Ci vuole un fisico: tutto in una notte

“Quante volte ci siamo sentiti brutti, inadatti, imperfetti? Ci siamo innamorati di una persona senza ricevere alcuna attenzione perché, magari, più bella di noi, più interessante, più affascinante? Questa è la storia di due ragazzi un po’ goffi, impacciati nei rapporti umani che, nel loro riconoscersi, trovano la forza di allontanare paure e problemi. Due antieroi moderni, che rispecchiano alla perfezione i lati deboli di ognuno di noi, considerati ‘brutti’ prima da loro stessi che dagli altri. Ci vuole un fisico racconta una storia d’amore tra due fantasmi nella società delle apparenze, che impone canoni ai quali è sempre difficile sottostare”.

In precedenza autore soltanto di short, il faentino Alessandro Tamburini sintetizza così il suo primo lungometraggio da regista, derivato proprio da uno di essi e nel quale veste anche i panni dell’insicuro e bruttino Alessandro, reduce da un appuntamento galante risoltosi in una “buca” nello stesso ristorante in cui la medesima sorte tocca alla coetanea Anna, approdata lì per incontrare qualcuno che, però, non si è presentato.

La Anna che, interpretata da una ottima Anna Ferraioli Ravel, non tarda a rivelarsi piuttosto stramba e folle, nel corso di una nottata che li porta a condividere situazioni e incontri rocamboleschi, approfondendo sempre più la propria conoscenza.

Perché, su script dello stesso Tamburini insieme al Ciro Zecca sceneggiatore di Quel bravo ragazzo e del Gianluca Ansanelli che ha diretto il successo partenopeo Troppo napoletano, è in maniera evidente alla tipologia di film in cui rientrano titoli quali Tutto in una notte di John Landis e Nick & Norah – Tutto accadde in una notte di Peter Sollett che appartiene la circa ora e venti di visione.

Circa ora e venti di visione basata, appunto, sul continuo confronto tra i due; man mano che ci si chiede se le corna col pensiero valgono e che Francesca Valtorta e il veterano Claudio Bigagli si aggiungono al cast, comprendente anche Niccolò Senni nel ruolo di un tassista in vena di rissa.

Circa ora e venti di visione che prende il via con la convinzione che chi arriva in taxi fa sempre una buona impressione rispetto a chi giunge in autobus, per poi delineare fino all’alba un autentico percorso di crescita dei due protagonisti, tra balli sfrenati, fughe su automobili rubate e, addirittura, un imprevisto bagno in un laghetto.

Con un ritmo narrativo che non rientra tra i più incalzanti e un comparto di idee non propriamente ricco, sebbene l’operazione si lasci tranquillamente guardare e rimanga, nel complesso, simpatica.

 

 

Francesco Lomuscio