Recensione: La notte dei diavoli (1972)

La notte dei diavoli

La notte dei diavoli

1972. Nicola, un uomo che è stato ritrovato nel bosco morente, viene portato in una clinica dove viene curato. Lui, al risveglio non ricorda assolutamente nulla. Sul luogo arriva una bellissima donna, di nome Zdenka, che cerca l’uomo. Al loro incontro egli verrà percosso da una crisi psicomotoria. E’ come se quella fanciulla gli ricordasse qualcosa di spiacevole che avrebbe voluto dimenticare. Sul suo letto, egli, comincia a rimembrare cosa gli è capitato.

Era una giornata serena nella ex Jugoslavia e Nicola, per non investire una misteriosa donna passante per la strada, sbanda con l’auto, che ha un brutto guasto. l’uomo incontra un’abitazione, dove vive la famiglia Ciuvelak. Essi hanno appena atterrato il fratello del capo-famiglia e sono in lutto, ma accolgono Nicola in casa fino alla riparazione dell’auto.

Lì, però, vi sono delle singolari leggende e la notte, guai a chi apre la porta.

Ferroni, conosciuto per i suoi film legati al movimento neorealista e per gli spaghetti western, si fece conoscere ancor di più all’epoca per questo horror a tinte gotiche. Esso, venne dopo l’horror ”Il mulino delle donne di pietra”. Tratto dal racconto di Aleksey Tolsoj, ”The Family Of The Vourdalak”, ricalca la linea del secondo episodio de ”I tre volti della paura” del maestro Mario Bava, che prese spunto anch’egli da questo romanzo. E’ inevitabile non fare un riferimento tra Ferroni e Bava, poiché il genere dei due film è il medesimo. Entrambi presentano la presenza del Wurdalak, un’entità sovrannaturale tra il vampiro e lo zombie:un non morto.

Ferroni dirige il film con classe pur avendo un budget limitato. Nonostante ciò, ”La notte dei diavoli” è ormai divenuto un classico per gli appassionati dell’orrore italiano, seppur da molti dimenticato. Il regista gioca la carta del ”flashback”, che risulta vincente sia come prologo che come excipit.

Ferroni è riuscito a reggere la durata del film dove l’ambientazione era quasi una sola, unica, con all’interno pochi personaggi e non molti dialoghi. Si sa, è difficile dirigere un film intero e girarlo solo in un luogo, poiché prima o poi, il pubblico si stanca.

Inquadratura degli occhi di Zdenka, che rammenta quella in ”Reazione a catena” di Mario Bava.

Ma non è il caso de ”La notte dei diavoli”. Nonostante ciò riesce a creare tensione, a reggere interamente e incredibilmente. Il film riesce anche grazie alla complicità degli attori del cast che si sanno muovere davanti alla macchina da presa.  In particolare Gianni Garko interpretante il protagonista Nicola e Agostina Belli nel ruolo di Zdenka, giocano un ruolo fondamentale.

Essa, infatti, è uno dei personaggi principale e dà la giusta carica erotica che era quasi sempre presente nell’horror italiano (e poi internazionale).

Il film, in conclusione, esplode nel suo epilogo, drammatico e sventurato, che lascia allo spettatore l’amaro in bocca . Esso è, inoltre, il pezzo fondamentale e maggiormente ricco di tutta la pellicola. Peccato che sia stato uno degli ultimi film del regista, poiché l’horror gotico lo sapeva creare egregiamente. Riusciva egli a creare, inoltre, atmosfere interessanti, non banali e terrificanti.
Probabilmente, sarebbe stato il genere perfetto per la sua carriera.