Ma: gli orrori di Octavia Spencer

Estate, tempo di brividi al cinema, in salsa horror. La calda stagione è tradizionalmente periodo privilegiato per l’uscita in sala di film “di paura”, e la Blumhouse ne approfitta anche in questo 2019 rilasciando Ma, titolo icastico e breve con una storia che è altrettanto semplice.

Regola numero uno: in ogni horror slasher che si rispetti non può mancare la comitiva di ragazzi in cerca di sballo, quindi, eccola anche qui, su un furgoncino per incontrare casualmente Sue Ann, donna di mezza età che gli promette di acquistare per conto loro alcolici utili alle loro feste. E, anzi, rilancia: gli lascerà utilizzare casa sua per fare baldoria in tranquillità, a patto di rispettare poche semplici regole. Regola numero due: mai accettare di far patti con gli sconosciuti. Una regola che vale il “non accettare caramelle”, ma che sembra impossibile da seguire, almeno in buona parte della produzione thriller.

Liberiamo prima di tutto il campo da un pensiero: Octavia Spencer è fenomenale, inquietante ed efficace. Ma quanto di buono può dirsi di Ma finisce qui. Il senso di disagio che deve trasmettere la protagonista è reso alla perfezione dalla Spencer, ma, allo stesso tempo, in un cortocircuito abbastanza relativo rende i presupposti del film inesistenti e logicamente attaccabili.

Perché dei ragazzi dovrebbero accettare di entrare nella casa di una donna talmente strana? L’escalation di inesattezze e falle non finisce certo qui, ma resta divertente fino ad un certo punto.

Almeno fin quando la sospensione dell’incredulità non viene meno e Ma diventa un’opera in contrasto con se stessa nel momento in cui non sa neanche che strada prendere, se quella del pamphlet psicotico o dello sviluppo di una vicenda ossessiva e snervante. Il risultato è qualcosa di indefinito che diventa snervante.

Con sequenze sfacciatamente create per far generare gli sbalzi dalla sedia, che ci sono, ma di fastidio, perché tutto assume proporzioni ridicole e grottesche. Un film sbagliato, con grossi problemi strutturali che neanche possono perdonarsi, se pure si pensa all’inesperienza sul campo del regista Tate Taylor, per la prima volta alle prese con l’horror e che ha all’attivo, tra l’altro, l’atmosfera di un altro film deragliato come La ragazza sul treno.

 

 

GianLorenzo Franzì