Stasera in tv Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti

Stasera in tv su Rai Storia alle 21,10 Rocco e i suoi fratelli, un film del 1960 diretto da Luchino Visconti e ispirato al romanzo Il ponte della Ghisolfa di Giovanni Testori. Il titolo del film è una combinazione tra l’opera Giuseppe e i suoi fratelli di Thomas Mann e il nome di Rocco Scotellaro, poeta che descriveva le condizioni dei contadini meridionali e di cui Visconti era un grande estimatore. I cinque fratelli vengono presentati, durante la narrazione, in abbinamento alle cinque dita della mano, di cui Rocco rappresenta il dito medio. Sceneggiatura di Suso Cecchi D’Amico, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, Enrico Medioli e Luchino Visconti, fotografia di Giuseppe Rotunno, montaggio di Mario Serandrei, scenografie di Mario Garbuglia e musiche del grande Nino Rota. Con Alain Delon, Renato Salvatori, Annie Girardot, Roger Hanin, Katina Paxinou, Nino Castelnuovo, Corrado Pani, Claudia Cardinale.

Trama
La famiglia Parondi è arrivata dal Sud a Milano, dove vive in misere condizioni. Dei quattro fratelli, Rocco cerca fortuna nella boxe, ma il suo desiderio è quello di tornare al paese. Simone, travolto dalla passione per una giovane prostituta, Nadia, che in un secondo momento gli preferisce proprio Rocco, la uccide. Finirà in galera nonostante il tentativo dei familiari (escluso, Ciro, un altro fratello) di proteggerlo.

“Visconti con questo film sembra aver voluto illustrare il dramma dell’emigrazione interna italiana. In che cosa consiste questo dramma? Brevemente, è lo stesso dramma degli emigrati italiani a New York o a Buenos Aires. L’ambiente sociale, religioso e culturale, assai fragile e decrepito, dei paesi d’origine non resiste al trapianto e va in polvere, e l’emigrante si trova nudo e indifeso in un mondo del tutto straniero. […] Ma è poi veramente questo l’argomento del film di Visconti? Secondo noi, invece, il dramma dell’emigrazione è rimasto nell’ombra. Per esempio, la sconfitta e il disfacimento morale di Simone appaiono nel film come un fatto piuttosto individuale che sociale, ossia Simone è debole perché è debole e non perché è emigrato. Né Visconti ha illustrato le difficoltà che possono incontrare quattro meridionali nella ricerca di un lavoro a Milano. […] L’argomento vero del film sono invece i rapporti affettivi d’una famiglia meridionale e comunque italiana. Visconti, questi rapporti, li sente profondamente, con quasi dolorosa intensità; la rivalità di mestiere e d’amore dei due fratelli è così il perno di tutta la vicenda in quanto consente al regista di mostrare, controluce, tutta la complessità e la delicatezza del sentimento che lega Rocco a Simone e agli altri fratelli. […] Visconti ha girato il film con maestria; Rocco e i suoi fratelli è senza dubbio il suo miglior film dopo La terra trema. Forte, diretto e brutale benché a momenti un poco freddo, il film rispecchia fedelmente nelle sue compiacenze di crudeltà e nella sua minuzia descrittiva le due componenti del singolare talento del regista: quella decadentistica e quella sociale. Tra gli interpreti i due migliori sono senza dubbio Renato Salvatori, un Simone di grande efficacia anche se un poco risaputo, e Alain Delon, un Rocco originale e delicato. Spiros Focas e Max Cartier sono bravi quanto basta in due personaggi appena abbozzati. Annie Girardot è una Nadia molto espressiva, Ratina Paxinou una madre di forte rilievo. Tra gli altri interpreti bisogna ricordare soprattutto Paolo Stoppa, Claudia Cardinale, Corrado Pani, Adriana Asti, Claudia Mori”.
(Alberto Moravia)

“Ancora una volta Visconti racconta il fallimento dell’uomo; con maggiore approfondimento ideologico delle ragioni e delle cause, con la chiarezza della maturazione. Ma l’avventura della famiglia Parondi è la fine di una rivolta e di una speranza sbagliata; è la fine terribile di una concezione arretrata di una civiltà contadina, intesa su basi errate. Il fallimento è sia di Rocco sia di Simone; sia del buono che del cattivo, perché entrambi chiusi alla vita. Rocco e i suoi fratelli è, naturalmente, anche la storia di Vincenzo, di Luca e di Ciro, e soprattutto per quest’ultimo, è la storia positiva di una presa di coscienza, di una acquistata fiducia nella evoluzione, e nella società. Ciro è il personaggio nuovo, l’uomo che supera il fallimento perché esce dalla concezione tribale, affrontando la nuova realtà maturando giorno per giorno, rompendo gli schemi di un’educazione sbagliata e affrontando l’incomprensione dei suoi. Gli interessi di Visconti sono per Rocco, il personaggio ‘gentile’, che ama, soffre, capisce il dolore e la paura degli altri, ma diviene causa della loro rovina. Per amore Rocco abbandona Nadia; per amore non denuncia il fratello; per amore si sentirebbe di addossarsi le colpe degli altri, pur di salvare l’unità familiare. Insomma Rocco è personaggio negativo proprio perché personaggio gentile – e come scrive Brecht, “noi che abbiamo voluto sulla terra edificare la gentilezza, non potemmo esser gentili”. Ciro è il suo opposto, costruisce la sua esistenza ponendosi contro ogni romanticismo, ha la durezza del ragionamento, la logica, in fondo sgradevole, di un ‘eroe positivo’. Nel mondo di Visconti non c’è posto per gli eroi positivi. I suoi personaggi non costruiscono, non hanno la forza di opporsi alla condizione della disperazione; sono vittime coscienti o no della realtà della propria epoca. Sono il vagabondo di Ossessione o il pescatore vinto de La terra trema o il bel traditore di Senso; sono i relitti di un’epoca che non sa sopravvivere, sono coloro che ormai non fanno più storia”.
(Edoardo Bruno)

 

 

Luca Biscontini