La natura dell’amore: la legge del (calo del) desiderio

La regista canadese Monia Chokri dirige La natura dell’amore, in cui Sophia, interpretata da Magalie Lèpine, è un’insegnante di filosofia sposata con Xavier alias Frances William Rhèaume.

La coppia vive la stasi di un calo del desiderio reciproco; i due, inoltre, dormono in camere separate. Partecipano a cene con amici e disquisiscono tutti insieme di arte, filosofia e musica classica, ostentando la loro estrazione di medio alta borghesia.

Sophia ha uno chalet che desidera ristrutturare. Per questo contatta Sylvain, un operaio della zona incarnato da Pierre Yves-Cardinal. Di bell’aspetto, sicuro di sé e in grado di riaccendere la passione in Sophia, la quale mette in ulteriore crisi il rapporto con Xavier. La natura dell’amore pone in risalto l’attrazione degli opposti, due universi uniti ma poi messi in discussione da diverse estrazioni culturali e, più ancora, da sovrastrutture sociali tutte protese all’apparire. Il film ha chiari riferimenti nel cinema di Xavier Dolan, sia come stile che nella scelta di riprenderne gli attori principali nelle incarnazioni di Magalie Lèpine e Pierre Yves-Cardinal. Molto importanti nel lungometraggio di Monia Chokri sono poi le varie citazioni filosofiche, ovviamente inerenti al tema trattato e ad hoc menzionate direttamente nelle lezioni tenute da Sophia.

Spicca Arthur Schopenhauer, sostenitore dell’amore come illusione, poiché questi ha la sua radice solamente nel meccanismo dell’attrazione sessuale, come nel caso di Sophia e Sylvain. Viene inoltre rafforzato il tutto da una poetica riguardante un’infelicità in cerca di consolazione che si ritrova nel sesso. La natura dell’amore è dunque abilmente diretto e interpretato, gode di ottime inquadrature sottolineate da una gradevole colonna sonora, ma non presenta mai guizzi di sceneggiatura che gli possano far spiccare il volo, restando sospeso tra melodramma, ironia e un misto di malinconia e rimpianti che si prova a scandagliare. Si può in sintesi fare ancora ricorso velatamente, in questo caso, a Schopenhauer, il quale asseriva che l’amore è rappresentato da due infelicità che si uniscono per crearne una terza.

 

 

Fabrizio Battisti