L’anno che verrà: un film per il ministro Azzolina

L’anno che verrà (ma il titolo originale recita La vie scolaire) è la “classica” commedia agrodolce in salsa francese dedicata alla scuola.

Se i nostalgici de Il tempo delle mele cercano un confronto, resteranno delusi, in quanto qui ci troviamo di fronte ad un solido lungometraggio girato a quattro mani da Mehdi Idir e Grand Corps Malade (poeta e cantante il cui vero nome è Fabien Marsaud) il cui tema è quello delle periferie francesi e delle scuole di sostegno per studenti disagiati da problemi sociali o economici.

Un tema molto caro al cinema d’oltrealpe, che affronta qui anche il problema multiculturale all’interno delle banlieu francesi, il difficile rapporto tra professori e alunni; ma lo fa in modo intelligente e, a tratti, politicamente scorretto, prendendo in giro quel razzismo esagerato che ora pervade il mondo e che i ragazzi di origine araba o, comunque, di colore dissacrano sbeffeggiandosi. E così “Sporco negro non rompere” e “Ma tu che lavori per l’Isis falla finita” fanno parte del linguaggio de L’anno che verrà in modo, in realtà, divertente.

Opera seconda per i due citati registi, però, si rivela meno brillante del loro film d’esordio Patients. Alla fine tutti i cliché del prodotto d’ambientazione scolastica vengono mantenuti, che si tratti di una classe di un college americano o degli italici ragazzi della 3C, troviamo sempre una serie di caratteri divertenti, storie difficili ben affrontate, altre meno. Ma il lungometraggio non aggiunge nulla di nuovo.

Tuttavia, soprattutto nella prima parte, e grazie anche alla bravura di tantissimi nuovi attori che, forse, tra qualche anno prenderanno il posto di vecchie glorie francesi, il film scorre con protagonista il turbolento Yanis o la bella vicepreside che lotta per dare a tutti una possibilità.

Pur virando su temi classici, dai problemi comuni di Yanis e la vicepreside che si incontrano al carcere di Saint Denis, il primo per visitare il padre, la seconda per un pessimo fidanzato, tutto fila liscio e il sistema scolastico che sembra non funzionare, in realtà, a modo suo funziona e lascia aperta una speranza al futuro.

Lo si potrebbe dedicare all’attuale ministra della pubblica istruzione, perchè, se nel film ci viene mostrata una periferia di una città francese ricca di problemi e palazzoni, l’edificio scolastico è a dir poco impeccabile, con splendide aule e mense. Qualcosa di molto lontano dai migliori licei della capitale italiana, dove studenti tutt’altro che disagiati si devono districare in un ambiente fatiscente.

Ultima nota, molto positiva: l’aver evitato di indugiare su temi troppo abusati come la droga, mostrando in una sequenza (una delle migliori de L’anno che verrà) il parallelo tra la festa tra professori e quella degli studenti, che, ad un certo punto, si fondono nelle immagini e mostrano che tutti vogliono divertirsi, bere, fare sesso e sballarsi.

 

 

Roberto Leofrigio