Houria – La voce della libertà: una rivalsa tutta femminile

Presentato alla Festa del Cinema di Roma nell’Ottobre 2022, Houria – La voce della libertà, diretto dalla regista Mounia Meddour, vanta un cast di attrici formidabili e una storia intrisa di bellezza, dolore e speranza.

Houria, ovvero l’attrice emergente Lyna Khoudri, è infatti una giovane ballerina: sua madre, la bravissima Rachida Brakni, gestisce il corpo di ballo di cui fa parte anche la migliore amica della protagonista, Sonia, cui offre intensamente il volto Hilda Amira Douaouda. Il Lago dei cigni le tiene occupate in vista dello spettacolo al quale parteciperà un famoso coreografo.

Il film si apre con Houria che si esercita sul suo grande terrazzo, dove la regista cattura i propri passi di danza al calar del sole: si sentono solo il rumore del vento e il ticchettio delle punte sul pavimento, mentre lo sguardo della ragazza è come perso nei meandri della musica. Se il giorno è dedicato alla danza e al lavoro come cameriera in un hotel, la sera, col buio che avvolge Algeri, Houria scommette sugli scontri tra arieti – un’usanza tipicamente algerina – per mettere da parte i soldi con cui comprare una macchina alla madre. Ma uno degli scommettitori, un ex terrorista pentito, non reagisce bene ad una sconfitta e insegue la ragazza per riprendersi i soldi secondo lui ingiustamente vinti: Houria subisce una grave aggressione e il suo mondo si ribalta. Viene operata alla caviglia, fortemente danneggiata, e perde l’uso della voce ma, nonostante lo shock iniziale, la disperazione e la tristezza, presto la ragazza rivela la sua forza e la sua caparbietà. Inizia il lungo percorso di riabilitazione ed entra nel gruppo di supporto per donne che hanno subito esperienze simili alla sua: impara il linguaggio dei segni e, a poco a poco, instaura un legame profondo con le compagne, alle quali insegna a ballare.

Ambientato in Algeria, Houria – La voce della libertà, pur concentrandosi sulla vicenda della giovane protagonista e sul coraggio con cui affronta numerose traversie, esplora una serie di tematiche drammaticamente attuali come i viaggi via mare per raggiungere le coste della Spagna, pagando fior di quattrini agli scafisti, la condizione di inferiorità riservata alle donne e il potere che i terroristi hanno sulla polizia e sulla giustizia. Nascendo come documentarista, la regista ha attinto ad esperienze personali e alle dinamiche del suo paese, conservando per tutta la durata del film uno stile improntato sul realismo ma con vette estremamente poetiche nonché drammatiche: la sequenza allo stagno con le ninfee ruba il cuore e mostra la dolcezza e la malinconia del gruppo di donne, ognuna con la propria tragedia alle spalle, ognuna pronta a supportare le compagne. Felicità di Al Bano e Romina fa da sfondo ad un momento di gioia e spensieratezza sulla spiaggia, dove Houria, sua mamma Sabrina e l’amica Sonia sembrano trovare una parentesi di unione e alienazione da tutto ciò che le affligge.

Mentre Gloria, altro brano italiano tra i più utilizzati nei film internazionali, incornicia l’allegria e le risate del gruppo al luna park, tra le macchine a scontro e lo zucchero filato, tra le luci colorate che illuminano i volti e il movimento vorticoso della macchina da presa. Nella seconda parte del film il registro cambia: dalle classiche movenze del Lago dei cigni si passa ad una danza più contemporanea, in cui lo stesso linguaggio dei segni sembra prendere il sopravvento, arricchendo di significato ogni passo, ogni sguardo, ogni movimento delle braccia e delle mani. Il tormento interiore e, al tempo stesso, il desiderio di lotta e di rivalsa emergono a poco a poco, nota dopo nota, fino alla splendida sequenza finale in cui la protagonista balla con le sue compagne sulle note di un brano che recita: “ballo per la speranza, ballo per la vita, sogno la libertà”. Houria – La voce della libertà è un film splendido: attraverso la danza e le profonde interpretazioni delle protagoniste emerge un caleidoscopio di emozioni che conquista, nel bene e nel male, dalla prima all’ultima inquadratura.

 

 

Daria Castelfranchi