Intervista a Maria Bellini, autrice del libro autobiografico “Tutto il mio infinito amore” edito da Phasar Edizioni

In libreria è disponibile il nuovo romanzo della scrittrice Maria Bellini, che racconta la storia di Mary e Jack, una madre e un figlio che da soli si avvicendano contro le avversità della vita. Jack è affetto da tetraparesi e da gravi problemi respiratori. Da qui un racconto vero ed emozionante sulla vita di una giovane madre in balìa di eventi e terapie. Un racconto crudo che sulla scia dell’autobiografia racconta la vera storia di una madre che ama senza limiti.

 

Quando e come è nata l’idea di raccontare la tua storia attraverso un libro autobiografico?
Diciamo che ho sempre messo nero su bianco le mie emozioni, l’idea di far conoscere una parte del mio vissuto è nata in parte per sensibilizzare, in parte per aiutare le mamme che come me, stanno affrontando questa situazione o si sono trovate ad affrontare una situazione di disabilità da sole.
Chi ha vissuto esperienze come la mia sa bene che La disabilità non è solo sofferenza, ma è anche una lezione d’amore, Amore con la A maiuscola. E dopo un percorso di accettazione doveroso, la si può guardare con un’altra prospettiva. La realizzazione del mio libro è nata dall’incontro con Daniela Montanari, che mi ha aiutato a trovare la chiave giusta per scrivere. “Scrivi scrivi un cosa bella parti da li” mi ripeteva e iniziando a raccontare dal primo momento che il mio sguardo ha incontrato quello di Paolo non mi sono più fermata.

Quanto è difficile sensibilizzare oggi giorno le persone che non vivono con parenti affetti da patologie invalidanti? In che modo è possibile farlo?

Difficilissimo, ci chiamano gli invisibili, perché nessuno ti vede o comprende davvero fino in fondo quello che viviamo tra le mura di casa. Ci chiamano anche supereroi perché solo il pensiero di vivere o di trovarsi nella situazione in cui siamo noi, immagino faccia rabbrividire molti e posso comprendere il perché. Per la mia esperienza anche chi davo per scontato ci sarebbe stato, o non mi ha sostenuto o non ha retto la situazione . In quest’epoca social sto provando attraverso le pagine della nostra associazione jackgliocchidellasperanza a sensibilizzare e mostrare alcuni momenti della nostra quotidianità. Un’altra cosa che sto cercando di fare è sensibilizzare le istituzioni ( cosa impossibile ) , ma non mollo. Jack non ha una scuola, non esiste un posto nel mondo per lui senza di noi. Ci chiamano caregiver, ma il nostro lavoro non è riconosciuto con stipendio, contributi e tutto quello che dovrebbe essere un diritto anche per noi.

Nessuno vi aiuta?

Non abbiamo aiuti di nessun genere e anche mio marito ha dovuto lasciare il lavoro per non lasciarmi gestire la situazione da sola. Pensare che dopo 9 anni che paghiamo affitto regolarmente il proprietario di casa ci ha dato anche lo sfratto perché vuole trasformare il suo appartamento in casa vacanze. Pur conoscendo la situazione e la difficoltà che si ha nel trovare la casa giusta, tutta su un piano senza barriere architettoniche, ci ha dato il ben servito. E anche qui con il comune di Desenzano del Garda stiamo chiedendo aiuto per una casa idonea, ma pur facendo bandi su bandi, le case idonee per noi non ci sono . Spero di non perdere la forza di lottare perché è davvero dura continuare a sperperare energie per sensibilizzare persone e istituzioni.

Nel tuo testo si evince una forte pressione sociale: “a quando un matrimonio? Quando metterai al mondo un figlio?” Questa situazione perdura ancora oggi? Come è possibile secondo te cambiarla?

Diciamo che sempre a parer mio se ti insegnano ad avere un buon lavoro, una famiglia e dei figli per sentirti appagato uno farà di tutto per ottenere questi obiettivi, ma se ti insegnano come prima cosa ad essere felice e avere rispetto di te e delle tue volontà allora il raggiungere gli obiettivi prende una piega diversa e raggiungerli diventerà un piacere e non un dovere.
-Come hanno accolto amici e familiari l’idea di essere inseriti in un romanzo?
Quando ti trovi a raccontare un qualcosa di personale e a raccontarlo da un unico punto di vista può essere che in certi momenti qualcuno sia stato felice e qualcuno un po’ meno. Ho avuto paura di scrivere alcune verità anche se sono stata delicata nel farlo proprio per non ferire nessuno, dall’altra parte sono stata tanto emozionata di gratificare chi meritava. Così facendo ho ricevuto sia entusiasmo che dispiacere da chi leggendo si è sentito coinvolto.
-Qual è la prima persona che ha letto il testo e cosa ti ha detto?
Mio marito a parte perché prima di pubblicarlo l’abbiamo letto insieme non so quante volte 🙂
La prima persona a leggere il libro è stata Charlotte una mia cara amica. Mi ha detto che è stato incredibile leggere un libro di una persona che conosceva e scoprire nel profondo i suoi sentimenti, le emozioni provate in determinati momenti. Mi ha ripetuto più e più volte che è un libro importante per tutti noi, che le ha dato un sacco di momenti per riflettere su varie tematiche e che mi era profondamente grata.

Nel tuo testo, Mary, ovvero te stessa, aveva perso di vista il concetto dell’essere donna. Quanto è facile perdere di vista la propria femminilità dinanzi agli eventi che la vita ci pone dinanzi? Come hai recuperato “il tuo essere donna?”
Giorno dopo giorno, stavo perdendo la voglia e l’entusiasmo dei miei 30 anni, avevo perso il lavoro, una vita sociale, giorno dopo giorno mi stavo sempre chiudendo di più in me stessa. Poi ho capito che in così facendo non avrei potuto passare a Jack la voglia di vivere e di rimanere con me .
Dovevo trovare il modo di prendere energie per poi donarle a lui e sono partita con il ritrovare me stessa come donna , la mia femminilità e mostrarla nonostante fossi la mamma di un bambino disabile e nonostante il mio ex marito nonché padre del bambino mi avesse lasciata.
Mi sono detta che potevo darmi un’altra possibilità nonostante tutto e cosi ho fatto.

Com’è nata l’idea dell’associazione jackgliocchidellasperanza? Perché l’associazione ha questo nome?
L’associazione è nata per aiutare Jack nel suo percorso fisioterapico e medico. Parenti e amici hanno deciso di dare supporto e così abbiamo iniziato ad organizzare banchetti di beneficenza , pranzi sociali, partite di pallone e concerti per raccogliere fondi per pagare fisioterapie motorie, respiratorie, logopedia, visite mediche specifiche, ausili per la postura, seggiolino auto, tutto quello che lui necessita nella quotidianità. E oggi si è aggiunto anche il mio Libro a dare sostegno.
Il nome dell’associazione è stato scelto perché Jack ha due occhi azzurri meravigliosi che brillano di una luce che infonde tanta speranza . Se fossimo riusciti a portare avanti la causa contro l’ospedale per il danno al parto subito a quest’ora non avremmo dovuto mettere in piazza la nostra vita per farci conoscere e avere sostegno, ma anche qui abbiamo dovuto rimboccarci le maniche e darci da fare.

Come vive Dylan la disabilità di suo fratello?
Dylan ora che ha 9 anni e comprende le difficolta che vive Jack e noi come famiglia inizia a fare domande , “mamma perché Jack è nato così?” “mamma ho paura diventi una stella” “ mamma a me dispiace non poter giocare con lui come fanno gli altri miei amici con i loro fratelli”, è preoccupato e dispiaciuto, ma allo stesso tempo vivendo circondato dall’amore è cresciuto con quella dolcezza e sensibilità che sono rare da trovare oggi. Ha una vita limitata, non siamo liberi di andare e fare come fanno le altre famiglie dei suoi amici , abbiamo sempre dei compromessi con i quali fare i conti e a questi compromessi ci è dovuto scendere anche lui. Abbiamo provato a fare le cose separate, anzi la maggior parte delle volte questo è stato uno dei nostri compromessi, per far vivere a Dylan esperienze che non avrebbe vissuto con suo fratello , ma essendo soli e senza aiuti non è semplice, anche perché Dylan manifesta il desiderio di averci entrambi.
Dylan inoltre, condividendo la stanza con suo fratello è costretto a vivere come noi con macchinari che suonano ogni momento notte e giorno. Per questo nella ricerca della casa stiamo cercando di dargli una stanza in più, questo è un altro obiettivo che ci stiamo dando per non fargli pesare la situazione .

Cosa consiglieresti a chi dinanzi ad un figlio, un fratello, un semplice parente, affetto da una qualsivoglia patologia o disabilità, non sa come comportarsi?
Di comportarsi in modo naturale, non forzato, normale. Di parlargli, raccontargli, tenere loro la mano fargli sentire la vicinanza entrando nei loro mondi con delicatezza.
Di dare loro presenza di andarli a trovare, di viverli il più possibile perché avranno molto in cambio, ma solo se si connettono con il cuore. Non devono farlo per dovere, sforzati o con la pesantezza d’animo perché loro lo sentono , sentono molto più di noi.

Conti di scrivere qualcos’altro in futuro? Se sì cosa?
Scrivere ha sempre fatto parte di me e continuerò a farlo. Stavo pensando ad un racconto per bambini e ragazzi, magari nutrendo quell’inclusione di cui tanto si parla, ma che poi nei fatti chissà se viene davvero vissuta e nutrita.