Ancora volano le farfalle: la storia di Giorgia Righi

La Giorgia Righi che figura in qualità di produttrice esecutiva di Ancora volano le farfalle è la giovane la cui vera storia ha ispirato proprio questo lungometraggio a firma di Joseph Nenci, autore, tra l’altro, di The italian warrior.

Affetta da una rara malattia neuro-degenerativa ereditaria conosciuta come Atassia di Friedreich, Giorgia – che vediamo comunque in persona in una breve fase dell’opera – possiede sullo schermo i connotati di una brava Beatrice Mariani e ci viene mostrata in qualità di istruttrice di nuoto in erba sempre affiancata dalla sorella Marta alias Giorgia Fiori.

Ed è proprio mentre svolge l’attività in piscina che attira l’attenzione dello scanzonato giornalista Italo, interpretato dall’avatiano Massimo Fradelloni; il quale, attratto dalla sua delicatezza, prima le chiede di aiutarlo ad acquisire destrezza in acqua, poi instaura con lei una bella amicizia.

Amicizia inizialmente mal vista proprio da Marta; man mano che da un lato vediamo Giorgia andare incontro alla degenerazione sopra menzionata e dall’altro Italo, i cui articoli vengono puntualmente bocciati da una direttrice di giornale dal volto di Chiara Sani, intrattiene conversazioni con l’amico Santino, incarnato dal comico Giovanni Cacioppo.

Personaggio, quest’ultimo, mirato chiaramente a fornire la spruzzata d’ironia atta ad alleviare i toni di Ancora volano le farfalle, che, immerso nella spesso sovraesposta fotografia di Giuseppe Andreozzi mirata ad enfatizzare un’atmosfera a suo modo da sogno, nonostante l’argomento trattato non scade mai in maniera gratuita sul tragico strappalacrime.

Anzi, pur rivelandosi – con tutte le difficoltà tipiche delle piccole produzioni indipendenti tricolori – maggiormente riuscita nei momenti drammatici, grazie ad una fresca e moderna colonna sonora realizzata da Peroz (all’anagrafe Stefano Perili) la circa ora e cinquanta di scorrevole visione riesce nell’impresa di lasciar sempre emergere una certa leggerezza in una vicenda che non manca oltretutto di denunciare discriminazioni assortite nei confronti delle vittime di disabilità.

Un pregio, questo, sicuramente da riconoscere in particolar modo alla sceneggiatura di Antonella Marsili, destinata a riservare un colpo di coda atto a far quadrare tutti i conti suggerendo – non senza spingere alla commozione – che nella Settima arte c’è sempre più bisogno di buoni sentimenti e che nella vita deve essere vietato arrendersi… proprio come non si è mai arresa quella piccola grande donna che si chiama Giorgia Righi.

 

 

Francesco Lomuscio