Nonostante la nebbia: Giorgio Tirabassi e Donatella Finocchiaro diretti da Goran Paskaljević

Il carattere d’ingegno creativo al servizio delle tematiche d’impegno civile consente ai procedimenti drammaturgici di trarre linfa dall’arguta visione umana e poetica dell’autore ed evitare in tal modo lo scoglio dell’infecondo pietismo?

L’uscita on demand, sulle piattaforme Prime Video, CGDigital, Itunes, Rakuten e Chili, in occasione della Giornata contro il Razzismo, di Nonostante la nebbia, l’ultimo film diretto dal talentuoso ed esperto regista serbo Goran Paskaljević, che ha coniugato la vita all’imperfetto lo scorso 25 Settembre consegnando alla storia inobliabili capolavori, con Poseban tretman, La polveriera e Come Harry divenne un albero sugli scudi, offre diversi spunti di riflessione al riguardo.

I valori pittorici dell’incipit, contraddistinto dal sentiero stradale avvolto dall’algida coltre di bruma, confermano l’assoluto talento nel riuscire ad appaiare la suspense meditabonda degli apologhi introspettivi e l’illusione dell’avventura dispiegata in chiave metaforica senza cadere nelle secche dell’enfasi di maniera. Estranea alle poliedriche modalità di presenza degli spazi attivi nell’ambito del racconto. In grado di assumere un ruolo di particolare rilievo veicolando lo sguardo dello spettatore in un compiuto viaggio di scoperta dell’alterità. Destinata a cedere la ribalta alla familiarità. L’altro, rappresentato tanto dal paesaggio disadorno ed ermetico quanto dal bimbo siriano di nome Muhamed accolto dall’immusonito ristoratore Paolo e dalla rediviva consorte Valeria, che ritrova il sorriso perso per l’atroce dipartita del figlioletto, innesca però dinamiche narrative piuttosto risapute. Sprovviste quindi dell’attitudine di tenere sulle spine il pubblico meno sensibile ai pistolotti edificanti sull’accoglienza e d’inserire negli elementi ambientali, impreziositi dall’empatia del realismo lirico, la forza immaginifica frammista alla crudezza oggettiva. La geografia emozionale del prologo faceva sperare, su questo versante, in qualcosa di meglio rispetto all’arcinota interazione d’interni ed esterni.

Lontana anni luce dall’assurdo poetico conferito alla schietta ed evocativa location irlandese e ai soprassalti di rabbia del ruvido contadino impersonato da Colm Meaney in Come Harry divenne un albero, coniugando l’analisi degli stati d’animo sostenuti dai vincoli col suolo natìo allo slancio dell’immaginazione insito in ogni parabola fiabesca, l’avventizia fenomenologia esistenziale mena il can per l’aia. Gli scontati esami comportamentistici, l’ordinario passaggio dalla diffidenza all’affetto, i riti domestici autoctoni, diametralmente opposti a quelli mussulmani, l’inerte sfondo del mare, l’indefinito paesino in provincia di Roma, privo del timbro identitario che spinge il pubblico a guardare in profondità, anziché vedere in superficie, testimoniano una chiara involuzione in confronto alle previe concezioni sceniche. Con cui il compianto Paskaljević seppe argutamente affiancare rapporti intimi ed echi universali, effetti sociali e tocchi bizzarri, immediatezza espressiva e rimandi allegorici. A fare stavolta da civetta, almeno agli occhi degli inguaribili cinefili, è l’evidente richiamo citazionistico. Costituito dall’apologo sulla fede Il vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini. Grazie al quale Muhamed s’approccia a Gesù. Alle prese con gli apostoli e con gli agnostici. Per la gioia di Valeria. Che l’osservava prima di soppiatto nella liturgia della preghiera mussulmana.

L’ostilità riservata all’ospite inatteso dall’ipocrita nipote adolescente di Paolo, impeccabile chierichetto di domenica in chiesa e bulletto di quart’ordine in compagnia degli amici perdigiorno, impedisce al gioco d’impacci, determinato dalla comunicazione precaria, di sopperire con l’umorismo alla vana pedanteria della predica. L’assenza persino di qualsivoglia gag d’alleggerimento appesantisce ulteriormente l’assunto. Redatto da Paskaljević con Marco Alessi e Flip David sull’esempio delle opere di denuncia. Volte ad anteporre gli accenti programmatici ai semitoni elegiaci ed eccentrici. Ad eccezione di qualche persuasivo movimento di macchina in avanti, che coglie in primo piano l’eloquente bellezza del silenzio, capace di comunicare assai più degli esplicativi dialoghi, la deludente scrittura per immagini scambia per grazia stilistica i fronzoli figurativi fini a se stessi. Peccato perché i cortocircuiti poetici della canzone napoletana I’ te vurria vasà, giustapposta a Tu scendi dalle stelle, meritavano l’ausilio d’inquadrature, carrellate, match-cut visivi e sonori all’altezza dell’umanesimo avvezzo a raggiungere l’anima ricusando le inutili lagne. Nel cast l’intensa asciuttezza di Francesco Acquaroli nel ruolo del cordiale fratello dello scontroso protagonista, tagliato fuori sotto le feste natalizie, spicca sul ridondante pietismo di Giorgio Tirabassi (Paolo) e Donatella Finocchiaro (Valeria). Nonostante la nebbia perde dunque sul crinale ingannevole della ramanzina misericordiosa le doti d’osservazione, d’introspezione, d’ironia necessarie ad aggiungere al dolore dell’incomprensione una girandola di umori davvero toccanti.

 

Nonostante La Nebbia – Trailer from 102 Distribution on Vimeo.

 

Massimiliano Serriello