Stasera in tv Mimì metallurgico ferito nell’onore di Lina Wertmüller

Stasera in tv su Cine34 alle 23,15 Mimì metallurgico ferito nell’onore, un film del 1972, scritto e diretto da Lina Wertmüller, presentato in concorso al 25º Festival di Cannes. Prodotto da Daniele Senatore e Romano Cardarelli, scritto e sceneggiato da Lina Wertmüller, con la fotografia di Dario Di Palma, il montaggio di Franco Fraticelli, le scenografie di Amedeo Fago e le musiche di Piero Piccioni, Mimì metallurgico ferito nell’onore è interpretato da Giancarlo Giannini, Mariangela Melato, Turi Ferro, Agostina Belli, Elena Fiore, Luigi Diberti, Tuccio Musumeci, Gianfranco Barra. David di Donatello a Giancarlo Giannini per il miglior attore e David speciale a Mariangela Melato, due Nastri d’Argento (Mariangela Melato, Giancarlo Giannini), due Globi d’oro (Giancarlo Giannini, Mariangela Melato) e una Grolla d’oro a Giancarlo Giannini.

Trama
Mimì Mardocheo, emigra a Torino da Catania. Qui deve sottostare al “racket delle braccia” per poter lavorare. Si accorge così che le famiglie mafiose controllano ogni livello produttivo anche al Nord. Rispedito in Sicilia, resta coinvolto in un delitto d’onore.

“Lina Wertmüller agguanta il grande successo cinematografico nel 1972 (dopo un debutto felliniano con i I basilischi nel 1963, il Gian Burrasca televisivo, i musicarelli con Rita Pavone e un western realizzato sotto pseudonimo maschile e anglofono), rinfrescando con un tocco estremamente personale i caratteri e i toni della commedia all’italiana e lanciando l’inedita coppia Giancarlo Giannini-Mariangela Melato che ricomporrà negli altri due capitoli di una trilogia ideale: Film d’amore e d’anarchia: ovvero “Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza…” (1973) e Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di agosto (1974).

Curiosamente imparentato, nella tematica del ‘richiamo del sangue’, a Mafioso di Alberto Lattuada (1962), il film si sviluppa nel segno dell’eccesso e della ridondanza, di quel grottesco portato alle estreme conseguenze che caratterizzerà buona parte del cinema della regista romana. È un’esuberanza stilistica e linguistica che mescola impunemente generi e sottogeneri ‒ dall’opera lirica al mélo, dal cinema politico alla sceneggiata ‒ in un crogiuolo che stravolge i confini beffandosi delle convenzioni. La scelta dell’eccesso provocatorio si esplicita anche nel tratto caricaturale dei personaggi: dal trucco ‘chapliniano’ di Mimì alle figure mostruose di contorno che preparano una delle scene cult del film (l’accoppiamento bestiale fra Mimì e una straripante Elena Fiore), fino alla moltiplicazione di Turi Ferro nei panni dei tanti ‘cattivi’.

Tale esuberanza stilistica qui è usata per annodare tra loro i fili tematici, non necessariamente ‒ come la miglior commedia all’italiana insegna ‒ contrassegnati dalla leggerezza. Veniamo calati infatti, soprattutto nella parte ambientata a Torino, in un clima tipico di quel cinema politico che solo l’anno precedente aveva prodotto La classe operaia va in Paradiso di Elio Petri. Il Mimì che vota per i comunisti, ed è costretto all’emigrazione nel nebbioso pianeta ostile e sconosciuto del Nord, esprime nella sua drammaturgia caricaturale la presa di coscienza di un picciotto qualunque che inizia a scoprire con stupefazione infantile l’altra faccia della società. Ma Wertmüller gioca la carta dello spiazzamento, capovolgendo la visuale e rispedendo Mimì in quel Sud dal quale si era affrancato. Tuffandolo in un gorgo primordiale che lo trascinerà a fondo e portando contemporaneamente a galla la sua quintessenza di puro meridionale: geloso e violento, possessivo ed eccessivo”.
(Andrea Maioli, Enciclopedia del Cinema, 2004)

 

 

Luca Biscontini