascere che da un approccio costruito attorno all’evidente sensibilità del regista Tibaldi. In poche parole, siamo davanti ad un prodotto capace di catturare l’attenzione dello spettatore e di trasmettergli un’ampia gamma di contenuti, tutti di grande impatto e di immediata elaborazione critica.

 

 

Dario Bettati