The Holdovers – Lezioni di vita: il dramedy natalizio e rievocativo di Alexander Payne

Desideroso di guadagnare nuovi applausi, agguantando l’Oscar come miglior regista sfuggitogli più volte, l’esperto Alexander Payne torna dietro la macchina da presa con il dramedy The Holdovers – Lezioni di vita.

La scelta di avvalersi ancora del versatile Paul Giamatti, a quasi vent’anni di distanza da Sideways – In viaggio con Jack, gli consente di riuscire ad appaiare la densa scrittura per immagini insieme all’applaudito spettacolo della recitazione.

Uno show di secondo piano rispetto alle soluzioni espressive escogitate per rievocare e approfondire l’atmosfera natalizia del lontano 1970, quando la guerra del Vietnam presentava un conto salatissimo allo zio Sam reo di anteporre il simbolo facinoroso dell’alloro a qualsivoglia ramoscello d’ulivo, ma pur sempre capace di fare breccia nel pubblico dai gusti semplici. Sedotto dal noto gioco fisionomico del consumato mattatore, con il solito repertorio di occhiate ora diffusamente sarcastiche ora simpaticamente luciferine lanciate a ogni piè sospinto, nel ruolo dell’intransigente professore di lettere classiche Paul Hunham. Deciso a utilizzare il bastone del comando senza scendere a compromessi con gli accidiosi e insolenti figli di papà raccomandatigli dall’avido preside a caccia di finanziamenti. I titoli di testa in chiave retrò, i paesaggi innevati del New England, la cura dei particolari richiamano subito alla mente da una parte L’attimo fuggente di Peter Weir e dall’altra Il club degli imperatori di Michael Hoffman. Lo scopo prefisso non consiste però nell’offrire un cordiale intrattenimento ai cinefili attratti dai rimandi citazionistici, impliciti ed espliciti, bensì nell’esortare le medesime platee d’intenditori a riflettere sia ironicamente sia amaramente sul rapporto tra docenti cocciuti e discenti ribelli in un periodo storico contrassegnato dall’accesa contestazione giovanile.

Il carrello laterale, da destra a sinistra, nella sala pranzo della Bart Academy risulta privo di brio ed estro. Persuadono maggiormente i reiterati zoom a schiaffo. Meritevoli di conferire l’opportuna forza significante al quadro d’incomunicabilità e agitazione che attanaglia l’istituto educativo. Divenuto semivuoto con l’avvento della festa comandata per antonomasia. L’insolito terzetto familiare costituito dal severo guru, dall’irrequieto diciassettenne Angus Tully, scaricato dalla madre in viaggio di nozze con il secondo marito, e dall’affabile capo-cuoca di colore Mary Lamb, in lutto per la morte del figlio sotto le armi, permette di stabilire, palmo a palmo, un clima d’inopinata fiducia. Il ricorso ad alcune riprese sbilenche vorrebbe poi aggiungere alla mitragliata di battute al vetriolo, frammiste ai momenti d’imbarazzo dell’uomo di mezza età condannato alla solitudine, l’osservazione acuta ed eccentrica dell’autore avvezzo a scandagliare le alienanti angosce celate dalle varianti umoristiche. Che comunque stentano ad assicurare uno spasso ininterrotto. L’affioramento del dolore, trattenuto a lungo dalla dura scorza di Mary Lamb, conduce la trama nei binari degli scontati mélo psicologici. Alieni alle pieghe malincomiche.

Smarrito lo smalto dei bei tempi, con cui seppe scavare nel volto di ciascun personaggio mantenendo ben salda l’illusione dell’avventura eletta ad antidoto contro l’angoscia dell’esilio, Payne pesca nell’ovvio. Quantunque in zona Cesarini il valore d’una robusta e schietta stretta di mano dia il benservito alla perenne tentazione dell’enfasi di maniera dal sapore buonista, scongiurata altresì dall’ultimo sberleffo ai danni degli adulti a corto di comprensione per le giovani leve in difficoltà, i punti di grazia dei capolavori agrodolci latitano. Rimangono all’attivo la destrezza della sorprendente Da’Vine Jay Randolph nei panni della rubiconda ed energica Mary Lamb, che elabora il lutto della perdita dispensando sacrosante punture di spillo, e gli sporadici ed eloquenti silenzi. Inadatti, nondimeno, ad addentrarsi nel guazzabuglio d’invettive disseminate dapprincipio a spron battuto e di facondia dialogica al servizio della rediviva solidarietà. The Holdovers – Lezioni di vita fatica quindi ad amalgamare l’intento didattico all’effetto derisorio finendo col privilegiare lo stato esistenziale dell’ennesima operazione nostalgica. Largamente risaputa.

 

 

Massimiliano Serriello