Anthony Phillips: il suo cd Strings of Light è promosso a pieni voti

Sono passati sei mesi dalla publicazione dell’album Strings of Light (Esoteric Antenna 2 CD/1DVD), il capolavoro acustico del maestro della 12 corde Anthony Phillips, e in questo periodo i consensi da parte di pubblico e critica per questo raffinato lavoro sono arrivati a fiume.

Sulla pagina social del musicista britannico, dove sono apparsi di volta in volta estratti della sua intervista “ufficiale” riguardo la pubblicazione del cd o brani presi dallo stesso, i “like” sono stati copiosi e, anche per quanto riguarda le classifiche, Strings of Light se l’è cavata molto bene. Dopo essersi piazzato ai primissimi posti della charts di musica classica di itunes, infatti, l’album è balzato al numero 15 della Official Independent Album Breakers Chart Top 20, compilata dalla Official Charts Company. Senza contare le recensioni al disco, tutte più che lusinghiere se non addirittura inneggianti al talento sempreverde dell’ex chitarrista dei Genesis, pubblicate sulle riviste specializzate di musica nonché sui maggiori siti di musica rock (e non solo) in tutto il mondo. Un successo che ha avuto la sua eco, ovviamente, anche nel nostro paese, dove critici e addetti ai lavori tra i più accreditati hanno “raccontato” Strings of Light con dovizia di particolari, lodandone la qualità artistica e l’altissimo standard tecnico ed esecutivo.

Come nel caso, ad esempio, del noto giornalista musicale, compositore e tastierista Francesco Gazzara, che ha speso parole d’elogio per il più recente album di Anthony. “Se ci fosse una sola invenzione musicale, tra le tante, da accreditare sempre e sicuramente ad Anthony Phillips è quella del suono e dello stile davvero unico della chitarra a 12 corde”, ha scritto. “Le intrecciature e gli arpeggi, le diverse accordature e le armonie che ne scaturiscono, ancora oggi ci rimandano direttamente a quel periodo magico dei primi Genesis del 1970, quando Trespass prendeva forma dagli esperimenti post From Genesis To Revelation che Ant e Mike Rutherford – riconosciuto tuttora da Phillips come co-responsabile al 50% di quel sound – conducevano in parallelo alle imponenti soluzioni armoniche e melodiche di Tony Banks e Peter Gabriel”.

“Non è azzardato”, ha continuato l’apprezzato giornalista, “paragonare l’importanza di tali novità sonore prettamente acustiche nel progressive rock del tempo a quella subito precedente delle chitarre elettriche dei Beatles nel pop/rock. Questo è uno dei motivi per cui un nuovo disco di sole chitarre acustiche di Anthony Phillips – a sette anni dall’ultimo episodio della serie Private Parts & Pieces e dal doppio album orchestrale Seventh Heaven – va preso oggi senza pregiudizi circa una possibile critica di anacronismo. Questo è il puro Ant, che ferma il lavoro sulle library musicali per dedicarsi tout court alla sua collezione di chitarre, con tanto di cura fisiomuscolare sulle mani e le dita meno allenate che in passato. Ecco quindi che Strings Of Light rivela molte analogie non solo con i primi Genesis – a quel periodo risalgono addirittura tracce come Winter Lights e Shoreline – ma anche con il suo debutto solista The Geese & The Ghost e con i primi tre album della serie PP&P. E’ la cura delle intonazioni, del suono, dello sviluppo di un sound sempre ricco di echi talvolta arcaici e misteriosi, altre volte classicheggianti e bucolici (come l’apertura Jour De Féte). In apparenza la similitudine più facile di Strings Of Light può essere quella con Field Day del 2005. Anche quello doppio e anche quello di sole chitarre acustiche. Eppure l’assenza di sovraincisioni in quell’album pur bellissimo e sicuramente uscito in un momento più inaspettato per il ritorno di simili sonorità, lo rendeva diverso proprio dai dischi della serie PP&P. Nel nuovo album le sovraincisioni sono poche ma fanno pensare a un discorso compositivo meno virtuoso o improvvisato, laddove anche la scelta tra chitarre a 12 e addirittura 16 corde, classiche nylon e acustiche, tra brano e brano, è stata ponderata con estrema cura”.

Ma non basta. “La varietà dei colori – prevale senza dubbio quello autunnale – è ben rappresentata dalle prime tre tracce dell’album”, ha scritto ancora Gazzara, “quando la già citata apertura festaiola cede il passo a un arpeggio alla Martin a 12 corde (Diamond Meadows) che cambia continuamente, facendoci venire in mente le copertine di Peter Cross in cui lo sguardo viene attratto per minuti interi. Ancora Caprice In Three, un valzerino con la nylon, rivela la misura del genio ovvero la capacità di commuovere con la soluzione più semplice. Una melodia che ti entra addosso in una giornata umida autunnale e non ti lascia fino a primavera inoltrata”.

Una recensione di cui chiuque andrebbe fiero e che aiuta l’ascoltatore, prima e dopo l’ascolto, ad entrare nelle pieghe di Strings of Light in tutto il suo mutevole carattere e il suo delicato ventaglio di emozioni.

 

Susanna Marinelli