Possession – L’appartamento del diavolo: dalla Spagna un’altra “evocazione” horror

Il sempre più gettonato filone delle case infestate e possedute è ormai all’ordine del giorno nel XXI secolo, con il cinema statunitense a dettar legge.

Anche in Europa, però, la Settima arte horror non sembra essere da meno, infatti dalla Spagna arriva Possession – L’appartamento del diavolo, diretto da Albert Pintó e che cerca chiaramente di allacciarsi al successo ottenuto in tempi recenti dalla saga nata con L’evocazione – The conjuring di James Wan, cercando di emularne l’atmosfera retrò al servizio della semplice trama lineare.

Siamo infatti negli anni Settanta e abbiamo una famiglia che, proveniente dalla campagna, va ad abitare in un grande appartamento di città dove, però, una sinistra presenza comincia a farsi avvertire girando nottetempo tra le stanze e spaventando chiunque incontri. La prima ad accorgersi dello spettro malvagio è la figlia maggiore Amparo (Begoña Vargas), ma presto anche gli altri componenti del nucleo familiare cominciano a notarlo, arrivando a scoprire una tragica storia intrisa di odio e vendetta nascosta tra le mura dell’abitazione.

Andare alla ricerca di originalità in prodotti che a terzo millennio avviato continuano a tirare in ballo fantasmi e appartamenti maledetti è chiedere decisamente troppo; sicuramente, infatti, come anche altri suoi predecessori, Possession – L’appartamento del diavolo non riesce a garantire nulla di nuovo, intriso di quell’atmosfera dark memore dei primi horror firmati da Jaume Balagueró (Nameless – Entità nascosta, Darkness, Fragile – A ghost story) e narrativamente adattato all’era attuale degli insistiti jump scare, ormai marchio di fabbrica di film privi di inventiva.

Per non parlare delle continue parentesi e rimandi a popolari opere simili (il collegamento per telefono con l’aldilà come nella saga Poltergeist, con tanto di tv diabolica, e l’epilogo che guarda molto a L’esorcista), che, più che citazioni, non sembrano altro che espedienti privi di logica finalizzati ad allungare la visione (centocinque minuti di durata).

E la totale mancanza di originalità si fa sentire anche se Pintó cerca una propria strada indirizzando Possession – L’appartamento del diavolo verso un concetto non banale almeno nelle tematiche e nei risvolti finali.

In conclusione, non manca la consueta professionalità iberica nel realizzare prodotti di tensione con grande conoscenza tecnica (la fotografia Daniel Sosa Segura è molto buona, come anche trucchi ed effetti speciali) e almeno un paio di spaventi Possession – L’appartamento del diavolo li assesta, ma ci troviamo semplicemente dinanzi all’ennesimo epigono senza infamia e senza lode del sopra menzionato L’evocazione – The conjuring.

 

 

Mirko Lomuscio