Claudio Milano’s End Friends (La Bobina di Tesla)

2023, un doppio album live con inediti, forse un azzardo per i tempi che corrono, ma produrre arte senza pensare a quello che pensa la gente, può essere sicuramente un pregio. Come ti poni rispetto all’impatto dei tuoi lavori col pubblico?

Non cerco consensi, ma se arrivano me li prendo tutti, mica son scemo! (forse). Se scegli di far parte di un mondo underground (un termine che fu usato da Marcel Duchamp nel 1961 ma che oggi nell’epoca delle avanguardie da aperitivo lounge in Porta “Venerea” a Milano potrebbe avere si valore) lo sai che non puoi e non devi avere aspettative. Porti avanti il tuo percorso con fierezza, consapevole che troverai sempre chi ti darà dell’intellettuale con le pezze al fondoschiena, chi ti amerà se hai un pochetto di fortuna, chi ti detesterà senza mezzi termini fino all’aggressione e io ne ho ricevute, purtroppo tante, dal vivo, proprio nel periodo in cui questo live è stato registrato. Letteralmente “underground” sta per “movimento culturale e artistico che si oppone intenzionalmente alla cultura tradizionale e ufficiale, utilizzando forme espressive e sistemi di diffusione e di produzione alternativi rispetto a quelli usuali.Se riesco in questo non spetta certo a me dirlo, io ho scelto di far parte di un mondo e quello mi ha detto: “vieni qui subito” e lì mi son trovato bene dopo un disastroso tentativo con Sony a 27 anni, che mi ha fatto capire come il mainstream e io eravamo inconciliabili.

 “ManifestAzioni Live 2011-2023” è un titolo assai lungo, lungo come il nome dell’artista che non è solamente il tuo, ma Claudio Milano’s End Friends (La Bobina di Tesla). Ti piace proprio mettere in difficoltà le persone per ricordarsi di te? 🙂

No, credo fermamente che l’essere umano non tenda minimamente all’evoluzione consapevole, se non per la necessità di dover inventare del nuovo per consumare quanto ha attorno con sempre maggiore rapidità; per non annoiarsi in assenza di talenti e spiritualità; per incapacità di amare e di amarsi; per desiderio di onnipotenza che lo porterà in gravissimi guai già a breve. Credo anche che per natura tenda alla pigrizia sia mentale che fisica e che oggi per via dei social sia in larghissima misura narcisista patologico, nonché convinto di essere detentore di una realtà assoluta anche quando afferma in modo qualunquista “so di non sapere”.  Quindi io, consapevole di non poter fare proprio nulla davanti a questo, vivo la mia musica e la mia drammaturgia nel modo in cui le sento, anche perché lontane da queste ho scelto di non avere una vita. Questo non è un disco di Claudio Milano compositore, ma è “IL” disco di Claudio Milano interprete di voce estesa e drammaturgica (la maggioranza dei pezzi li interpreto ma non li ho scritti e poi ci sono degli interventi strumentali stupendi con cui io non c’entro un accipicchia); ho un sentore da “fine epoca” che mi ha portato ad ironizzare su una congiunzione che per assonanza è divenuta “End” e dunque “fine”… e poi è un disco che butta fuori un sacco di energia e quindi ho deciso di aggiungervi appresso un marchio scherzoso: “La Bobina di Tesla”. Infine… diciamola tutta, se l’avessi titolato a Claudio Milano e basta sarebbe stato un disastro. Non che così farò furore eh! Per carità! Sui motori di ricerca mettere assieme il nome Claudio e la parola Milano evoca anzitutto mio cugino omonimo di Gioia del Colle (BA) che ha trovato un sistema per saltar fuori per primo nei motori di ricerca. Lui non fa mozzarelle come gran parte dei miei familiari lì (e del resto mio padre da bambino era un “massaro” e dunque preparava formaggi) ma gestisce… un’agenzia di pompe funebri (e qui torna quell’End). Se un Giardiello qualsiasi decide di sparare in tribunale… è di lui che si parlerà per decenni, mica di me. Se Baglioni o Bisio poi inciampano a Milano poi è la… “fine”… (c.v.d.).

 Non sei mainstream, non sei pop, non sei classico, sei uno sperimentatore di tanti generi musicali, tra cui la world music, ma le tue fonti essenziali di ispirazione chi sono?

Farò un discorso un pochetto “strano”. A partire dagli anni 2000 un computer è entrato nelle case di tutti gli occidentali e di parte dei popoli dell’Oriente. Il resto del mondo non sempre ha avuto questa possibilità. Una possibilità in realtà invocata negli anni 70 come “cultura gratis”, quella per la quale i Van Der Graaf Generator dovevano rifugiarsi sui tetti dei palazzetti italiani per disordini vari tra pubblico e forze dell’ordine. Ora… pensa a quanto sia idiota l’essere umano. Adesso che c’è possibilità di accesso all’ascolto/visione più o meno di qualsiasi cosa di cui è rimasta traccia dalle origini delle nostre società ad oggi, chi si ribellava ascolta ancora e solo i suoi dischi degli anni 70 (ma la cosa vale per chi ha vissuto gli 80, i 90, i 2000 a 20 anni) ed erige altari non solo alla propria mistificata gioventù, ma anche al proprio diritto di ignoranza. Non compra dischi, non va a teatro né a concerti, compra solo libri di saggistica politica e giornali che riguardano le idee che ha maturato da tempo, si erge con orgoglio a “boomer”, sentendosi ancora “ribelle” anche se direttore di banca e sui social proclama la sua “noia”. Nella sua difesa di fenomeni più evidenti della sua epoca (per quanto spesso assai complessi, ma che facevano “moda” e che erano pubblicizzati dai Media, gli stessi che sponsorizzavano a gran titoli la cultura underground autentica), ha passato l’idea ai ragazzi italiani (perché principalmente questo è fenomeno tutto italiano) che solo ciò che “ha avuto successo” ha valore. Dunque per quest’ottica Frank Zappa tanto per dire è un cane in confronto a Madonna. E’ il risultato di un pessimo processo di trasformazione dei Media a partire dal berlusconismo, che ha dato spazio ad Alessandra Mussolini come cantante e così a Loredana Lecciso; ha permesso di far scrivere libri a Fabrizio Corona, gli ha fatto incidere dischi e partecipare a film. Ora, che le tette di Sabrina Salerno siano tuttora cosa magnifica a vedersi, al pari di quelle della figlia di Vittorio Nocenzi (Banco del Mutuo Soccorso), anche lei cantante, di quelle di Toyah Wilcox, moglie di Robert Fripp dei King Crimson, al pari del pisello di Fabrizio Corona in Videocrazy (a seconda dei gusti) è cosa innegabile. Ma cosa c’entra tutto ciò con i Van Der Graaf Generator? (A parte il fatto che Robert Fripp ha suonato in due loro album e in uno di Peter Hammill). Se uno va in edicola, oggi cimitero in festa 2 Novembre di Cairo Editore, trova in vendita uno accanto all’altro CD di Mia Martini, Pierre Boulez, John Coltrane, uno di Gigi D’Alessio e un altro di Ivana Spagna. Nel 2000 io presentai all’Accademia di Belle Arti di Brera uno spettacolo sinestetico come tesi. Il tema era il superamento dell’idea di multimedialità didascalica come oggi la si intende, ovvero con le arti che si sostengono vicendevolmente viaggiando nella stessa direzione. Il mio interesse era e rimane una compartecipazione astratta fatta di incontri, parallelismi, contrasti e veri e propri scontri a partire (in musica ad esempio) dall’organizzazione della polifonia negli arrangiamenti. In tutto ciò mi sono figurato un’interazione partecipe del pubblico con telecomandi a gestire le dinamiche del suono (da quelle elementari a quelle più complesse).  Musicalmente e in elaborati grafico-pittorici-plastici-fotografici, nonché con la messa in scena di uno psicodramma, la cosa fu fatta, ma ad oggi una cosa del genere richiederebbe un capitale importante e rimane depositata con copyright, nonostante Stefan Prins con “Generation Kill” ci si sia assai avvicinato e a modo suo, le idee sono nell’aria. In sintesi, oggi, TUTTO è potenzialmente “popolare”, ma il pop… è morto nella sua auto-referenzialità resa pantomima. La trap è nata in Italia già inglobata nel mainstream e i bimbi sono dei poveretti che nel cantare testi pieni di volgarità assortite tra le risate dei genitori, non sanno se essere schiavi del “sogno” di McDonald’s, di quello dell’All you can eat cino-giappo, o di Eataly. La mia musica è l’urlo di chi ha studiato, ha ascoltato e si è ascoltato, non ha smesso di cercare e di mettersi in discussione, facendosi molto spesso schifo. Sentendomi piccolo piccolo mi son fatto vampiro culturale che vive la spiritualità come unica forma di salvezza alla mercificazione del tutto, a partire dai corpi. E’ uno spreco sentire i trentenni definirsi “risolti”, ovvero “morti” una volta raggiunto uno status economico e qualche certezza che poi la vita ammazza, comunque. Il suono invece non abbandona mai. E’ qualcosa che attraversa ma non definisce, a discapito di quanto si racconta, perché la vibrazione si espande e ad ascoltare anche una canzonetta in un supermarket, su un treno, per cuffia, con un hi-fi, in metropolitana, la percezione dello stesso si stratifica a centinaia di altre vibrazioni in modo più o meno cosciente. Il suono non può risolversi in un vezzo, in un birignao a rendere “identità”. Io voglio vedere la mia testa esplodere su piedi ben fermi a terra, ma con una propensione oltre l’orizzonte. World, fusion, classico, contemporaneo, antico, rock, folk, primitivista, teatrante.. Questo disco è, ripeto, il disco di un interprete della sua anima e del suo corpo come risuonatore integrale e non di un vezzo fatto carattere vocale. Poi… vi piace il birignao della Vanoni? Ma per carità, diverte anche me e a chi mi dice: “sembri un miscuglio di tante cose”, rispondo “va bene fratello, zio, zia, quel diamine che ti pare, chiamami Legione ma sappi che non mi annoio”. La nuova leva su assoluto consenso di una critica che deve pure campare, intende l’interprete invece nel “vezzo”, che spesso si evince anche solo da un taglio di capelli o da un capezzolo, da una linguaccia, da una vulvodinia, da un’identità sessuale o finto politica, ma tutto questo… con la musica… che diamine c’entra?????? Nell’esamina dei brani si trova spesso appiglio solo ai testi e in una ridondanza di un presunto “disagio culturale” che io in zona Gae Aulenti, mi spiace, non colgo. Questa leva ride se ascolta la Galas o Mike Patton (che s’azzuffano tra di loro nel mentre), pronuncia e lo so da didatta: “ma perché arrivare a tanto?????” conscia di voler infine fare un mestiere come un altro, ma tale da portare un filo di adrenalina in più, una botta di autostima e soprattutto, molto più sesso.  Per carità eh… mica è poco, auguri. Qualche riferimento culturale?

Tento un elenco della spesa ultra approssimativo ma neanche troppo: Carmelo Bene, Diamanda Galas, Peter Hammill, Dead Can Dance, l’ultimo Scott Walker, il Tim Buckley di “Starsailor” e “Lorca”, Nico con John Cale, Lucio Battisti in “L’Apparenza”, Ligeti, Penderecki, Messiaen, Simon Steen-Andersen, Fausto Romitelli, gli Swans di “The Seer”, Stravinskij di “Roi des étoiles”, il “Concerto in Mi minore” di Zbigniew Preisner, le “War Sonatas” di Prokofiev, “Giuseppe Verdi Academy of Music” di Gaetano Liguori, il “Pierrot Lunaire” di Schönberg, l’ultimissimo Xenaxis, la “Passion Selon Marie” di Zad Moultaka, “Ascension” di Coltrane, “Hydros One” di Matthias Gustafsson, “Cat O’ Nine Tales” di John Zorn eseguito dal Kronos Quartet, il Bowie berlinese e quello di “Scary Monsters”, Albert Ayler, Tim Hecker, Milva che canta Piazzolla, Mina che canta “Il Pianto della Madonna” di Monteverdi, Nina Simone in “Wild Is the Wild”, Tenco e poi… mi va di dire Matteo Capogna in “L’Alchimista da Giovane”. In musica… poi senz’altro Pier Paolo Pasolini, Antonio Moresco in “Canti del Caos” e davvero mi fermo, perché potrei andare avanti per giorni.

 Hai collaborato con tanti artisti importanti nella tua carriera, in special modo su questo disco. Cosa ti porta a cercare proprio loro?

No… mica solo su questo disco e mica è detto che sia io a cercare loro e non il contrario per fortuna… che sfigato sarei! La fama purtroppo è misurabile e raramente corrisponde a valore artistico effettivo. Lo è in ascolti, in denaro guadagnato, in riconoscimenti. Vorrei parlare dei miei compagni di viaggio di una vita, quelli che suonano pere il piacere di farlo alla domenica e… al diavolo, lo faccio, citando i miei primi collaboratori: Fede Boezio, Teo Radice, Mario Laudato, Stefano Fantucci, Max e Maurizio Avrusci, Cosimo Lanzo, Adriano Turso, Agostino Aprile, Daniele Bisci. Poi ci sono stati Trey Gunn e Pat Mastelotto (King Crimson), Nick Turner (Hawkwind), Graham Clark (Gong), Dieter Moebius (Kluster), Dana Colley (Morphine), Ralph Carney (Tom Waits), Tony Pagliuca (Le Orme), Richard A. Ingram (Oceansize), Tania Giannouli, Burkhard Stangl (David Sylvian), Laura Catrani, Giorgio Tiboni, Elio Marchesini, Beppe Cacciola, Valerio Cosi, Attila Faravelli, Massimo Falascone, Seba De Gennaro (Calibro 35, Baustelle, Edda, Nada), Nicola Alesini, Mattias Gustaffson (Altar of Flies), Nate Wooley, Albert Kuvezin, OTHON (Current 93, Marc Almond), Elliott Sharp, Jonathan Mayer (Paul McCartney), Albert Kuvezin (Huun-Huur-Tu) Fabrizio Modonese Palumbo (Larsen), Ivan Cattaneo… Un saluto particolare a Raoul Moretti, Fabrizio Carriero, Luca Pissavini e Francesco Chiapperini, con una carriera in meritata, forte ascesa. Questi sono pochissimi nomi tra centinaia e nessuno di questi è presente nel disco appena pubblicato. Ad ogni modo… si collabora perché “ci si piace”. Si trovano delle vie comuni da percorrere, si ha coscienza di come oggi fare certo tipo di musica sia assai difficile e che se qualcuno ti invita in un disco per cui mette lui i soldi è occasione per divertirsi e tentare quel qualcosa di diverso che talvolta non è banalmente proprio possibile.

Se tu potessi scegliere un artista (italiano o internazionale) con cui duettare in un futuro disco, chi sceglieresti e perché?

Kit F Downes (all’organo a canne), perché so che ci divertiremmo da matti. Poi… mai spento il desiderio di lavorare con David Tibet e Peter Hammill.

 Cos’ha a che fare Claudio Milano con la letteratura italiana?

Ne è un consumatore non propriamente assiduo ma che torna costantemente su quello che ama. Passo davvero troppo tempo appresso alla musica e al teatro, come unica distrazione ho qualche birra nel weekend e la mia meditazione, ma per il resto “io non esisto” lontano dai miei canali di espressione, tranne quando ho bisogno di denaro e devo cercarmi un lavoro, magari a stretto contatto con la gente, sono un musico e drammaterapeuta, ma lavoro spesso anche come didatta. Passo dal fare un seminario in conservatorio al bidello in una primaria. Leggo molta poesia. Ho centinaia di libri di poeti noti e assolutamente sconosciuti, li consumo. Di scrittori e poeti italiani ho gran passione per Pasolini (sul quale ho scritto anche una sceneggiatura), Ungaretti (che ho cantato dal vivo con Nicola Alesini ma anche in questo disco con la complicità di Giulia Zamiboni ed Eugenioprimo Saragoni), Matteo Galiazzo, il prima citato Moresco, ma il mio amore grande è Ludovico Ariosto, sin da bambino “L’Orlando Furioso” è qualcosa di cui non riesco a fare a meno. Così come per la letteratura estera guai a togliermi T.S. Eliot (che mi fece studiare il Maestro Roberto Sanesi negli anni di studio all’Accademia di Belle Arti in Brera), Bertolt Brecht e Alan Bennett.

 Studi canto, l’hai studiato, oppure è un dono che alleni da solo e che sperimenti ad ogni nuova composizione?

La mia prima insegnante è stata mia mamma (Anna Caniglia, cugina assai meno fortunata della celebre Maria), soprano naturale. Ho iniziato poi a prender lezioni a 13 anni con la muta della voce, direttamente nel Conservatorio Paisiello di Taranto. Da bambino e ragazzino avevo una voce estremamente espressiva, ma con qualche difficoltà nel passaggio in aria (nonostante un mostruoso falsettone rinforzato che usavo per cantare i Matia Bazar e i Deep Purple). Approdato a Milano il mio primo grande Maestro nel senso vero del termine è stato Nino Tagliareni che ha migliorato con cura anche la mia formazione teatrale iniziata all’età di tre anni quando facevo avanspettacolo e mi ha avvicinato al canto barocco. Poi ho studiato Metodo Funzionale con Carola Caruso (che mi ha introdotto in modo assai disciplinato alla pratica dell’improvvisazione), ho studiato tecnica dei risuonatori portata all’eccesso, grazie ad Anna Garaffa, ex allieva di Grotowski. A quel punto la mia voce stava prendendo una precisa piega per la quale qualcuno mi ascoltò su Myspace e mi catapultò all’Omaggio a Demetrio Stratos dove seguii un seminario con Tran Quang Hai (ex maestro di Stratos) e con Albert Hera. Poi ho voluto implementare i miei studi di respirazione inversa e di tecniche yoga applicate al canto col maestro Abhishek Michele Budai. Da qui la passione per i subarmonici e per i suoni di flauto e di fischio (ma anche sibili), ovvero note al limite dell’emissione (o dell’udibile) sulle frequenze acute e quelle gravi.  Poi si, oltre a studiare anche in quanto cantante lirico con l’Orchestra Sinfonica di Milano, io cerco costantemente colori, soprattutto da quando la passione per il teatro voce per me è divenuta un’ossessione, dopo l’incontro con l’attore, cantante e drammaturgo Coucou Sèlavy e dopo anni passati appresso all’istrionica creatività di Marc Vincent Kalinka. Lui mi ha portato come compositore e interprete alla Prima Biennale di Mosca, alla Biennale di Venezia nel 2011 e prima ancora nella Repubblica Slovacca (2003), nientemeno che con un Amleto gestuale al quale diedi “la parola” in musica attraverso una suite per piccolo coro e ensemble contemporaneo.

 Com’è stato l’attuale incontro con la tua nuova casa discografica e perché ha deciso con fermezza di pubblicare un disco fisico?

Alessandro (Carletti Orsini) ha prodotto uno degli ultimi dischi di DeaЯ in cui io canto su testo di Cesare Pavese. Si chattava, è comparso Alessandro… il disco era quasi concluso… lui è uno dei pochi produttori di etichette indipendenti in Italia che si danno da fare senza porre limiti capricciosi ai musicisti con cui lavora… ed eccomi

 Contatti, progetti e dove ti si può trovare.

 Tutte le info su di me e i link dove acquistare/ascoltare l’ultimo album: https://www.musicforce.it/catalogo-produzioni/3048-claudio-milano-s-end-friends-la-bobina-di-tesla-manifestazioni-live-2011-2023

Nuovo album: https://www.rockit.it/claudio-milanos-end-friends-la/album/manifestazioni-live-2011-2023/63274

Tutti gli album e alcune collaborazioni a dischi altrui: https://claudiomilano.bandcamp.com/

Youtube (119 video): https://www.youtube.com/user/nichelodeonband 

Su Spotify trovate gli album:

“Il Gioco del Silenzio”

https://open.spotify.com/album/4SqgnR9vX2hLYWWUZiZSCF

“Ukiyoe – Mondi Fluttuanti”

https://open.spotify.com/album/7yDPmyI0YXCklYLa9S8tW3

“INCIDENTI – Lo Schianto”: https://open.spotify.com/album/1AXhcjowq7i3mznfnZGSZm

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