Tenebra: l’oscuro viaggio di Anto nella mente dell’Orco

“La Vita è solo Sofferenza. L’Orco Buio è dappertutto. Il Male è dappertutto”

L’Italia, col suo cinema indipendente, non finisce mai di sorprendermi. Ogni giorno scopro nuovi esperimenti filmici, nuovi prodotti giovani, film, documentari, cortometraggi, che rivelano un sottobosco vivo e palpitante della scena indie del Bel Paese, in barba a coloro che si incaponiscono nel voler affermare che nel genere in Italia siano rimasti solo rami secchi da tagliare. Nulla di più sbagliato. Ed infatti oggi voglio parlarvi di un piccolo film girato a Lecce, Tenebra, classe 2022, di un regista che sinceramente non conoscevo, Anto, che ha certamente molti limiti, ma ha anche innegabili pregi, e se supportato da un comparto attoriale un po’ più adeguato probabilmente avrei definito un gioiellino. Tuttavia gli spunti interessanti ci sono, Tenebra parte in un modo e poi sconvolge e mette tutte le nostre certezze a soqquadro, rivelandosi, man mano che va avanti, nettamente più interessante ed evocativo di quello che potesse sembrare all’inizio. Ancora una volta un regista italiano porta sul grande schermo un’opera letteraria, questa volta si tratta del romanzo di Giuliano Fiocco Il Primo Uomo su Marta.

Ed è infatti proprio Marta il nome della giovane protagonista del nostro film, una ragazzina orfana di madre che vive in casa col fratellino Chicco e con quello che parrebbe, dalle sue parole, essere il suo patrigno, o comunque un padre col quale non ha certo un buon rapporto, e dal quale si capisce subisca violenza. La giovane frequenta un gruppo online di avvicinamento al suicidio, da cui acquista una pastiglia di cianuro che vuole prendere col suo innamorato virtuale, Mirko, che non conosce ma con cui chatta da tempo. Dopo aver disciolto la pastiglia in una bottiglia di whisky la ragazza porta il fratello a scuola in scooter, per poi accorgersi che il bambino ha scambiato i due zaini, prendendo quello contenente la bottiglia mortale. Inseguito da un bullo, Chicco si rintana in una grande villa isolata dove, rinchiuse nel bagagliaio di una macchina, ci sono una mamma e la sua bambina, Giulia e Chiara, messe lì da quello che la piccola chiama l’Orco Buio. Nel frattempo Marta raggiunge il fratello nella villa e contemporaneamente anche l’Orco rincasa. Incomincerà una sorta di rimpiattino mortale che svelerà realtà terribili racchiuse tra le mura di quell’antica magione.

Non è il rosso del sangue, ma il viola scuro, quello della quaresima, del lutto, quello che in teatro porta male, il colore portante del film. Lo si vede in apertura, sulle lenzuola di un letto sul quale è legata una donna incinta, lo si vede alla fine, a rivestire una donna, una madre, una vittima che chiede vendetta, una ex bambina resa folle dall’orco più orco che ci sia. Inizia un po’ in sordina, Tenebra, con questo bel titolo che occhieggia al Tenebre argentiano, ma col quale ha ben poco in comune, se non il trauma infantile che riemerge e porta nelle tenebre più scure e fumose la mente del protagonista. Parte come un Home Invasion, genere per il quale, si sa, non nutro grande passione, perché per essere incisivo deve essere fatto davvero bene, ed in pochi ci riescono; una donna incinta è rinchiusa in una grande casa isolata con la bimba piccola, ed un bruto le tiene prigioniere. Poi c’è la scena del parto nella vasca da bagno, che evoca quella analoga interpretata egregiamente dalla splendida Emily Blunt in A Quiet Place del marito John Krasinski (2018), ma che porta alla mente anche il doloroso dramma familiare francese di Alexandre Bustillo e Julien Maury, À lintérieur (2007), ricordando molto, la giovane protagonista Tonia De Micco, l’attrice francese Alysson Paradis, che interpretava anch’essa una donna incinta quasi alla fine della gravidanza. I dettagli interessanti, insomma, non mancano, come ad esempio quello di rappresentare il villain, l’Orco Buio, come un uomo dai lunghi capelli biondi e gli occhi chiari, per nulla spaventoso, sebbene accompagnato da un feroce cane lupo.

Ed anche le tematiche non sono certo da sottovalutare: la famiglia, il nucleo, il nido domestico, che dovrebbe essere dispensatore di amore e tenerezza, diviene invece il fulcro dove si originano gli abomini più inconcepibili, e mentre un genitore commette nefandezze, l’altro chiude gli occhi facendo finta di non vedere, rendendosene quindi orrendamente complice, e forse ancor più colpevole di chi agisce dettato da forti squilibri mentali. Anto ci pone davanti al quesito: chi è il vero Orco? Forse non sapremo rispondere, forse sì, alla fine di Tenebra, ma certamente saremo portati a giudicare i vari personaggi di questa torbida storia con occhi ben diversi durante lo scorrere della narrazione. Poi c’è un altro problema serio, soprattutto della società odierna, che viene sottolineato: quello della solitudine e dell’alienazione dei giovanissimi che, non trovando una famiglia alle spalle che li supporti, buttano tutta la loro vita su un computer, ricercandovi surrogati dei loro desideri che portano quasi sempre a cadere nel baratro e difficilmente a risollevarsi. Marta non ha più la mamma, odia il papà, o patrigno che sia, e nonostante abbia un fratellino che la adora e che dipende quasi esclusivamente da lei, decide di farla finita grazie a un gruppo di squilibrati conosciuti online che vendono pastiglie di cianuro e spingono i giovani al suicidio come riscatto da ogni male, e decide di compiere questo passo estremo con uno che non conosce nemmeno, Mirko, senza vedere l’amore che vive a un passo da lei, il suo compagno Walter. Tenebra sembra suggerirci che solo imbattendosi nella vera morte, e sfuggendole, si possa dare il giusto significato alla vita. Una prospettiva, a pensarci bene, con certo rosea, come roseo non è il finale del film, disilluso e disincantato come non mai.

Purtroppo il punto in cui Tenebra è più carente è il comparto attoriale. A convincere maggiormente è una delle due protagoniste femminili, l’oscura napoletana Tonia De Micco, che ben saprà rendere tutte le varie sfaccettature dell’anima del suo personaggio, Giulia,  segregata per buona parte del film dentro il bagagliaio di un auto al quale sono stati praticati dei fori attraverso cui ella respira, guarda fuori, ascolta e parla. I cultori dell’horror se la ricorderanno in un altro titolo italiano uscito la scorsa estate, The Slaughter – La Mattanza, firmato da Dario Germani. Non mi ha invece convinto, nel ruolo dell’Orco Buio, l’attore romano Mirko Frezza, non completamente a suo agio nei panni rivestiti, a mio modesto parere. L’altra protagonista femminile è la giovane napoletana Elisa Del Genio, appena quindicenne: purtroppo il marcato accento e le espressioni spesso troppo fredde e distaccate, considerando ciò che sta vivendo, la portano a risultare un po’ monotona ed a tratti decisamente poco credibile, sebbene la sua gavetta di gran classe nella prima stagione della serie televisiva di successo L’Amica Geniale dove interpretava Lenù. I due baby attori che interpretano Chicco e Chiara, poi, sebbene siano scusati dalla giovanissima età e dal fatto che questo era il loro debutto in un film, sono proprio fintissimi, e recitano le battute imparate a pappagallo come i bambini della scuola materna ripetono le poesie. Insomma, diciamo che di baby attori sorprendenti ce ne sono eccome, ma non è questo il caso, sebbene la loro inesperienza li renda tenerissimi. Purtroppo in Italia questa piaga ricorre spesso: gli attori sembrano essere il tassello meno importante del film in molte produzioni indipendenti, tanto che si pagano tutti quelli che lavorano su un set tranne loro, per i quali è già tanto se c’è un rimborso spese: e si vede! Peccato perché anche qui una cura maggiore del cast avrebbe sicuramente innalzato il livello qualitativo dell’opera.

Altra pecca del film è la monotonia della parte centrale, che a tratti ha dell’incredibile: le fughe nella grande casa isolata, gli inseguimenti che spesso si ripetono uguali, le azioni dei ragazzini davanti all’orco che quasi sempre sono completamente prive di senso, concorrono a rendere questa parte del film un po’ noiosetta. Però dall’arrivo nella villa di un ulteriore elemento che stravolge la situazione le cose cambieranno, e ci sarà un bel colpo di scena a riattivare l’attenzione perduta, sebbene in alcuni momenti non si può negare che fosse intuibile. La bella villa pugliese dove il film è girato quasi per intero , Villa Romano nei sobborghi di Lecce, ha un suo fascino oscuro e retrò che la rende un ottimo elemento di scena, talvolta più degli stessi protagonisti.

Insomma, a fronte del basso budget col quale è stato realizzato, si può senz’altro affermare che Tenebra sia un discreto esempio di thriller psicologico all’italiana, che cerca di creare ansia ed inquietudine coi mezzi che ha a disposizione, colorando le stoffe di viola come presagio di morte e sventura imperanti. Marta e Giulia sono entrambe vittime di violenza, ma di quella del peggior tipo, che serpeggia all’interno delle mura domestiche: questo sembrerà unirle, ma non si può mai seriamente essere uniti nel dolore e dal dolore, quando quello prende il sopravvento tutto il resto scompare e la mente va in black out, facendoci prendere decisioni e fare scelte di cui poi spesso ci si pente. Ma non tutte. Un motorino che sfreccia nella notte, le dolci parole di una lettera d’amore, due persone strette su un sellino, verso una nuova vita, lontano, che più lontano non si può, dimenticando tutto, o almeno provandoci, per poter credere ancora nel futuro, e nella propria unicità. Sicuramente questo è l’aspetto più peculiare di Tenebra, il voler indagare dentro la psiche, spesso compromessa, dei vari personaggi, scavarla, metterla a nudo, e trarne fuori tutti i lati più salienti, eviscerandola fino alle corde più dolorose e impossibili da cicatrizzare. Anto sembra volerci urlare, attraverso il volto tumefatto di Giulia, che l’uomo è capace di atrocità tali che nessuno al mondo può immaginarle, è capace di rovinare e spezzare vite come fossero fili d’erba, anche delle persone che dovrebbero essergli più care al mondo. È con questi occhi che si deve guardare questa pellicola, perché è la Tenebra dell’anima la vera protagonista, e non lo spavento o la paura più associabili al genere horror vero e proprio.

Vi lascio con l’interessante descrizione che il regista fa del suo film: “Tenebra è una favola nera, cupa come le atmosfere dei luoghi in cui si svolge, oscura come il momento culturale che stiamo attraversando. Un medioevo in cui violenza domestica e femminicidio sono crimini talmente abusati da rischiare ormai l’indifferenza della cosiddetta società civile. Un problema universale dal quale nessun Paese, socialmente avanzato o retrogrado, totalitarista o democratico, è esente”.

 

 

 Ilaria Monfardini