Lady Cobra – Una killer in blues: un esordio tra dramma psicologico e cinema di genere

Fabio Giovinazzo esordisce nella regia di un lungometraggio dirigendo Lady Cobra – Una killer in blues.

Un film dall’approccio teatrale che vede come protagonista una donna che vende fiori davanti al cimitero interpretata da Nicoletta Tanghéri e che all’interno del camposanto, però, riceve incarichi per commettere degli omicidi.

Donna che sembra avere un passato legato ai servizi segreti o, comunque, in ambito militare. Non è un caso che venga ingaggiata anche da un politico di alto livello portato in scena da Andrea Benfante e dalla dialettica molto peculiare, il quale anche per fisionomia richiama alla mente i connotati di un Andreotti prima maniera. La killer deve il suo nome di battaglia alla sua meravigliosa vettura: una Shelby Cobra sui cui sedili ascolta gli incarichi che le vengono proposti, non rinunciando mai ad indossare capi in rosa. Tra le richieste anche quelle di una prostituta innamorata e tradita dalla sua compagna, che esige una vendetta esiziale e possiede le fattezze di Anna Giarrocco. La protagonista nel frattempo vive un dramma sentimentale che la logora nel profondo: un uomo di cui è ancora innamorata la respinge, facendola naufragare nella disperazione. In un gioco perverso in bilico tra follia e lucidità ricerca spettacoli teatrali visionari e orrorifici in giro per la città. Tutto questo la spinge a reagire contro ingiustizie e depravazioni. Per quanto concerne queste ultime risulta emblematica l’esecuzione di un prete pedofilo.

Lady Cobra – Una killer in blues è un film in cui il regista Fabio Giovinazzo non lesina riferimenti al cinema di genere. Sospeso tra noir a tratti visionario con venature horror, riesce con efficacia anche a proporre un dramma psicologico molto profondo, in cui è costante e fondamentale il confronto con la morte. Si ha l’impressione che il suo meglio lo dia proprio attraverso immagini ipnotiche e oniriche che scandagliano a dovere i luoghi più inesplorati e disturbati della mente. Da qui si trae la percezione delle influenze di David Lynch e Alejandro Jodorowsky. Molto inquietante è l’incontro tra la killer e un uomo misterioso e oscuro, con gli occhi completamente neri, incarnato da Raffaele Casagrande, che le parla e le è a fianco mentre lei si esercita con la sua inseparabile Smith & Wesson, proprio prima dell’uccisione del parroco.

Una menzione speciale per un committente davvero particolare: un uomo molto anziano che vuol farla finita e che chiede alla nostra di porre fine alla sua esistenza. Queste sequenze toccano corde molto sensibili, tanto più che l’attore che presta il volto e il carisma all’uomo è il compianto critico cinematografico Adriano Aprà, scomparso proprio di recente. Infine, come si può evincere anche dal titolo, il film ha una colonna sonora blues composta da Joe Valeriano e Silvia Tavascia che riesce ad esprimere un mood malinconico nelle riprese all’interno del cimitero e più thrilling nelle derive visionarie. Coadiuvate da una fotografia molto peculiare, a tratti fumettistica, coerente con la messa in scena e firmata da Andrea Bertero.

 

 

Fabrizio Battisti