Una storia d’amore e di desiderio: la prima volta di Ahmed

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Una storia d’amore e di desiderio è il secondo lungometraggio della cineasta tunisina Leyla Bouzid, già alla regia del pluripremiato Appena apro gli occhi – Canto per la libertà.

Ahmed (Sami Outbali), diciotto anni, francese di origine algerina, è cresciuto in una banlieue di Parigi. Nelle aule dell’università incontra Farah (Zbeida Belhajmor), giovane tunisina vitale e appassionata, che si è appena trasferita in Francia. Mentre scopre insieme a lei un corpus di letteratura araba erotica di cui non immaginava l’esistenza, Ahmed si innamora di Farah e, benché sconvolto da questo desiderio, cerca in tutti i modi di resistere.

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Al centro della vicenda, pertanto, abbiamo una storia con una forte e singolare risonanza nel presente, che racconta  l’emancipazione sentimentale e sessuale che si raggiunge grazie all’educazione. Ahmed è quasi un archetipo della letteratura moderna: un giovane che fatica a vivere con pienezza un sentimento damore, completamente immerso nel desiderio ma al quale, allo stesso tempo, cerca di porre un freno, ricco di dubbi e difficoltà ad accettarsi. In più proveniente dalla cultura araba, contesto dove domina egemone l’immagine di una virilità esacerbata, assolutamente definita e chiusa, dove non sembra esservi spazio per la fragilità maschile.

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In Una storia d’amore e di desiderio viene affrontato con grande sensibilità e onestà intellettuale un tema molto poco trattato sul grande schermo: la prima volta di un ragazzo. Non è banale sottolineare questo fatto, se lo paragoniamo alla quantità di opere dedicate a questa importante tappa per quanto riguarda le controparti femminili. Il film, sapientemente, ricorda a noi tutti che entrambi i generi possono viverlo in maniera estremamente complessa. Come del resto complesso è il sentimento dell’amore: un groviglio di passioni, caos e tentativi di guardare l’orizzonte sognando di arrivarci, un giorno, con qualcuno accanto. Un film con tutte le potenzialità per essere un manifesto di un’intera generazione.

 

 

Dario Bettati