Giovanni Baglioni e la sua sfida con la composizione musicale

Giovanni Baglioni, recentemente ospite al “Teatro Politeama” di Prato in occasione del concerto dedicato a Giacomo Di Napoli per la direzione artistica di Maurizio Tomberli. Giovanni, musicista e artista poliedrico, ha rivisitato la “lap steel guitar” (un modo originale e particolare di suonare di chitarra) e fra i suoi prossimi obiettivi, vi e’ quello  di portare in giro il suo repertorio arrivando anche ad un nuovo pubblico –  sfidando il complesso e allo stesso tempo affascinante – mondo della composizione. 
Carissimo Giovanni, benvenuto su “Mondospettacolo” . Ci siamo conosciuti in occasione del concerto dedicato a Giacomo Di Napoli. Che emozione hai provato e perche’ secondo te, la musica, riesce sempre a ricordare in maniera eccezionale ed infinita una persona che non e’ piu’ tra di noi?
È stata una bellissima serata, dove veramente ognuno ha dato con cuore il suo contributo. È come se Giacomo sia stato in grado di contagiarci con le belle vibrazioni che lo caratterizzavano. La musica è un linguaggio potente che può evocare emozioni in maniera intensa, e credo lo abbia dimostrato quella sera.
Sei un artista che suona la chitarra anche in un modo molto particolare, poggiandola in orizzontale e utilizzando le tue mani in un modo leggermente diverso da quello classico: come sei riuscito a creare questo stile e secondo te, potrebbero imparare tutti a suonare in questo modo?
Non è una mia “creazione”, piuttosto una rivisitazione di una tecnica esplorata a modo proprio anche da altri artisti, soprattutto con la lap steel guitar, Quello è sicuramente un modo di suonare che cattura l’occhio, ma tanti altri aspetti del mio suonare, non altrettanto pirotecnici, hanno richiesto parecchia cura e impegno.
 Nel 2023 hai pubblicato il tuo secondo album, dal titolo: “Vorrei bastasse”: per chi ancora non avesse avuto modo di ascoltare il tuo lavoro, spiegaci perche’ dovrebbe farlo e quale e’ uno dei messaggi che vorresti trasmetterci.
Vorrei continuare in parte con il messaggio del disco precedente, ma anche evolverlo in una forma più matura: che la musica strumentale, in particolare quella per chitarra sola, non è una maniera di fare musica per soli appassionati del genere, ma può raccontare storie, fotografare momenti, evocare suggestioni, suscitare emozioni in un pubblico più ampio.
Due nomi illustri della musica: Mario Biondi e Stefano Di Battista. Che ricordi hai di questi due artisti e che esperienza ti porti nel cuore?
Con Di Battista ho duettato in diverse occasioni rimanendo entusiasta della sua versatilità e del suo gusto che gli hanno reso possibile di entrare in comunicazione con la mia musica in brevissimo tempo dialogandoci ed impreziosendola.
Con Mario Biondi c’è stato un incontro singolare: mi si è avvicinato spontaneamente in uno studio di registrazione rimanendo incuriosito dalla mia musica e mi ha chiesto così di getto di lasciare una traccia con la mia chitarra nell’album che stava registrando. Dopodiché l’ho seguito per tutto il tour “spazio tempo” come ospite. È stata una bellissima esperienza, con un professionista serio e allo stesso tempo affettuoso.
Hai novita’ e/o altri progetti che puoi anticiparci?
Voglio senz’altro continuare a portare in giro il mio repertorio, suonarlo ancora e far arrivare ad altre orecchie i racconti che porta con sé; di sicuro però voglio anche scrivere o arrangiare musica nuova, gettandomi di nuovo nell’affascinante ma anche delicata e a tratti spaventosa sfida della composizione.

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