Dante: nel mezzo del cammin di nostra vita… mi ritrovai al cinema

Per Dante di Pupi Avati, in modo un po’ didascalico e infantile abbiamo voluto riportare già nel titolo di questa recensione il concetto che si tratta di un lungometraggio tutt’altro didascalico e che possiamo tranquillamente inserire come un’ulteriore perla nella filmografia del cineasta bolognese.

Sicuramente un film sofferto, come ha raccontato Avati stesso nella conferenza stampa di presentazione a Roma, ma decisamente una delle sue opere che più verranno ricordate. Non al pari del sommo poeta, ma di sicuro nei prossimi anni nelle scuole si ricorrerà a questo film per raccontare agli studenti la storia di Dante.

Non si può certo riportare sullo schermo la Divina Commedia (anche se esistono dei film in proposito, ultimo il documentario Mirabile visione di Matteo Gagliardi), ci hanno provato noti illustratori, ma la scelta di Avati è intelligentemente quella di usare il suo più nobile ammiratore di Alighieri, che potremmo paragonare ad un agente dei nostri tempi: un perfetto pubblicst come Boccaccio, interpretato da Sergio Castellitto. Un Boccaccio che ci narra la storia di Dante e della sua vita partendo dal denaro che deve consegnare alla figlia del poeta, ormai monaca, come risarcimento da parte di Firenze per le angherie subite dal padre. Da qui, quindi, prende il via un viaggio (o pellegrinaggio, come lo definisce lui stesso sui luoghi della vita di Dante) sulle battaglie, sull’esilio, cercando chi ha incontrato il sommo poeta per farsi raccontare episodi noti o sconosciuti. Verrebbe quasi da pensare ad un Piero Angela ante litteram, ma, in realtà, niente di tutto ciò. Dante riesce in pieno a centrare il suo bersaglio (e non era facile) narrando la vicenda in modo cinematografico e con molto realismo, evitando anche quell’effetto sceneggiato Rai che spesso (troppe volte) ritroviamo in molte opere italiche.

Con il volto di un maturo e perfetto Alessandro Sperduti (anche nel naso posticcio realizzato da Sergio Stivaletti e dal suo team dei truccatori), Dante ci conduce nella dura e complicata vita del poeta. Ricostruisce il suo sofferto rapporto con Beatrice (Carlotta Gamba) e, piano piano, ci porta in quella storia che tutti, a modo nostro (magari in alcuni casi odiandolo, come dichiara lo stesso Avati riguardo ai suoi ricordi scolastici) conosciamo bene, o in parte. Il tutto, restituendo anche usi e consumi dell’epoca, grazie ad una accurata ricostruzione scenografica, con i costumi degni di un Oscar, sporchi, lisi e usurati come erano, appunto, in un Medio Evo vicino al Rinascimento, con l’ombra della terribile peste nera. E i versi del poema, spesso riportati, per usare sempre le parole del regista “sono la colonna sonora del film”, ideale per tenere a bada scolari scatenati in una proiezione mattutina mentre celebra a dovere, appunto, la figura di Dante.

 

 

Roberto Leofrigio