Stasera in tv Trastevere di Fausto Tozzi, con Nino Manfredi

Stasera in tv su Rai Storia alle 21,10 Trastevere, un film italiano del 1971 diretto da Fausto Tozzi. Trastevere, il cui titolo in sceneggiatura era Requiem per Trastevere, è l’esordio di Fausto Tozzi alla regia. Nino Manfredi ricorda a tal proposito che «Tozzi era figlio di un collega di mio padre, lo avevo conosciuto al tempo del mio primo anno all’università quando lui era, se ben ricordo, aiuto di Castellani. Mi ricordai di lui al tempo di Per grazia ricevuta, quando Risi rifiutò di darmi la parte del chirurgo. Tozzi venne poi da me per chiedermi aiuto per questo suo film su Trastevere, che doveva consentirgli di realizzare il suo vecchio sogno della regia». Il film fu denunciato per vilipendio alla religione da un cittadino di Grosseto che ha assistito alla proiezione in un cinema della sua città. La frase incriminata, “pò esse’ pure che alla Madonna oggi je rode er culo e nun ce vo’ vede’”, è pronunciata da Ada Passari (che interpreta il ruolo della sora Filomena). Il giudice istruttore, tuttavia, decise il non luogo a procedere. Sceneggiato da Fausto Tozzi, con la fotografia di Artuto Zavattini, il montaggio di Nino Baragli e Carlo Reali, le scenografie di Giantito Burchiellaro e le musiche di Oliver Onions, Trastevere è interpretato da Nino Manfredi, Leopoldo Trieste, Rosanna Schiaffino, Vittorio De Sica, Milena Vukotic, Umberto Orsini, Vittorio Caprioli, Ottavia Piccolo, Nino Musco, Enrico Formichi, Rossella Como, Gina Mascetti, Luciano Pigozzi, Stefano Oppedisano, Marcella Valeri, Fiammetta Baralla, Enzo Cannavale, Carlo Gaddi, Nerina Montagnani, Vittorio Fanfoni, Gigi Ballista, Don Powell, Giorgio Maulini, Lino Coletta.

Trama
Mao è una cagnetta di bulldog francese che viene smarrita dal baritono Enrico Formichi, il quale cerca, invano, di denunciarne la scomparsa alla polizia. La bestiola, rimasta quindi senza padrone, viene raccolta dai più svariati personaggi del rione di Trastevere. Il primo a trovarla è il figlio del sor Toto, un contrabbandiere di sigarette. Ma a casa di Toto è arrivata anche la Guardia di Finanza: al termine del sequestro, il commissario chiede a quale membro della famiglia debba essere “intestata la ditta”, poiché a lui basta portarne via uno. Si assiste quindi ad un consiglio di famiglia nel quale, esclusa la zia prostituta, il figlio minorenne, quello maggiorenne che deve andare a una partita e la moglie che non ci vuole andare, a finire arrestata è l’anziana madre di Gertrude, la moglie di Toto.

Un oggetto non classificabile Trastevere (1971) di Fausto Tozzi. Una meteora che all’inizio degli anni Settanta attraversò velocemente il panorama cinematografico italiano senza lasciare particolari tracce. Oggi, anche grazie alla celebrazione del centenario della nascita di Nino Manfredi, che ne fu uno dei protagonisti, è invece possibile tornare a parlarne (e vederlo), laddove molti sono gli aspetti che rendono il film un pezzo più unico che raro, in netta controtendenza rispetto all’epoca in cui uscì nelle sale e precursore anche di un certo modo di guardare ad alcune realtà, senza filtri edulcoranti.

Già nel 1971 Tozzi registrava una profonda mutazione antropologica: quella bella romanità che da sempre aveva trovato una naturale sede nel celebre quartiere della capitale (in cui, poco prima di giungervi, campeggia la statua di uno dei suoi più celebri cantori, Gioacchino Belli) cominciava a essere sostituita da un’umanità cosmopolita, fatta di giovani, stranieri, artisti, perdigiorno, saltimbanchi, malfattori. La vecchia e la nuova popolazione si trovarono a stretto contatto, dando corpo a un’inconsueta quanto grottesca convivenza, destinata, ovviamente, a mancare qualsiasi possibile sintesi. Ed è questo scarto che emerge maggiormente dall’indagine del film, composto da tanti piccoli episodi amalgamati con spirito ridanciano, sebbene il tono generale che attraversa la messa in scena è decisamente tragicomico. In tal senso, Trastevere anticipa lo spirito che sempre più profondamente caratterizzerà l’epoca postmoderna. Si ride, ci si dispera, ci si stordisce, si prega, si muore, si vive alla giornata. Su tutti incombe un destino che si dipana ferocemente, senza concedere tregua, senza fare distinzioni.

Il film è imperfetto, non sempre scorre coerentemente, alcuni raccordi narrativi sono piuttosto stiracchiati, eppure a rivederlo oggi incanta, ipnotizza e diverte, riesce cioè a incuriosire lo spettatore attuale che si trova davanti a qualcosa di perturbante. Anzi, a dirla tutta, non è eccessivo affermare che Trastevere, per certi versi, anticipa Roma (1972) di Federico Fellini, laddove anche il celebre regista romagnolo pose lo sguardo su quella decadenza che stava investendo la città, a partire proprio dall’implosione cultural-antropologica del quartiere romano per eccellenza. A donare all’insieme un significativo valore aggiunto è poi il notevole cast radunato, non si sa come, da Tozzi: Nino Manfredi, Leopoldo Trieste, Rosanna Schiaffino, Vittorio De Sica, Milena Vukotic, Umberto Orsini, Vittorio Caprioli, Ottavia Piccolo, Enzo Cannavale. Un parterre di attori eccellenti che decise di dare il suo importante contributo al film. Partecipò anche lo sceneggiatore Leonardo Benvenuti, uno degli autori delle saghe di Fantozzi e Amici miei, che interpreta il commissario della Guardia di Finanza che arresta la sora Rosa.

 

Luca Biscontini