Stasera in tv Il filo nascosto di Paul Thomas Anderson, con Daniel Day-Lewis

Stasera in tv su Iris alle 21 Il filo nascosto (Phantom Thread), un film del 2017 scritto, diretto e co-prodotto da Paul Thomas Anderson. Ambientato all’interno dell’industria della moda londinese degli anni cinquanta, vede nel cast Daniel Day-Lewis, Lesley Manville e Vicky Krieps. Il film segna l’ultima interpretazione di Day-Lewis, che nel giugno 2017 ha annunciato il suo ritiro dalla recitazione. Acclamato dalla critica, è spesso citato come uno dei migliori film del decennio 2010-2019. La pellicola ha ottenuto sei candidature ai Premi Oscar 2018, aggiudicandosi quello per i migliori costumi. La colonna sonora del film è stata composta da Jonny Greenwood, alla sua quarta collaborazione con il regista dopo Il petroliere (2007), The Master (2012) e Vizio di forma (2014), ed eseguita dalla London Contemporary Orchestra. Greenwood, per la sua opera, è stato premiato con la candidatura all’Oscar, la prima del compositore inglese. Con Daniel Day-Lewis, Lesley Manville, Vicky Krieps, Richard Graham, Brian Gleeson, Camilla Rutherford, Gina McKee.

Trama
Reynolds Woodcock è un rinomato stilista britannico che, insieme alla sorella Cyril, conosce il massimo del successo negli anni Cinquanta vestendo la famiglia reale e l’élite che conta. Dal punto di vista sentimentale, però, ha relazioni brevi con una serie di donne fino a quando non incontra Alma, destinata a divenire la sua amata e la sua musa. Innamorandosi, per la prima volta si ritroverà a dover conciliare vita personale e professionale.

“Ci sono voluti quasi vent’anni e una manciata di film a Paul Thomas Anderson per arrivare a una consapevolezza del visivo di questo tipo, dove non c’è arco narrativo né trasformazione psicologica che tenga, e dove si tratta di mettere tra parentesi la domanda di senso. Gli ultimi anni della sua carriera sono attraversati da questa passione ostinata per il non-senso. Il filo nascosto è un film di tessuti e di superfici, dove della moda non vediamo la sua dimensione immaginaria e iconica – non si parla cioè della moda nel suo aspetto linguistico-sociale-simbolica come fanno i semiotici o come si vedeva nel Saint Laurent di Bonello – ma solo la sua materia, cioè il suo corpo. Il filo nascosto è un film di superfici, non di profondità. In una sorta di controcanto di The Master, Il filo nascosto ritorna sulla topica del corpo che fa resistenza: però è una resistenza che non instaura più una dialettica negativa, ma della quale qualcosa può essere detto e qualcosa può essere fatto. Senza redenzioni, senza immagini ideali, senza happy ending eppure finalmente liberi di starsi accanto consapevoli che l’amore è un’esperienza di solitudine per la quale comunque vale la pena lottare”.
(Pietro Bianchi, Cineforum, 21 Febbraio 2018)

Il filo nascosto, innanzitutto, è un film sullo sguardo e sul potere dello sguardo: «se giochiamo a chi abbassa per primo gli occhi perderai sicuramente tu!», dice Alma (l’efficacissima Vicky Krieps) al primo appuntamento con Reynolds. E in queste parole è già pienamente (di)segnato il pericoloso abisso sentimentale che Woodcock brama e allontana ossessivamente, come in un Fort-Da di freudiana memoria, gioco che Anderson configurerà con diamantina precisione. Perché il sarto/creatore lotta strenuamente per non tessere il proprio destino, limitandosi a dare forma ai desideri delle sue ricche committenti e concedendosi solo dei criptici messaggi nascosti nei tessuti (come quei codici cifrati che da Sydney in poi il regista dissemina in ogni suo film) che lo facciano vivere nel fuori campo delle sue creazioni. La giovane Alma, pertanto, arriva come il definitivo Phantom Thread: anomalo raggio di sole in una mattina di vacanza, vizio di forma che ridiscute la perfetta magnolia del tempo, apparizione fantasmatica che ubriaca d’amore il presente e ridiscute ogni traiettoria futura. E allora Anderson non può che azzardare pieghe inedite per questo nuovo vestito, sperimentando nuovi tagli (di montaggio) e pedinando la passione che cova sotto la pelle di Reynolds in continui dettagli (e dissolvenze sui dettagli) che forzino gli spazi chiusi verso un oltre dell’immagine”.
(Pietro Masciullo, Sentieri Selvaggi, 21 Febbraio 2018)

 

 

Luca Biscontini