Mayday: l’album di Rino Castel che riporta indietro nel tempo

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Rino Castel ha pubblicato, per Key Team Production, il disco Mayday, accompagnato dall’uscita del primo singolo estratto Parata Black.

L’album racconta dei vari problemi che l’artista ha avuto nel corso dell’ultimo anno, periodo nel quale, dopo aver traslocato per motivi di studio a Padova, ha vissuto l’intero inverno in solitudine. Ogni canzone affronta per macroargomenti temi che si contrappongono ad una musica energica e spensierata con elementi classici del pop-punk.

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Rino Castel, pseudonimo di Rino Castellano, è un cantautore marchigiano classe 1998. Cresciuto ad Ancona, coltiva sin dall’infanzia la passione per il pianoforte, la musica elettronica ed il pop italiano di fine anni Novanta. A sedici anni forma la sua prima band pop-rock, gli As Clouds, suonando come tastierista e seconda voce. La band, scioltasi nel 2021, ha all’attivo più di settanta esibizioni live per le Marche, un EP (My Soul, 2017) e un album (Cenere, 2021).

Nel 2017, durante il periodo di massima attività della band, Castellano si affaccia ad un mondo prevalentemente pop-punk/punk-rock di inizio anni 2000, avente come punti di riferimento band come Blink-182, Box Car Racer e Sum41. Dopo diversi tentativi di introdurre queste sue nuove sonorità all’interno della band, Castellano nel 2019 pubblica l’EP autoprodotto Neon e nel 2020 il suo primo album solista Trasloco post-traumatico, entrambi i progetti una felice fusione tra pop-punk e sonorità rap. Nel 2021 pubblica l’EP Mayday, che aggiunge sfumature alternative rock alle sue influenze.

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Per chi è cresciuto negli anni Novanta e che, di conseguenza, si è beccato in pieno viso tutto il primo decennio del 2000 durante la propria adolescenza, ascoltare gli accordi, i giri armonici, le linee melodiche, un certo tipo di timbro e di ritmica dei brani che compongono l’album rappresenta un tuffo nel passato. Chiudete gli occhi, mettete in pausa e nella testa due nomi si materializzano, seguiti da immagini e, ovviamente, musica: i Dari e i Finley, nello specifico Vale tanto Vale e Diventerai una Star. Sarà che in Italia il punk si assomiglia un po’ tutto, ma questa non è colpa di Rino. Il paragone non vuole essere di certo denigratorio, auguriamo a chiunque anche solo un quarto d’ora del loro successo, ma le nostre sinapsi hanno risposto così già dopo il primo riff del brano Mayday, che dona il titolo all’album, e dopo la prima strofa di Parata Black, il primo singolo estratto.

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Ciò tuttavia ha un importante significato: il disco ha carattere, identità, forza evocativa. Trasmette energia e se un disco che nasce dalla solitudine ha quest’effetto… la medicina funziona, anzi, dovremmo dire che il mayday è arrivato a destinazione. Ma tutto l’album funziona. Il concept è chiaro: i testi sono scorrevoli, orecchiabili, comprensibili, egregiamente Pop. La musica fa ballare, è fresca. Sì, è fresca. Perché dopo tante, troppe masturbazioni intellettuali, sperimentazioni e fusioni dal dubbio gusto estetico, anche un album che guardi indietro, guardi a quell’energia e a quella leggerezza di inizio millennio, la quale ha caratterizzato un’intera generazione, anche solo d’estate, risulta oggi un prodotto magari non innovativo, ma fresco, nel senso di rinfrescante. Ma, soprattutto, necessario: Mayday fa bene al cuore e allo spirito.

 

 

Dario Bettati