The north sea: si chiude la trilogia disaster iniziata con The wave

Presentato alla sedicesima Festa del Cinema di Roma, The north sea è il secondo lungometraggio del regista di The quake – Il terremoto del secolo, John Andreas Andersen, che si aggiunge al primo successo di The wave di Roar Uthaug in modo da completare una originale trilogia scandinava legata ai disaster movie.

Il pericolo è stavolta rappresentato dallo sfruttamento del petrolio nel mare del nord, che già aveva creato in passato gravi incidenti e che era stato portato al cinema in modo spettacolare in Deepwater -Inferno sull’oceano di Peter Berg.

Il film dimostra come ormai i nuovi mezzi tecnici e la maturità artistica europea non hanno nulla da invidiare alle produzioni  americane, tanto che ci troviamo dinanzi ad un validissimo prodotto capace di rispettare tutte le regole del genere, ben interpretato oltretutto da Kristine Kujath Thorp nel ruolo di Sofia, esperta nella guida di robot sottomarini, e da Henrik Bjelland in quello di Stian, suo compagno che lavora su una piattaforma.

Ci si focalizza su uno dei più grandi giacimenti petroliferi del Mare del Nord che ha fatto la fortuna della Norvegia: Ekofisk, scoperto nel 1969, ha lanciato la nazione al pari dei paesi arabi in un’attività che ha reso ricchissimo l’intero paese.

Partendo da questa premessa, l’insieme va alla ricerca dell’effetto di un eccessivo sfruttamento dell’area, che inizia a produrre fratture e provoca all’inizio il rapido affondamento di una piattaforma.

Scritta da Lars Gudmestad e Harald Rosenløw-Eeg, Nordsjøen, la sceneggiatura fonde alla perfezione la denuncia ambientale e il dramma legato anche ad una storia d’amore. Mentre ai due protagonisti si aggiunge Arthur alias Rolf Kristian Larsen, collega di Sofia che si lancia con lei in una corsa contro il tempo per salvare Stian, prima di un’incredibile catastrofe frutto anche di decisioni errate. Decisioni che portano inoltre lo spettatore a riflettere su quanto ciò sia finzione o rischi presto di diventare una tragica realtà.

The north sea, quindi, funziona in definitiva funziona perfettamente come classico disaster movie e non fa affatto rimpiangere la mancanza di star statunitensi. Anzi, l’utilizzo di molti set reali, come le piattaforme stesse e i robot sottomarini che l’attrice protagonista ha imparato con molto timore a telecomandare, lo rendono un lungometraggio riuscitissimo dal punto di vista dell’azione, sempre incalzante.

Con ottimi effetti speciali che condiscono il tutto, rivelando come, ormai, il cinema europeo sia tranquillamente in grado di reggere il confronto con Hollywood. E, una volta tanto, le tematiche riguardano la cara vecchia Europa e i suo numerosi problemi legati ad un incerto futuro Green.

 

 

Roberto Leofrigio