Simon Cole: il panico, il suono della sua salvezza

Dentro le pieghe di un documentario rintracciamo tutti i tasselli di un lavoro così intimo e privato… ma anche così pubblico e comune. Nel suono metropolitano in bilico tra rap e indie pop digitale, Simon Cole sforna un Ep manifesto dal titolo didascalico e potente: “Panico Ep”. Indaghiamo la sua bellezza, indaghiamo le radici di come un suono e una lirica possano essere frutto e raccolto di vita… di coma poi diventino anche la soluzione…

Noi parliamo sempre prima di tutto della bellezza. Per te cos’è davvero la bellezza?
Definire cosa sia per me la bellezza richiederebbe ben più del tempo che abbiamo a disposizione. Trovo la bellezza in tante cose, nel vedere qualcuno che amo sorridere, nel corpo di una donna, nel vedere realizzato qualcosa su cui ho lavorato per molto tempo e molto altro.

La bellezza può trovarsi anche dentro il buio di certe patologie?
Non credo, non per me almeno. Però dall’interno si può scorgere la bellezza che sta fuori e che diventa una ragione in più per lottare e cercare di uscire dall’oscurità. Se ci si abitua a stare al buio si rischia di dimenticare la bellezza della luce e di ciò che illumina.

Penso che questo Ep sia il frutto di una luce dopo tanto buio… o sbaglio?
È vero, questo EP è nato nel momento più oscuro che io abbia mai vissuto. Lavorando a questo progetto ho cercato passo dopo passo di trovare la mia luce, la mia via di fuga dal buio. Sono felice di esserci riuscito ma non posso nascondere che questo tipo di oscurità sia più complessa di quello che sembra e basta davvero poco per ritrovarsi di nuovo avvolti e dispersi in essa. Anche se si tradurrà in scelte difficili, rinunce e sacrifici ho scelto di vivere nella luce e lotterò ogni giorno per riuscirci.

E che suono hai scelto di dare alla bellezza?
Non ho ancora dato un suono alla bellezza, questo EP parla di un frammento di esistenza in cui la bellezza non è presente e anzi è più lontana che mai.