Classica Orchestra Afrobeat: il cerchio perfetto di un nuovo disco

Si intitoal “Circles” il nuovissimo disco della Classica orchesta Afrobeat, disco di un suono che proviene dal mondo. Marco Zanotti guida il collettivo dentro antichità e primigenie tradizioni di suono e di scrittura per un lavoro che davvero è impossibile racchiudere dentro una semplice intervista. Dovete cercarlo e poi viverlo dentro questo disco… parlando di bellezza e di interminabili cose…

 

Noi parliamo sempre di bellezza. Ma cerchiamo sempre di abbandonare la strada estetica. Per voi cos’è davvero la bellezza?
Domanda interessante e difficile… Credo che la bellezza stia nelle cose che si realizzano e prendono forma con autenticità. È per questo che la troviamo soprattutto in natura. Nel suo essere perfettamente cosi come è, la natura raggiunge la bellezza. Ogni volta che c’è autenticità si può arrivare alla bellezza, ad esempio nella poesia, che scava nel profondo. E anche nella realizzazione di un progetto che ha obiettivi autentici.

E dove trovarla anche? Anzi… come sapete d’averla trovata?
In musica, soprattutto in quella suonata o ascoltata dal vivo, ci sono momenti di sintonia tra chi suona e chi ascolta, scariche di adrenalina, fili sottili che si tendono e stimolano persino fisicamente le persone. Forse questo è un esempio di momento in cui si sperimenta la bellezza?

Estetica e poi contenuto. Le cose non vanno spesso di pari passo. Cedete al gusto estetico o al bisogno del messaggio? Chi vince?
Beh, in questo album in particolare, soprattutto nella messa in scena dal vivo, abbiamo curato più che mai l’estetica, tra disegno luci, costumi e scenografie. Però in linea di principio restiamo profondamente dipendenti dal contenuto di ciò che presentiamo al pubblico. Il nostro movente è sempre stato un messaggio, a cominciare dal voler mettere insieme gli strumenti barocchi europei con quelli africani, come simbolo di dialogo e arricchimento reciproco. Per questo ogni nostro album si può definire, credo, un concept-album. Io personalmente sono sempre stato antitetico alla tesi dell’arte per l’arte.

“Circles” è un disco del futuro secondo me… nel futuro torneremo alle origini. Secondo voi?
Più che alle origini, speriamo che si arrivi ad una dimensione di convivenza pacifica e rispettosa dell’essere umano e dell’ambiente. Hai ragione, anche secondo noi è un disco del futuro, anche se gli strumenti sono antichi. Per lo meno, nel comporre ed arrangiare questi brani, ci siamo immaginiati in un tempo futuro in cui l’essere umano finalmente volge lo sguardo in alto verso una vita più nobile, sostenibile, dignitosa ed equa. Ma per arrivarci bisogna imparare ad ascoltare il passato, quantomeno per evitare di commettere gli stessi errori.

In scena con abiti grezzi… i Mutoid e il loro campo di ferro… insomma: l’estetica passa anche da qui? Perché?
Il messaggio passa anche dall’estetica, certo. Nel mondo che ci siamo immaginati l’upcycle è un elemento chiave, come antitesi al consumismo, e quindi ci siamo rivolti a vari amici artisti che hanno creato per noi gli abiti di scena (Giovanna Caputi), i gioielli di scena ricavati vecchi strumenti di ottone (Marcello Detti), le scenografie e le sculture di scena (Nikki Rifiutile e Lyle Doghead). Il videoclip del primo singolo “L’origine del mondo” è un cortometraggio in stop-motion, concepito e realizzato da Gianni Zauli con materiale di scarto e pezzi di strumenti, un videoclip che ha vinto e sta vincendo numerosissimi premi internazionali.