Jacopo Cavallaro si racconta su Mondospettacolo

Amici di Mondospettacolo, sono Alfonso Chiarenza e oggi non sono qui in veste di Direttore Commerciale ma bensì nei panni di redattore, ho deciso quindi di intervistare per voi un artista che stimo molto, il suo nome? Jacopo Cavallaro.

Jacopo Cavallaro è un attore, cantautore, sceneggiatore italiano. Nasce da una famiglia di artisti: padre scenografo e madre pittrice. L’arte lo ha sempre coinvolto in tutto, per questa ragione è stato sempre incoraggiato fin da piccolissimo a solcare i palcoscenici italiani, a volte per osservare solamente delle prove eseguite però da straordinari maestri del teatro che lo hanno così istruito.

Ciao Jacopo benvenuto su Mondospettacolo, come stai innanzitutto?

Ciao Alfonso, innanzitutto tutto grazie per questa intervista, sono molto felice di poter parlare di me in questo spazio di grande valore, dedicato al mondo dello spettacolo.

Tu sei un Artista con la A maiuscola: attore, cantautore e sceneggiatore televisivo, sei figlio d’arte ma quando hai capito che la tua strada sarebbe stata quella dello spettacolo?

Ad essere sincero continuo a chiedermelo tutti i giorni. Come hai detto tu, vengo da una famiglia che mi ha cresciuto a “pane e teatro” quindi per tutta la mia vita non ho fatto altro che fare quello che faccio senza pensarci come qualcosa di naturale. Spero proprio di non svegliarmi mai da questo sogno, in maniera tale da viverla sempre come un gioco bellissimo il cui scopo è quello di farmi sentire libero di esprimermi. Scrivo anche testi miei, proprio perché ho sempre bisogno di riuscire a dire la mia staccandomi dalle convenzioni di cui aimé questo mondo è molto spesso vittima.

Nel 2017 appena diciottenne ti vediamo sul piccolo schermo nella miniserie tv il capo dei capi e subito acquisisci una certa notorietà, che ricordo hai di questa tua prima importante esperienza?

La ricordo come un gioco, sempre legandomi a quel discorso dell’incoscienza nell’affrontare questa vita. Ricordo che sembrava di essere al circo, personaggi strani i cosiddetti “attori” mi sembravano degli acrobati, gente strana, bella, molto spesso sicura di se,  spavalda solo in apparenza, ma nell’intimo della loro stanza deboli. Mi incuriosivano i macchinari cinematografici, le attrezzature, le cineprese. Rimanevo molto spesso con gli operatori macchina a capire come utilizzassero quegli artefizi. Fra l’altro mi ritengo molto fortunato perché ho avuto l’onore di girare i primi film, con la ormai andata pellicola. Vedere quanta cura c’era nel maneggiare quel film delicatissimo e prezioso mi faceva rendere conto dell’importanza del luogo dove mi trovavo e della grande opportunità che mi stavano dando.

Dopo questa esperienza, ti vediamo nel cast della miniserie Squadra antimafia-Palermo oggi e successivamente in Come un delfino con Raoul Bova. Che effetto ti ha fatto diventare “famoso” e quanto ti hanno cambiato queste (immagino) bellissime esperienze?

Non mi hanno cambiato per niente. Sono semplicemente dei momenti di maggiore visibilità, ma vanno affrontati con dignità e piedi saldi. È un mondo di apparenza e di meteore che vanno e vengono, oggi ci sei tu domani qualcun altro. Devi sempre ricordarti chi sei e da dove vieni. Gli attori, soprattutto giovani che perdono di vista tutto questo, hanno perso in partenza, hanno rovinato questa grande arte. Che poi la gente ti fermi per strada e voglia farsi le foto con te, quello lo prendo come un grande segno di gratitudine da parte del pubblico che forse è l’unico vero amico degli attori.

La tua sfolgorante carriera continua con la fiction “Catturandi” per Rai UNO dove interpreti la figura dell’antagonista di Alessio Boni, mentre l’ultimo lavoro in tv è stato Libero Grassi dove accanto ad attori come Giorgio Tirabassi hai interpretato il killer Salvino Madonia. Come ti sei trovato ad interpretare un ruolo così da cattivo?

Ma ho avuto sempre, in ogni film girato la possibilità di interpretare ruoli che non fossero mai ne troppo cattivi ne troppo buoni. I registi con cui ho lavorato mi hanno sempre chiesto di trovare le anime profonde dei personaggi, per dargli quell’aspetto umano che molto spesso viene tralasciato. Attenzione questo aspetto non deve essere quello che permette al pubblico di tifare per il cattivo, ma deve semplicemente far comprendere allo spettatore che dietro un killer con una pistola c’è comunque un uomo. Allora cerchiamo di capire il perché quell’uomo è arrivato ad essere così, cosa lo ha portato a fare tutto questo. Forse una delle pecche delle sceneggiature contemporaneamente è quella di preferire personaggi di cui si veda solo la maschera, non ci si addentra nel cuore dei personaggi insomma.

Nel 2017 diventi anche sceneggiatore, riuscendo ad ottenere diversi riconoscimenti a livello internazionale con il cortometraggio, nel quale sei l’interprete principale, dal titolo Colapesce.

Come mai hai deciso di diventare anche sceneggiatore, che cosa ti ha ispirato questa scelta? Raccontami un po’.

Fondamentalmente come dicevo prima, ho coltivato sempre questa voglia di dire la mia, non mi sono mai accontento di aspettare il film o la parte in questione. Proprio perché credo ci sia tanto ancora da dire e vado contro chi dice che tutto è già stato detto o fatto. Colapesce nasce dal bisogno di raccontare una storia tutta siciliana, con un eroe leggendario che non ha nulla da invidiare agli eroi americani e che parla di Sicilia senza parlare di mafia. Io definisco Colapesce l’acquaman italiano, probabilmente anche l’originale. È un corto con cui io e la mia squadra ha vinto parecchi riconoscimento raggiungendo perfino i David. Fra tutti vorrei ricordare il premio come miglio colonna sonora a Mattia Cavallaro, (mio fratello) e compagno di avventure come questa.

Come attore, sei continuamente impegnato in ambito teatrale, con spettacoli che annualmente ti vedono solcare i maggiori palcoscenici italiani, con testi classici come Iliade, Odissea e altri ancora, insomma per un vero attore il teatro rimane sempre il primo amore, cosa mi dici a riguardo?

Il teatro è il primo amore esattamente. Io sono cresciuto tra quelle tavole impolverate non potrei andare lontano senza quello. Adesso il passo successivo è andare a confrontarmi con altre realtà teatrali europee studiare e apprendere cose nuove da altre tradizioni teatrali. Qui in Italia appunto gli spettacoli non mancano, da novembre ad aprile la stagione invernale è sempre piena e intensa, mentre in estate ho modo di scrivere cose nuove o metterle su per l’inverno.

So che presto uscirà il tuo ultimo album musicale, che ti vede cantautore nel progetto che coltivi da molti anni. Quanto ti piace cantare e soprattutto scrivere musica? Raccontami un po’.

Non faccio divisione tra quello che è il teatro,la misica, per me è sempre.la stessa cosa eapressa diversamente. Fondamentalmente.mi.diverto lo faccio.con questo spirito. L’album è in fase di registrazione quindi ancora ci vorrà un bel po’. Sicuramente prima andrò io dal vivo a cantarlo facendolo in qualche modo conoscere. L’unica differenza forse è che la musica riesce a prendere più gente, riesce ad amalgamare le platee, molto spesso invece il teatro così come.il cinema diventa elitario e troppo intellettuale.

Negli ultimi 4 anni hai vinto diversi premi tra questi sottoelencati, quale ti ha maggiormente fatto emozionare e perché?

Attore siciliano (2014) – “Premio alla Sicilianità”, assegnato agli artisti siciliani che si sono distinti per meriti professionali.

Miglior Attore (2017) – “Premio Musa d’Argento”, per il corto Colapesce.

Premio Eccellenze 2017 – “Napoli Cultural Classic”.

Premio alla Carriera 2018 – “Castagno dei Cento Cavalli”.

I primi sono tutti meravigliosi e di ognuno ho un ricordo speciale. Più che altro sono il concretizzarsi di qualcosa che capisci di aver fatto almeno dignitosamente non dico bene, ma sai che con il.premop qualcuno ti ha apprezzato.

Jacopo che cosa bolle in pentola, che progetti hai in cantiere?

Non parlo mai di quello che farò, mi godo il presente. Tante cose ci sono come sicuramente la.tourne teatrale e l’album musicale. Molto presto girerò il.secondo corto di mia scrittura dal titolo top secret e insomma parecchia carne sul fuoco non posso negarlo.

Un tuo pregio e un tuo difetto?

Non ho molta pazienza e seguo poco i consigli altrui. Dei pregi invece…possiamo passare alla prossima domanda? (ride)

Quali sono le tue passioni? Oltre ovviamente alla tua professione di artista.

Amo lo sport, non potrei farne a meno, anche sei volte a settimana mi alleno facendo di tutto dalle arti marziali alla corsa, al nuoto ecc ecc. Amo stare bene in mezzo alla natura. E poi amo cucinare, credo di essere un ottimo cuoco.

E l’amore come va?

L’amore va splendidamente. Ho incontrato una donna che mi capisce e che sa come prendermi. Nutro un grande rispetto per lei perché mi fa vivere le cose serenamente quando spesso io mi incupisco. Non c’è cosa più bella per un uomo che avere accanto una donna così, forte e sincera. Quindi non posso che dirle grazie.

Jacopo la nostra intervista termina qui, a nome mio e di tutta la redazione di Mondospettacolo, ti rinnovo i miei complimenti e ti auguro una splendida carriera. Prima di chiudere invito tutti i nostri lettori a vedere il tuo showreel.

Alfonso Chiarenza