Mauto: la sua voce per il Morbo di Parkinson

Due canzoni per ritrovare Gianfranco Mauto. Due canzoni importanti, una forse più dell’altra… una che all’anima chiede resistenza e compassione, l’altra che al tempo chiede nuova nascita e rivoluzione. Due singolo per celebrare il suo lungo cammino che si appresta a governare il suo personalissimo concetto di futuro. “Le mani nel vento”, canzone che ripesca dal suo disco “Il tempo migliore”, canzone che celebra con immensa sensibilità il delicato dramma del Morbo di Parkinson e che infatti trova luce proprio nella giornata mondiale che dedichiamo tutti alla guerra contro questa malattia. E poi “La tua rivoluzione”, canzone che troviamo in duplice versione, prodotta e acustica, e che si ispira al famoso “Talkin’ Bout a Revolution” di tracy Chapman. Insomma, parlando di bellezza un tempo, parlando di tempo oggi…

Ti ritroviamo ora, due canzoni in bilico tra vecchio e nuovo… due concetti che in qualche modo hanno un punto di contatto. In primo l’estetica: due canzoni che hanno una faccia prodotto e l’altra acustica, nuda… continua questa scelta per Mauto… perché?
Non è stata una scelta consapevole quanto piuttosto il naturale evolversi delle cose. Le canzoni sono nate in modo semplice, nude, con il solo pianoforte e la voce: nel caso dell’album “Il tempo migliore”, in cui è contenuta “Le mani nel vento”, abbiamo pensato prima a produrre i brani dando loro un vestito “nuovo”, con sonorità elettroniche moderne, senza scimmiottare gli anni ’80 come di moda oggi, quanto piuttosto cercando una via nuova, o quanto meno personale, di commistione tra questi ed i suoni acustici tradizionali; poi ho sentito l’esigenza di riportare quelle stesse canzoni al loro stadio naturale, spogliandole di tutti gli orpelli sonori, registrandole dal vivo come erano nate, pianoforte e voce. Nel caso de “La tua rivoluzione” il processo è stato inverso: è una canzone nata spontaneamente durante il lockdown nel 2020, in piena pandemia, un testo inedito che voleva gridare speranza in un momento buio sulle note di “Talkin about a revolution” di Tracy Chapman e successivamente, per riprenderci in qualche modo quel tempo “rubato “ ho voluto registrarla dal vivo, questa volta in una versione elettrica, con piano, basso e batteria, per fermare la voglia di suonare insieme di nuovo e rinnovare quel senso di speranza che comunque non ci deve abbandonare mai.

E poi il concept… da una parte il Parkinson e dall’altra la propria rivoluzione. E penso ci siano davvero tantissimi punti di contatto…
Sono canzoni molto diverse ma che in qualche modo si completano: da una parte la sofferenza per la malattia di Parkinson che ne “Le mani nel vento” diventa speranza grazie all’amore per superare le difficoltà di una condizione fisica e mentale troppo spesso ignorata e dall’altra il bisogno di riacquistare la propria libertà di pensiero, di azione, un nuovo sentirsi vivi attraverso una rigenerazione umana, dopo un tempo di smarrimento e sconforto, appunto la propria rivoluzione.

Stai cercando ancora la tua personale forma di bellezza?
La cerco ancora ogni volta nella musica e nelle parole e penso sia una ricerca che non sia mai destinata a finire ma porti sempre verso un punto più alto di conoscenza: ed è un viaggio meraviglioso.

E se ti chiedessi qual è la sua forma secondo te? Prodotto o acustica?
Entrambe le forme hanno la loro suggestione. Nella produzione c’è la ricerca, la sperimentazione, la commistione dei suoni e degli effetti, una concatenazione di armonie che può portare a risultati sorprendenti; ma anche nell’acustico trovo ci possa essere lo stesso approccio, che poi è quello che ho avuto nella realizzazione de “Il tempo migliore – Acustico” dove il piano e la voce si inseguono e appoggiano uno sull’altra, dove lo strumento non esegue un semplice accompagnamento ritmico ma svolge una melodia, una funzione di contrappunto precisa, ricercata e voluta; ecco credo che allora la forma potrebbe essere nel giusto mezzo tra questi due modi di interpretare e realizzare.