Five nights at Freddy’s: dai videogiochi al grande schermo horror

Diretto da Emma Tammi, Five nights at Freddy’s è l’attesissimo horror tratto dalla omonima serie di videogiochi tanto in voga tra i giovani.

E proprio al loro pubblico, del resto, sembra essere destinato questo film il cui protagonista è Josh Hutcherson insieme ad Elizabeth Lail, alla piccola e bravissima Piper Rubio e a Matthew Lillard, senza dimenticare il ruolo piccolo ma rilevante di Mary Stuart Masterson.

Il progetto, decisamente travagliato, risale al 2015, ma dalla Warner Bros si era passati alla Blumhouse Production e da Gil Kenan e Chris Columbus, quali registi, è stata poi scelta Emma Tammi, al suo secondo lungometraggio dopo The wind, un horror uscito nel 2018, ben accolto da critica e pubblico. I videogiochi creati da Scott Cawton, che è anche autore della sceneggiatura, erano usciti dapprima sulla piattaforma Dasura nel 2014, per poi approdare sulle varie console dal 2019. La trama del film unisce aspetti, personaggi e tematiche delle varie edizioni e racconta l’avventura di Mike, un ragazzo dal passato doloroso e complicato che si deve occupare della sorella più piccola, Abby. Sempre alla ricerca di nuovi lavori per via di uno scarso autocontrollo, Mike incappa alla fine in un impiego notturno: guardiano presso il ristorante Freddy Fazbear’s Pizza, che andava tanto di moda tra i ragazzini negli anni Ottanta e che ora è spesso meta di sbandati di ogni genere; quindi va preservato poiché il vecchio proprietario gli è affezionato e non vuole demolirlo.

Fin dalla prima sera, Mike si rende conto però che il posto non è silenzioso come dovrebbe essere e che gli animatroni custoditi nel locale prendono vita e non sono del tutto amichevoli. Ad aiutarlo arriverà ben presto l’agente di polizia Vanessa Shelly, ma il suo passato oscuro non farà che complicare le cose. Attesissimo, come già accennato, dagli spettatori più giovani, tanto che vi è pochissimo spargimento di sangue, per chi ha superato i quarant’anni ed è quindi cresciuto con una serie interminabile di capolavori horror Five nights at Freddy’s risulterà probabilmente fiacco quanto a psicologia dei personaggi e paura vera e propria, quella per intenderci che avevano regalato titoli come L’Esorcista, Poltergeist – Demoniache presenze o Shining (per citare qualche titolo). Sebbene la sceneggiatura sia stata scritta con cura, unendo i vari capitoli del videogioco e creando un fil rouge tra essi e il film, e nonostante l’ottimo impianto visivo, basato su una fotografia davvero eccellente che sfrutta al massimo i giochi di luce e ombra creando momenti di grande suspense, su ottimi effetti speciali visivi e sonori e sui trucchi del genere tanto conosciuti e amati, primi fra tutti i jump scare, la vera pecca del film della Tammi sembra essere il ritmo.

Le sequenze oniriche sono davvero troppo prolisse e rallentano la narrazione che si fa nettamente più vivace quando l’ambientazione si sposta all’interno del ristorante. Lo stesso Hutcherson, poco espressivo, manca di incisività e si riprende solo sul finale. Indubbiamente confezionato con professionalità, Five nights at Freddy’s punta tutto sulla presenza dei pupazzi animati (i famosi animatronics Freddy, Bonnie, Foxy e Chica con il suo cupcake), terribilmente inquietanti, e su paure ancestrali tra cui quella del buio e delle macchine che non rispondono al controllo dell’uomo, senza tralasciare traumi passati mai sopiti che condizionano pensieri e comportamenti dei protagonisti. Il finale fin troppo rapido chiude quindi un lungometraggio che omaggia gli indimenticabili anni Ottanta, ma che a tratti risulta addirittura noioso. Nel momento in cui stiamo scrivendo in America ha già incassato svariate decine di milioni di dollari, diventando il secondo miglior esordio horror dopo IT – capitolo 2 e anche nel Bel Paese ci si aspetta un discreto successo. Per noi “vecchietti” raggiunge appena la sufficienza, ma a breve sapremo quale sarà il giudizio dei teenager.

 

 

Daria Castelfranchi