Grazie a Dio: François Ozon “vittima” della pedofilia

Grazie a Dio, o come recita anche il titolo originale Grâce à Dieu, è il film vincitore dell’Orso d’argento alla recente Berlinale del 2018 ed è stato visto da oltre un milione di persone solo in Francia.

A Roma per presentare il film alla stampa, il regista François Ozon ha dichiarato: “Pensavo all’inizio di fare un documentario su questa storia, forse una serie tv, poi ho deciso per un film, ma mai avrei pensato che  la dura e triste vicenda di un prete pedofilo potesse ottenere tale successo di pubblico”.

In effetti Grazie a Dio, che molti hanno definito lo Spotlight francese, ci racconta la vera storia di un prete pedofilo degli scout di Lione che, dopo anni, viene finalmente smascherato e accusato dalle sue vittime, ora adulte, ma ancora con tanti problemi e dolore provocati dagli abusi. Al momento in cui scriviamo queste righe il processo è ancora in corso, in attesa del giudizio definitivo della magistratura francese, mentre per la giustizia vaticana il prete è già stato ridotto allo stato laico. Ma la parte interessante e decisamente “affascinante” è la maniera in cui Ozon ha voluto raccontarci questa storia che davvero non rappresenta un cinema di evasione. Se nel citato Spotlight ci si era concentrati sull’aspetto giornalistico lasciando a margine le vicende, qui Ozon affronta in modo durissimo la questione e ci mostra il tutto senza se e senza ma, attraverso i racconti delle vittime che potete tranquillamente leggere sul loro sito https://www.laparoleliberee.fr/.

Il regista ha raccontato: “Volevo fare un film che mostrasse la fragilità degli uomini, e quando mi sono imbattuto in questa storia piano piano è nata l’idea”. Senza dubbio un film scomodo, che sicuramente porterà ancora una volta alla ribalta la questione che da anni la Chiesa (e, in particolare, prima il cardinale divenuto Papa Ratzinger e, poi, Papa Francesco) ha combattuto e combatte con forza, trovando proprio all’interno di essa stessa una forte resistenza.

Ozon ha il grandissimo merito di portare alle luce una vicenda molto conosciuta in Francia e, in particolare, a Lione, dove tutti conoscono la storia di Bernard Preynat, che per anni ha abusato dei suoi giovani scout, e, nonostante fossero emerse segnalazioni e denunce, ben poco si era fatto per allontanare il sacerdote, il quale si definì malato per sua stessa ammissione.

Il cardinale Barbarin, responsabile delle assegnazioni di padre Preynat, se ne uscì durante una conferenza stampa, a proposito del fattaccio, con un “Grazie a Dio, è passato del tempo e molti reati sono prescritti”, generando un incidente linguistico che, alla fine, è diventato il titolo del lungometraggio. Lo stesso cardinale, condannato il 7 Marzo 2019 dalla magistratura francese in primo grado per “omessa denuncia di maltrattamenti”, ha rassegnato il 18 Marzo successivo le dimissioni, respinte, però, da Papa Francesco. Ed è  ancora al centro delle polemiche, dopo aver  cercato in precedenza, con i suoi avvocati, di bloccare l’uscita del film, ottenendo un effetto contrario, stando a quanto osservato da Ozon: “Non potevo avere pubblicità migliore, più loro contestavano con gli avvocati, più la vicenda guadagnava visibilità e la gente è andata al cinema. Certamente, uno dei migliori “uffici stampa” che abbia mai avuto”.

Tutta la vicenda e la sua forza derivano dalla realtà, Ozon ci racconta le storie degli uomini che dal 2014 al 2016 hanno fatto emergere la vicenda, dal primo, Alexandre (Melvil Poupaud), cattolico con cinque figli, lavoro in banca e che cerca dopo anni un contatto con l’anziano prete per avere le sue scuse e cercare, se possibile, di perdonare. Ma lui è solo il paziente zero di una vicenda che presto esplode, portando altre vittime a raccontare la storia, a cercare in qualche modo non una vendetta, ma una giustizia. Così, in modo magico, dopo quarantacinque minuti di Alexandre cambiano i protagonisti della storia, in quanto Ozon ha spiegato: “non è Psycho, ma mi piaceva l’idea di Hitchcock di cambiare il protagonista a metà della storia”.

Lo script, infatti, evolve portandoci altri due protagonisti: François (Denis Ménochet) ed Emmanuel (Swan Arlaud), i quali ci conducono alla fondazione de La Parole Libérée (La parola liberata) e allo sviluppo della vicenda, che finirà in magistratura.

Le scelte stilistiche di Ozon sono di grande presa per il pubblico, e, forse, una delle ragioni del successo di una storia davvero difficile da digerire è quella di portarci dentro le vicende umane dei protagonisti, all’interno dei loro traumi, di chi ha perso la fede e di chi, invece, in essa cerca di capire e tenta di perdonare. Il tutto con uno sviluppo della storia sicuramente più appassionante rispetto al celebrato Spotlight. I casi che il regista ci porta sullo schermo sono storie vere, reali, e gli attori, proprio per evitare ogni suggestione, non hanno incontrato i veri protagonisti del fatto, come rivela Ozon: “Sì, è stata una scelta non incontrarli anche da parte mia, sebbene mi fossi molto documentato sulla vicenda, ma devo ammettere che, dopo la premiere a Lione, l’effetto è stato molto forte e tutti gli attori che hanno veramente recitato con il compenso minimo di base erano visibilmente emozionati nell’incontrare i veri protagonisti di questa storia. Senza dubbio, l’ennesima prova della forza del cinema, quando decide di raccontare al meglio le vicende di uomini fragili e, al tempo stesso, coraggiosi”.

In conclusione, Grazie a Dio è un’opera da non perdere, terribilmente efficace, disturbante e coinvolgente, che riesce a fornire uno sguardo equilibrato evitando il voyeurismo, impreziosita anche alle straordinarie interpretazioni di tutto il cast e il cui giudizio positivo viene confermato dallo stesso Ozon: “Molti preti si sono detti davvero colpiti dal film e ritengono l’opera assolutamente equilibrata; io non volevo fare un processo alla fede o alla chiesa cattolica, ma solo portare alla ribalta una vicenda umana, molto triste, che vede un prete cattolico tra i suoi protagonisti negativi”.

 

 

Roberto Leofrigio