In home video gli horror indipendenti Blind e Lost in devil’s country

Blind e Lost in devil’s country sono i due nuovi titoli che testimoniano ulteriormente quanto l’etichetta Digitmovies presti notevole attenzione al panorama del cinema indipendente di genere.

Provenienti il primo dagli Stati Uniti e il secondo dall’Italia, infatti, i due lungometraggi sono ora disponibili su supporto dvd nel paese degli spaghetti, oltretutto accompagnati da qualche contenuto speciale.

 

Blind (2019)

In possesso dei connotati di Sarah French, Faye è una ex attrice che, perduta la vista in seguito ad un intervento chirurgico agli occhi con il laser, si ritrova a vivere da sola nella sua casa sulle colline di Hollywood, supportata dall’amica non vedente Sophia, ovvero la Caroline Williams – in questo caso anche produttrice esecutiva – che fu protagonista del secondo Non aprite quella porta. E, mentre comincia ad aprirsi a Luke alias Tyler Gallant, personal trainer muto che può comunicare esclusivamente attraverso il proprio cellulare, un misterioso individuo mascherato di nome Pretty Boy comincia a perseguitarla all’interno dell’abitazione.

Un individuo in stile Michael Myers della serie Halloween, dunque, che, complice ovviamente qualche vittima, trasporta dalle parti dello slasher movie oltre un’ora e venti di visione immersa quasi del tutto in cupi interni per evolversi tramite lenti ritmi di narrazione.

Oltre un’ora e venti di visione che il tedesco Marcel Walz – autore, tra l’altro, del dittico estremo Le petite mort e del remake del cult splatter Blood feast di Herschell Gordon Lewis – mette in piedi con i pochi mezzi a disposizione ricorrendo ad un’estetica accattivante, quasi da videoclip, tra dominanti bluastre dispensate dalla fotografia e lunghe sequenze musicate.

Fino all’epilogo (che non sveliamo) di un’operazione a basso costo che il portale The Hollywood Diggest pare abbia addirittura definito “un capolavoro horror” e che viene in questo caso proposta con una sezione extra comprendente un video musicale, il commento audio, circa dieci minuti di scene tagliate, quasi diciotto di making of e due trailer (italiano e originale).

 

Lost in devil’s country (2022)

Nell’inverno del 1982 la tranquilla cittadina di Sant’Andrea è sconvolta da una sanguinosa rapina presso le Poste Centrali i cui colpevoli, in fuga perché braccati dalla polizia, vanno a rifugiarsi all’interno di una villa disabitata e sperduta nelle campagne circostanti.

Da qui il regista Matteo Corazza – proveniente dall’universo dei cortometraggi e dal collettivo P.O.E. – Poetry of eerie – si riallaccia quindi all’intramontabile filone delle dimore maledette tirando in ballo nell’apparentemente abbandonata costruzione una presenza che, proveniente dal passato, è pronta a risvegliarsi in seguito alla profanazione di un vecchio segreto.

Perché, con un duplice omicidio risalente a vent’anni addietro, è proprio tra passato e futuro che orchestra la quasi ora e cinquanta di visione, di cui è anche protagonista insieme a Iman Piccolo, Giuliano Velliscig, Mattia Palleva, Andrea Gallo, Antonino Bernardini, Leonardo Rivas, Luigi Schiabello, Elisa Durizzotto e Loris Vedovato.

Attori per lo più giovani sfoggianti prove piuttosto convincenti (aspetto decisamente da non sottovalutare in una produzione tutt’altro che ricca) nell’immergersi in una vicenda destinata ad addentrarsi in territorio horror soprattutto nel corso della sua seconda parte, quando comincia a tirare in ballo visioni collocabili tra lo spettrale e lo zombesco.

Una vicenda destinata ad approdare ad una tragica conclusione dopo che, senza risparmiare suspense, azione e colpi di scena, ha provveduto a costruirsi tra realtà sensoriali e deliri psicologici.

Con la risultante di un prodotto girato professionalmente e corredato nel disco di trailer, galleria fotografica e sei minuti di dietro le quinte.

 

Francesco Lomuscio