Morto Umberto Raho, grande caratterista di horror e b-movies (e non solo)

Continua l’ecatombe di attori: dopo Alan Rickman (leggi QUI) e Franco Citti (leggi QUI), è arrivata (con colpevole ritardo) la notizia della morte di Umberto Raho, leggendario caratterista del cinema italiano di serie B e rinomato attore teatrale. Il decesso è avvenuto una settimana fa, il 9 gennaio, nella cittadina marittima di Anzio, vicino Roma. Aveva 93 anni.

Raho I giganti della montagna

Umberto Raho (dietro Moschin) stringe la mano al presidente Pertini in visita a teatro

Nato a Sofia il 4 giugno del 1922 da padre italiano e madre bulgara, ha il privilegio di vivere al Quirinale con i reali italiani, per via di una zia allora dama della regina. Parla le quattro principali lingue ed esordisce quasi ventenne in teatro al fianco della coetanea Anna Proclemer in “Minnie la candida“, per la regia di Ruggero Jacobbi. Dopo la guerra e dopo essersi laureato in filosofia, inizia una lunga carriera teatrale. Amico di Marcello Mastroianni, suo compagno d’accademia, fino al 1961 parteciperà solo ad un paio di film, “Fantasmi del mare” (1948), pellicola di guerra girata a Taranto e diretta da Francesco De Robertis, e “Giulietta e Romeo” (1954), prima versione sonora italiana del classico shakespeariano, diretta da Renato Castellani. In tv appare nel 1956, con la regia di Claudio Fino, in “L’inseguito” ed “Enrico IV” e poi in “Un episodio dell’anno della fame” (1961) della serie “Racconti dell’Italia di ieri“, per la regia di Mario Landi.

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Raho in “Fantasmi del mare”

Dal 1961 inizia la sua vera carriera cinematografica che, grazie alla sua notevole presenza scenica dovuta al suo essere alto e magro, lo vedrà spesso in ruoli di villain o di prestigio (psichiatra, avvocato, ispettore ecc.). Parteciperà a 130 tra film e serie tv (anche se lui ne dichiarava 193) nell’arco di appena 25 anni diventando, appunto, uno dei caratteristi più richiesti, soprattutto da un certo tipo di cinema popolare. Ha lavorato con molti importanti registi italiani, diretto da Carlo Lizzani in “L’oro di Roma” (1961), “Il processo di Verona” (1963) e “Mussolini ultimo atto” (1974), Dino Risi in “Una vita difficile” (1961), Steno in “I gemelli del Texas” (1964), “Il terrore dagli occhi storti” (1972) e “La patata bollente” (1979), Pasquale Festa Campanile in “La cintura di castità” (1972), Duccio Tessari in “I bastardi” (1969), Luigi Comencini in “Infanzia, vocazione e prime esperienze di Giacomo Casanova, veneziano” (1969), Alberto Sordi in un episodio de “Le coppie” (1970), Damiano Damiani in “Girolimoni, il mostro di Roma” (1972), Luchino Visconti in “Gruppo di famiglia in un interno” (1974), Fernando Di Leo in “Gli amici di Nick Hezard” (1976), Bruno Corbucci in “Superfantagenio” (1986).

Al di là dei film spionistici italiani (tra cui il fumettone “Satanik” di Pietro Vivarelli) e dei tanti western (come “Un dollaro per 7 vigliacchi” con un giovane Dustin Hoffman pre-Laureato), la sua migliore performance sullo schermo è quella nel film “Diario di una schizofrenica” (1968). Raho interpreta Enrico Zeno, il tormentato padre di Anna, una giovane anaffettiva e delirante che sente voci nella testa che la spingono all’autodistruzione. Tenterà inutilmente di farla curare in cliniche specializzate fino a quando non troverà una psichiatra in Svizzera che riuscirà ad entrare in contatto con la psiche della ragazza e, dopo lunghe e drammatiche cure poco ortodosse, riuscirà a portarla alla guarigione. Il film, presentato in concorso al Festival di Venezia, vincerà l’anno dopo il Nastro d’argento per la miglior sceneggiatura. Sempre nel 1968 Raho partecipò allo sciopero degli attori contro la RAI, prendendo parte anche ai picchetti all’ingresso degli studi di via Teulada, insieme a Glauco Onorato, Carla Gravina, Francesco Mulè e molti altri.

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Con Ghislaine D’Orsay in “Diario di una schizofrenica”

Fra i mille generi affrontati è però l’horror/thriller quello dove Raho incontra i più grandi maestri, da Freda a Bava, da Argento a Margheriti. Il primo film è “Lo spettro” (1963) di Riccardo Freda, in cui interpreta il reverendo presbiteriano Canon Owens che contesta gli esperimenti del dottor Hickcock. L’anno successivo è il dottor Mercer, che insieme a Vincent Price cerca inutilmente una cura per gli ammalati (vampiri) del cult “L’ultimo uomo della terra” di Ubaldo Ragona. Sempre nel ’64 partecipa a ben due horror gotici di Antonio Margheriti, il capolavoro “Danza macabra” e “I lunghi capelli della morte“. Nel primo Raho è Lord Thomas Blackwood, che sfida il malcapitato Georges Rivière a passare una notte nel suo castello infestato dal fantasma di Barbara Steele (e non solo), mentre nel secondo è nuovamente un prete, Von Klage, nella vicenda di stregoneria che vede protagonista ancora la Steele. Nel 1966 con Margheriti girerà anche due film gemelli della serie “Gamma Uno”, i fantascientifici “I diafanoidi vengono da Marte” e “I criminali della galassia” dove interpreta il Generale Paul Maitland.

Arriva poi l’incontro col maestro Dario Argento agli esordi. Raho è Alberto Ranieri, gallerista assassino per amore in “L’uccello dalle piume di cristallo” (1970) e un signore omosessuale a cui Horst Frank ha rubato l’amante ne “Il gatto a nove code” (1971). Per Argento gira anche “La bambola” di Mario Foglietti, terzo episodio della serie RAI “La porta sul buio” (1973), in cui interpreta lo psichiatra che collabora con l’ispettore Gianfranco D’Angelo nella ricerca di un suo paziente psicopatico evaso dall’ospedale psichiatrico.

Raho L'uccello dalle piume di cristallo

Raho in “L’uccello dalle piume di cristallo”

Grazie al boom dei thriller argentiani (e non solo), troviamo Raho nei panni di un ispettore di polizia in “Un posto ideale per uccidere” (1971) di Umberto Lenzi, col quale girerà anche il primo film in cui Tomas Milian veste i panni del “Monnezza”, “Il trucido e lo sbirro” (1976); qui Raho è l’avvocato della famiglia della bambina rapita dalla banda di Henry Silva. Seguono i ruoli di notaio in “La notte che Evelyn uscì dalla tomba” (1971) di Emilio P. Miraglia; maggiordomo in “Alla ricerca del piacere” (1972) di Silvio Amadio e anche in “Sette scialli di seta gialla” (1972) di Sergio Pastore; direttore di una casa di cura ne “Il fiore dai petali d’acciaio” (1973) di Gianfranco Piccioli; un padre vittima di un finto rapimento della figlia in “Lo strano ricatto di una ragazza perbene” (1974) di Luigi Batzella.

Tornando all’horror, l’incontro con il maestro Mario Bava è per “Gli orrori del castello di Norimberga” (1972), dove veste i panni dell’ennesimo ispettore, dopo che lo spirito di un sadico barone è stato risvegliato. Nel capolavoro di Giorgio Ferroni “La notte dei diavoli” (1972) Gianni Garko, osessionato dai Wurdalak, viene ricoverato sotto shock nella clinica psichiatrica del professor Tosi, ovviamente interpretato da Raho. Altrettanto ovviamente non poteva che essere un ulteriore psichiatra nel suo ultimo horror, “L’ossessa” (1976) di Mario Gariazzo, pasticcio post Esorcista ad alto tasso erotico con Stella Carnacina posseduta dal demonio.

Raho La notte dei diavoli

Raho in “La notte dei diavoli”

Da non dimenticare, infine, le partecipazioni di Umberto Raho in film diretti da registi internazionali. Dal peplum “Orazi e Curiazi” (1961) co-diretto da Terence Young a “Venere imperiale” (1963) di Jean Delannoy; da “Darling” (1965) di John Schlesinger con Julie Christie a “La confessione” (1970) di Costa-Gavras, fino a “Matrimonio con vizietto” (1985) di Georges Lautner. La sua carriera cinematografica si conclude praticamente alla fine del 1986, sostituita dal ritorno al suo primo amore, il teatro. Nel successivo decennio girerà solo tre ultimi film, interpretando il ministro ospite di Sergio Vastano nel trashissimo “Mutande pazze” (1992) di Roberto D’Agostino, il trafficante mentore di Nastassja Kinski in “La bionda” (1993) di Sergio Rubini, e infine un frate ipertecnologico che aiuta nientemeno che Jean-Claude Van Damme e Dennis Rodman (!) in trasferta romana nell’action americano “Double team – Gioco di squadra” (1997). Per lui c’è poi un’ultimissima apparizione in una puntata della miniserie “Anni ’60“, diretta da Carlo Vanzina.

Raho Mutande pazze

Raho in “Mutande pazze”

Negli anni successivi ci saranno il teatro, da “L’avventura di Maria” di Italo Svevo (1995) con Gabriele Ferzetti, a “Ruy Blas” di Victor Hugo (2003) diretto da Luca Ronconi, a “Un marito ideale” di Oscar Wilde (2003-04) con Debora Caprioglio. E proprio verso la fine di quella tournée parlava di come avrebbe voluto passare i suoi ultimi giorni: “Oggi ho ottantadue anni e mi sto divertendo a fare Oscar Wilde; avrei ancora vent’anni di lavoro intenso, invece il mio sogno è prendere una barca — io ho già fatto quattro volte il giro del mondo — e visitare di nuovo tutti i posti dove sono già stato. Ma ovviamente, quello che sta lassù mi sta preparando un bellissimo appartamento, e prima o poi mi dirà: ‘È pronto’”.

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Con Walter Chiari nello spettacolo “Il critico, ovverossia Le prove di una tragedia”

Onestamente non sappiamo se sia riuscito a realizzare quel sogno, ma questo signore anziano e affabile il meritato riposo se l’è goduto nella sua casa di Anzio, dopo una lunga ed intensa carriera di attore di razza, che avrebbe sicuramente meritato più ruoli di primo piano rispetto a quelli avuti. In ogni caso nella mente degli appassionati di B-movies un posto per Umberto Raho resterà sempre.

 

Ivan Zingariello