Stasera in tv ‘O Re di Luigi Magni, con Giancarlo Giannini

Stasera in tv su Rai Storia alle 21,10 ‘O Re, un film del 1989 scritto, sceneggiato e diretto da Luigi Magni, vincitore di un Nastro d’argento per i migliori costumi (Lucia Mirisola) e di due David di Donatello per il miglior attore non protagonista (Carlo Croccolo) e per i migliori costumi. Le musiche sono composte e dirette da Nicola Piovani. Il brano sui titoli di testa, ‘o Re (Magni – Pagano – Piovani), è cantato da Angela Pagano; il brano finale del film, Ninna nanna Ninna nannà (Citarella – Piovani), è cantato da Isabella Perricone; nel corso del film Donato Citarella canta il classico ottocentesco Te voglio bene assaje (di anonimo). Con Giancarlo Giannini, Ornella Muti, Carlo Croccolo, Corrado Pani, Luc Merenda, Anna Maria Ackermann, Iaia Forte.

Trama
Francesco II di Borbone, in esilio a Roma insieme alla moglie Maria Sofia, è tormentato dal pensiero di non esser stato in grado di svolgere il proprio compito di sovrano. La moglie, intanto, non si dà per vinta e mira a recuperare il potere.

“Luigi Magni è stato sempre attratto dal Risorgimento visto dall’osservatorio della Roma papalina. Certo, non ha mai avuto mano tenera con la Curia di quell’epoca e le sue simpatie sono sempre andate al “progresso”, cioè ai Piemontesi. Tuttavia, se si esclude Il brigante di Tacca di Lupo di Pietro Germi, con Amedeo Nazzari, l’epica di quel periodo ha avuto pochi riscontri cinematografici. Non si è mai distaccato dalla vulgata ufficiale nei suoi In nome del Papa Re, Arrivano i bersaglieri, In nome del popolo sovrano, Nell’Anno del Signore, perfino con State buoni se potete su san Filippo Neri (visto come “il prete dei poveri” in una Roma pontificia sentina di ogni corruzione). Tuttavia, a furia di studiare quei periodi deve aver finito per scoprire che i vinti non erano solo e sempre “chiàvica ‘e fetenzìa”. Perciò, nel 1988 uscì ‘O Re, ambientato nel tempo in cui Francesco II delle Due Sicilie era in esilio a Roma. La ricostruzione storica è impeccabile, anche se è una fiction. non un documentario, e richiede invenzioni e dialoghi che intrattengano più che spiegare. Ma colpisce, nel film, il rispetto con cui vengono trattati i vinti e una conclusione che fa riflettere: la regina Maria Sofia, abbandonata ogni speranza di riconquista del regno, dice al marito «T’immagini se l’avessimo fatta noi l’unità d’Italia?».

Giancarlo Giannini interpreta ‘o Re, visto, al solito, come Franceschiello, succubo dell’ombra della defunta madre Maria Cristina di Savoia, morta nel darlo alla luce e oggi beatificata. Ornella Muti è Maria Sofia di Baviera, sorella della celebre Sissi, e Magni rende onore al vero carattere storico di questa giovane regina, impavida e risoluta. Il film si svolge a Roma (Magni era “romano de Roma”) e descrive le ristrettezze economiche della coppia reale in esilio (la cassa del regno se l’era portava via Garibaldi), costretta a vendere l’argenteria per mangiare. Lei, indomita, sprona lui, bigotto e introverso. E fin qui la vulgata è rispettata. Ma ecco entrare in scena una figura storica mai portata sugli schermi, José Borjes, l’hidalgo catalano sceso in Italia per dare un comando unico alle bande partigiane che operavano nel Sud. L’impresa non gli riesce e lui finisce fucilato dai bersaglieri. Quel che colpisce è che il film lo tratta con grande rispetto: un vero eroe, cavalleresco e sfortunato, come realmente fu. Nel film Sofia ne è attratta, anche perché suo marito, come personalità, non può reggere al confronto. Ciò suscita una comprensibile gelosia in Franceschiello, ma non ne ha motivo: la regina è consapevole del suo ruolo e a tradire il marito non ci pensa nemmeno.

Ed ecco un’altra sorpresa: quando, con la morte di Borjes, ogni speranza è perduta, ‘o Re si riscatta e ritrova tutta la sua spina dorsale. Non è più Franceschiello, ma Francesco II delle Due Sicilie, che non esita a far impiccare il traditore voltagabbana, un ex generale borbonico vendutosi ai Piemontesi, e si rammarica per non avere avuto la stessa spietatezza quando era ancora in tempo per salvare il suo regno. Già: con qualche esecuzione mirata Napoli sarebbe rimasta una delle capitali più importanti d’Europa, e non quello sfacelo a cui è ridotta oggi. Ma Francesco aveva il carattere della madre, non quello del padre Ferdinando. E soprattutto non aveva quello della moglie. Sembra di cogliere un certo rammarico anche in Magni, che era solito scrivere i soggetti e pure le sceneggiature delle sue opere. Questo film è dunque un bel film, da rivedere e conservare, purtroppo penalizzato da una locandina macchiettistica più da “commedia all’italiana” che dramma”.
(Rino Cammilleri, 2 Dicembre 2014)