In blu-ray gli oscuri orrori made in Italy di McBetter e Il demone di Laplace

In collaborazione con Home Movies, Digitmovies rende disponibili su supporto blu-ray McBetter e Il demone di Laplace, due produzioni italiane a bassissimo costo completamente differenti tra loro, ma che consentono di lanciare uno sguardo ad un cinema ricco di idee e fantasia che, purtroppo, sembra essere costretto a vivere nella nicchia posta all’ombra dell’imponente circuito ufficiale delle sale, rappresentato in maniera esclusiva da lavori rassicuranti e da nomi legati per lo più alla commedia e alle fiction televisive.

McBetter, in realtà, alla commedia strizza l’occhio, in quanto è in maniera chiaramente non seriosa che il suo autore Mattia De Pascali inscena l’avventura del giovane ricercatore universitario Malcolm interpretato da Andrea Cananiello, il quale, caratterizzato da baffetti e grottesco taglio di capelli a caschetto, affiancato dalla fidanzata Melanie alias Serena Toma finisce per trovarsi contro il suocero Joe McBetter, ovvero Nik Manzi, attempato proprietario di una redditizia catena di fast food che non ha fiducia nell’idea propostagli al fine di rinnovare il mercato della ristorazione.

Ed è la villa di quest’ultimo a fare da sfondo alla circa ora e un quarto di visione dedicata allo scomparso Angelo Longo (doppiatore proprio nel film) e il cui maggiore punto di forza va riconosciuto nella capacità di intraprendere di volta in volta una diversa direzione.

Perché, se inizialmente si potrebbe pensare all’ennesimo derivato di Non aprite quella porta a base di violenti omicidi da slasher movie attuati da mangiatori di carne umana, l’evoluzione del tutto comincia a tirare in ballo la tipica situazione proto-Agatha Christie con piano diabolico orchestrato per accaparrarsi un’ingente eredità.

Mentre l’ironia, però, non risulta mai assente e i lodevoli effetti speciali a cura di David Bracci – con tanto di momento in cui abbiamo scarafaggi disgustosamente ingurgitati – svolgono il proprio fondamentale dovere al servizio di un’operazione accompagnata nella sezione extra da galleria fotografica, il videoclip Zhi Nu, il cortometraggio L’iniziazione, sedici minuti di making of, sei di intervista al regista (ma non la solita conversazione formale, vedere per credere) e diciotto di featurette riguardante gli special fx.

Di tutt’altra pasta è Il demone di Laplace, dal titolo che fa riferimento alle riflessioni del matematico francese che hanno finito per fornire lo spunto necessario al soggetto.

Un soggetto costruito su un’idea decisamente originale relativa ad otto ricercatori che, impegnati a sviluppare un sistema informatico che potrebbe prevedere gli eventi futuri, vengono invitati da un misterioso professore interessato ai loro studi nella sua lugubre e imponente abitazione sita su un’isola deserta.

Otto ricercatori comprendenti il Giordano Giulivi che firma anche la regia del lungometraggio e che, insieme ai suoi compagni di viaggio, è destinato a scoprire all’interno della casa un modellino della stessa in cui sono riposti altrettanti pedoni da scacchiera che sembrerebbero mostrare in tempo reale proprio i loro spostamenti.

Segnando l’inizio di un racconto in fotogrammi che, dichiaratamente ispirato sia al romanzo giallo Dieci piccoli indiani (riecco Agatha Christie), sia a Gli invasati di Robert Wise e al cinema di Alfred Hitchcock e di Val Lewton, trasuda influenze di taglio espressionista grazie alla scelta da parte di Giulivi di girarlo in bianco e nero.

Un racconto in fotogrammi che, efficacemente tempestato di contrasti forniti dalla fotografia di Ferdinando D’Urbano (anch’egli tra gli attori), si evolve lentamente privilegiando un’impostazione generale quasi teatrale e che richiama alla memoria, in un certo senso, le atmosfere da escape room.

Con l’unica intenzione di far aumentare la suspense nel condurre ad un inaspettato epilogo che non va assolutamente rivelato e contenuti speciali che, al di là di trailer e galleria fotografica, dispensano quasi tredici minuti di making of attraverso cui apprendere il grande lavoro di artigianalità svolto tra set virtuali e ristretti spazi di ripresa per mettere in piedi Il demone di Laplace, giustamente aggiudicatosi non pochi premi nei festival mondiali.   


Francesco Lomuscio