Michele Soavi e il cast ci raccontano la mini serie Makàri

A partire dal 15 Marzo 2021, su Rai 1, la mini serie Makàri seguirà per molti versi le orme del cult Il commissario Montalbano. Amalgamando l’icasticità della commedia all’italiana, del genere noir, dei gialli, con l’ampio margine d’enigma capace di tenere viva l’attenzione degli spettatori, e, soprattutto, del territorio eletto a location.

Insieme alla strategia di riduzione dell’assillante rischio d’insuccesso riposta nel passaggio di un best seller sull’ormai egemone piccolo schermo, nella speranza di fidelizzare diverse tipologie di pubblico, l’emblematica geografia emozionale costituisce la chiave di volta. Che ha spinto l’abile ed esperto regista Michele Soavi a spendere il proprio estro per conferire sia coerenza diegetica sia forza evocativa all’effigie dei luoghi dove l’intrigo poliziesco prende piede al pari dei precipui moti d’affetto.

La letteratura siciliana è davvero il punto di partenza per conciliare diktat commerciali ed empiti autoriali accrescendo di conseguenza l’appeal tra immagine e immaginazione? Per il produttore Carlo Degli Esposti non c’è dubbio: “Tutta l’area riguardante il golfo di Macari è a mio avviso uno dei posti più belli del mondo. E mai come in questo momento l’habitat ricopre un ruolo fondamentale per uscire dal torpore della malinconia. Con la pandemia tutti noi avremmo sognato di abitare nella casa di Saverio Lamanna. Con i faraglioni di Scopello e le cave di Marmo di Custonaci che diventano alla stregua dei personaggi in carne ed ossa. La Sicilia racchiude una valenza metaforica profondissima ed esprime l’italianità attraverso vicende avvincenti. Ricche di fascino e mistero”.

Il personaggio dell’appassionato giornalista Saverio Lamanna, pronto a rinverdire i vincoli di suolo e di sangue decidendo d’intraprendere la carriera dello scrittore senza girare le spalle alle frecce di Cupido, né ai misteri scoperti palmo a palmo, rappresenta l’ennesima sfida professionale per l’intenso attore palermitano Claudio Gioè. Che giudica l’investigatore fortuito quasi un caso a parte rispetto alle previe prove recitative: “Ho interpretato l’infiltrato, l’uomo d’ordine, il detective nella mia carriera. In questo caso è più un’indagine socio-culturale quella che compie Saverio Lamanna. Ed è un’indagine anche su sé stesso. In chiave archetipale. Il ritorno nella sua Sicilia gli permette di comprendere appieno l’unicità della terra natìa. Rileggendo pure determinati stereotipi. Lamanna, in tal senso, diviene una sorta di fustigatore dei luoghi comuni. Gaetano Savatteri ha raccontato con maestria un territorio intento ad affrancarsi dall’indiscutibile limite stabilito dai clichés”.

Accanto a Gioé, centro gravitazionale della mini serie, almeno agli occhi delle platee dai gusti semplici, avvezze ad anteporre l’immediatezza espressiva del gioco fisionomico all’ermetica tenuta stilistica dispiegata dietro la macchina da presa, l’avvenente Ester Pantano trasferisce il sorriso di Venere e l’acqua della vita ad appannaggio dell’astro nascente nelle sensuali vesti di Suleima. L’attrice ci tiene a ribadire che, oltre al lato inebriante, la ragazza che fa breccia nel cuore di Saverio Lamanna ha parecchie frecce al proprio arco: “È una persona intraprendente. Il feeling che si viene a creare sin dall’inizio nasce dalla curiosità nei confronti di un elemento che esula dall’ordinario. Dallo standard. Ed è così che Suleima aiuta Saverio nelle sue indagini. Lungi dal volersi intromettere. In maniera, bensì, estremamente naturale”.

Savatteri, l’artefice letterario di una storia ritenuta persino profetica, chiarisce le ragioni per cui la location siciliana irradia e influenza gli stati d’animo dei personaggi, inclusa la coppia mossa lì per lì dalla curiosità, nell’ambito d’imprevisti sviluppi frammisti ai motivi d’incertezza dei thriller: “Nei miei racconti il territorio è fondamentale. Il sogno che quest’estate, con la fine di un incubo, possiamo andare a visitare un luogo magico, impenetrabile, rapinoso, come Macari, e abbracciarci, è un valore aggiunto. Nel nostro immaginario collettivo la ricerca d’identità legata al territorio e il viaggio di formazione ad esso connesso sono miscelati ai dubbi, ai rapporti interpersonali, ai confronti sentimentali. Per quanto riguarda Suleima sono lieto che gli sceneggiatori ed Ester Pantano abbiano saputo cogliere lo slancio dell’intuito femminile. Che spinge Lamanna a ripensare con ironia ad alcune false certezze. Fornendo al frutto dell’intelletto la marcia in più della sensibilità”.

Soavi, che nella trasposizione tanto per il piccolo quanto per il grande schermo del dibattuto libro revisionista Il sangue dei vinti era riuscito ad accostare il dramma di Antigone a quello della fratellanza nazionale, vittima dell’atroce conflitto civile, sottolinea ora l’importanza della commistione dei generi per definire il legame dei personaggi con la valenza mitopoietica della location: “Ho voluto connettere certi intermezzi grotteschi all’interno degli stilemi mélo, dell’escalation thrilling e dell’intreccio di piste seguite dalla coppia protagonista. Sono rimasto stregato dal mal di Sicilia: è una terra all’inizio aspra, calorosa, contraddittoria, quasi invadente, che a lungo andare snuda un animo pulito ed estremamente sincero. Forse dipende da quella punta dell’isola in cui praticamente s’incrociano i mari. Ed è lì che naufraga come un don Chisciotte in balia delle onde Lamanna. È un ritorno alle origini sancito dall’incontro con il suo Sancio Panza, in onore dell’amicizia, e con l’amore”.

Adesso tocca agli spettatori di Makàri decretare sul divano di casa se l’esplicita miscela dei generi e l’incrocio degli abissi saprà trascinarli nell’aura contemplativa in cui il senso d’appartenenza va a braccetto col dinamismo dell’azione.

 

Massimiliano Serriello