The hunt: una spietata battuta di caccia… all’uomo

Dopo un viaggio addormentati nella stiva di un aereo, in The hunt dodici sconosciuti si risvegliano in una radura. Non sanno dove si trovano, né come sono arrivati in quel posto. Solo dopo aver trovato una cassa piena d’armi ed essersi liberati dalla cinghia che bloccava loro la bocca scoprono la tremenda verità. Sono prede inconsapevoli di una inspiegabile caccia all’uomo.

Gli spari che provengono dal bosco non si fanno attendere molto e, uno dopo l’altro, quasi tutti gli uomini-animali cadono sotto i colpi dei fucili e delle frecce dei cacciatori. Pochi riescono a sfuggire e a mettersi in fuga tra gli alberi. Tra loro, l’ex soldatessa Crystal (una perfetta Betty Gilpin), che vuole a tutti costi salvarsi e, ancor di più, scoprire chi è che ha provato ad ucciderla.

Dal punto di vista della trama, The hunt non sembra apparentemente portare sullo schermo nulla che non si sia già visto e sentito. Ma Craig Zobel, supportato dalla sceneggiatura di Damon Lindelof e Nick Cuse, sferza svolte narrative che lasciano piacevolmente spiazzati e scardina via via le certezze che si pensano acquisite. A cominciare dai protagonisti. Uno alla volta, le donne e gli uomini-preda sembrano sul punto di assumere il ruolo primario. Una morte violenta, ai limiti dello splatter, smentisce quasi subito ogni aspettativa.

Così, se Zobel ci lancia senza preambolo nella sua grottesca storia, portandoci sull’aereo in mezzo a cacciatori che ci mettono da subito la faccia, solo molto dopo l’inizio fa entrare in scena la vera protagonista del gioco. Una palladineve-Crystal, vittima con un carattere dal sapore tarantiniano di cui non si sa mai davvero niente, che trova la sua apoteosi nello scontro finale con la superba imprenditrice e carnefice Athena (una riuscita Hilary Swank).

Quella di Crystal, però, non è solo una guerra personale. Mentre la caccia va avanti a suon di occhi strappati, di corpi trafitti e di teste che saltano in aria, in un misto di estrema violenza e incredula comicità, in The hunt si insinuano temi socio-politici e Zobel non lo nasconde troppo. Dalla lotta di classe tra i poveri e una élite che governa ed è incapace di farlo allo scontro tra “informazione reale” e “fake news”; passando perfino per il cambiamento climatico, per l’uso delle armi in America e per l’emergenza migratoria. L’horror action bombarda la società e punta il dito contro il finto perbenismo.

Niente e nessuno, in The hunt, è davvero quello che sembra. I suoi personaggi sono “persone furbe che fingono di essere idioti o idioti che fingono di essere furbi”? In novanta minuti che passano incredibilmente veloci Zobel lascia in parte aperta la risposta. E, mentre ci dondola vorticosamente tra horror e comicità, firma un film acuto e scomodo che, alla fine, lascia uno strano senso di compiacimento.

 

 

Valeria Gaetano