Stasera in tv Matador di Pedro Almodóvar

Stasera in tv su Cielo alle 23 Matador, un film del 1986 diretto da Pedro Almodóvar e scritto dallo stesso regista, insieme allo scrittore Jesús Ferrero. Con il soggetto e la sceneggiatura di Pedro Almodóvar e Jesús Ferrero, la fotografia di Ángel Luis Fernández, il montaggio di Josè Salcedo, le scenografie di Román Arango, Pin Morales e Josep Rosell, i costumi di Francis Montesinos, José María De Cossío e Antonio Alvarado e le musiche di Bernardo Bonezzi, Matador è interpretato da Assumpta Serna, Nacho Martinez, Antonio Banderas, Carmen Maura, Eva Cobo, Julieta Serrano.

Trama
A causa di un incidente il torero Diego Montes è costretto ad abbandonare la sua brillante carriera. Non potendo fare a meno di uccidere trasferisce la propria furia omicida sulle sue amanti che elimina nel momento dell’orgasmo. Anche Maria, un’affascinanate avvocato penalista, riserva lo stesso trattamento ai suoi amanti. Ángel, un ragazzo problematico allievo di Montes, si autoaccusa degli omicidi. Maria, segretamente innamorata di Montes, decide di difendere il ragazzo per poter finalmente conoscere il grande torero. Fra i due, scoppia una passione folle.

Da un canovaccio scritto da Almodovar in continuità con la “deliberata insistenza del brutto fine a se stesso” che caratterizza i primi film del regista iberico si sviluppa il suo film più “astratto”, più “fantastico”, quasi una “leggenda”. La trama si articola sulla vicenda di un’attrice nana di 38 anni rimasta disoccupata, in quanto non trova più registi disposti ad affidarle i ruoli di bambina nei quali si era specializzata, e di un regista a corto di denaro per finanziare i suoi progetti.

Tramite un’inserzione su giornale i due si incontrano promuovendo una proficua joint-venture: lei fornirà il denaro – si tratta solo di staccare i fili della macchina che tiene in vita il ricco padre; lui ha già pronta una sceneggiatura “hardcore”, in cui la protagonista è per l’appunto una bambina. Ma la nana ha anche un amico d’infanzia afflitto da un problema: gli capita di portarsi a letto dei giovani compagni e di trovarseli morti a fianco, al risveglio, senza ricordare di averli uccisi. È su quest’ultimo personaggio che alla fine si concentra l’attenzione di Almodovar. Lo interessa il tema della morte, in particolare, come atto supremo di libertà, di fronte alla inevitabile decadenza della bellezza e della passione, imposta dalle convenzioni sociali.

In ciò, il regista attinge a piene mani da Georges Bataille e Yukio Mishima. La figura del torero, del Matador, si prestava alla perfezione nell’incarnare la vicinanza della morte e al sangue. Un contributo determinante alla decantazione di un materiale romantico e passionale, legato ai riferimenti alla cultura spagnola, giunge dalla collaborazione alla sceneggiatura dello scrittore Jesús Ferrero. È la prima collaborazione di gran talento che Almodovar ottiene per una sceneggiatura di un suo film. Il regista attribuisce questo intervento alla “freddezza”, al rigore quasi hitchcockiano, alla capacità di “rendere universale e atemporale” un materiale tanto rovente e geografi-camente connotato. Inoltre, pretese dagli attori assoluta fedeltà al copione, senza licenze interpretative, di solito presenti e concordate nei suoi precedenti film. A Ferrero si deve anche quella frase pronunciata, in prossimità dell’eclissi, che rappresenta forse la metafora più chiara di quanto sta per avvenire: «Quando due astri si frappongono, la loro luce apparente si estingue, ma nella loro breve convergenza acquistano una nuova luminosità nera e ardente».

In un film tanto controllato, anche gli “eccessi cromatici” della fotografia di Ángel Luis Fernández rispondono alle istruzioni del regista che gli aveva suggerito di ispirarsi ad opere precedenti, segnate dal binomio passione-morte, tra cui: Pandora, di Albert Lewin, melodramma surrealista, gravitante anch’esso attorno al mondo della corrida, all’aggressività del primo technicolor, Duello al sole, in particolare, e alla filmografia di Douglas Sirk. Anche alla scelta dei set, tutti di Madrid, si legavano esigenze simboliche: così per il Viadotto, luogo famoso, nella città, per i suicidi, dove Maria racconta a Diego di come, avendo casualmente assistito alla morte di una persona, si fosse sentita librare al di fuori del proprio corpo.

 

 

Luca Biscontini