Il cast parla della serie evento Leonardo

Coniugare la figura di un gigante della Storia come l’incomparabile Leonardo da Vinci all’ampio margine d’enigma del genere thriller permetterà al piccolo schermo di raggiungere le vette poetiche ed espressive della fabbrica dei sogni? O la suspense, l’incertezza, il clima di mistero, l’intrigo rimarranno solo dei meri espedienti per allungare il brodo a vantaggio degli spettatori dai gusti semplici?

Al di là del pluralismo dei punti di vista in merito alla cifra stilistica della serie evento Leonardo, in prima visione su Rai Uno a partire dal 23 Marzo 2021, la coproduzione di Rai Fiction con Lux Vide e Sony Pictures Television assicura al lancio del colosso lo slancio cosmopolita dell’impresa commerciale in pompa magna.

In attesa di stabilire se si tratta dell’ennesimo colosso dai piedi d’argilla, schiavo dei soliti colpi di gomito, impossibili da tradurre nei colpi d’ala dell’ingegno creativo, o d’una variante degna di nota che mette in luce le zone d’ombra di un genio con parecchi scheletri nell’armadio, la curiosità principale risiede nella sfida recitativa. L’attore irlandese Aidan Turner, relegato al cinema in parti di fianco, racconta l’esperienza d’interpretare il giovane Leonardo, alle prese di volta in volta con opere da consegnare all’immortalità e altre rimaste neglette, rilevando l’arduo lavoro mimetico necessario per calarsi nei panni di un personaggio tanto affascinante quanto impegnativo: “È stata un’esperienza epifanica. Vorrei poter dire che c’è molto di me in Leonardo. Ogni interpretazione equivale a uno scambio profondo ed emblematico nel lavoro dell’attore sul personaggio. Esiste certamente un timbro d’autenticità connesso alla fase di analisi, negli aspetti psicologici ed eterei e nella sfera delle emozioni personali che si provano durante il processo d’immedesimazione. Mi sono preparato facendo tesoro delle indicazioni fornite dagli sceneggiatori Frank Spotnitz e Steve Thompson, dal regista Dan Percival insieme ad Alexis Sweet, visitando il Museo del Louvre, osservando da vicino i dipinti di Leonardo. Per creare un dialogo molto intimo con queste opere d’arte. E comprendere così come dar vita ad alcune circostanze interiori ed esteriori legate a doppio filo all’essenza spirituale di quei capolavori. Ed è stato quindi un intenso ed estatico viaggio di scoperta. Un’epifania appunto”.

L’avvenente ed energica Matilda De Angelis, reclutata nelle vesti della misteriosa musa Caterina da Cremona, ha le idee chiare sulle regole del gioco e sugli stimoli conferiti dalla scoperta di particolari sconosciuti al trasporto interpretativo: “Non ero a conoscenza di questi quadri e dei bozzetti andati persi. Caterina è anche il nome della madre di Leonardo. Penso quindi che sia il giusto omaggio a una donna meritevole d’attenzione. Il valore dell’immaginazione ha svolto un ruolo chiave. Ed è stato divertente inventarsela in qualche passaggio Caterina. La sceneggiatura di ferro ha delineato comunque al meglio il personaggio. Vi ho aggiunto del mio per svelare l’arcano. Sono felicissima di aver recitato a fianco ad Aidan Turner. Da oggi in poi lui sarà per sempre il mio Leonardo da Vinci. Ho svolto un lavoro duro ma gratificante con la lingua inglese. Dovendo dopo declinare il doppiaggio in italiano (affidato a Miriam Catania) in quanto non volevo fare le cose in fretta e furia. Durante la fase d’incisione ero su un altro set. E con il Covid gli spostamenti sono ormai diventati estremamente difficoltosi. Avrei voluto dedicargli la stessa cura dei dettagli della versione originale. Ma non ho potuto”. Frank Spotnitz riguardo all’omosessualità di Leonardo, esposta sulla falsariga degli odierni coming out, sebbene rappresenti il classico segreto di Pulcinella, ci ha tenuto a dire la sua: “Abbiamo attinto a tantissime fonti. L’obbligo di verità nel ritrarre l’artista e l’uomo Leonardo comprendeva altresì la sua diversità. Che ha reso la storia d’amore con Caterina da Cremona ancora più commovente. Giacché non determinata dal richiamo dei sensi. Bensì dalla molla dell’affetto, dalla sicurezza della comprensione, dalla sincerità dei sentimenti”.

Il produttore Luca Bernabei, pungolato sulle interpolazioni e sull’audace labirinto d’ipotesi frammiste ai dati al contrario storicamente accertati, risponde con le rime: “Noi realizziamo serie televisive. Non documentari. L’opportuno studio delle fonti storiche è un marchio di fabbrica della Lux e di Rai Fiction. Dove ci sono persone serie. Il cui mestiere consiste nell’accordare realtà e fantasia. Con cognizione di causa”. Giancarlo Giannini, fiore all’occhiello dell’intera operazione nella parte del guru Andrea del Verrocchio, ribadisce l’importanza della fantasia per convertire i fattori visivi, ed ergo tangibili, in ragguagli interiori più sfumati: “Il nostro è un lavoro di fantasia. Sappiamo tante cose di Leonardo. Quello che non sappiamo, ce l’inventiamo. Gli attori raccontano delle favole. Ed è in questo modo che ci mettiamo in gioco. Il francese ‘jouer’, il tedesco ‘spielen’, l’inglese ‘play’ indicano nel gioco la chiave di volta della recitazione. Mi è piaciuto impersonare il Verrocchio. Specie per la sua versatilità. Stiamo parlando d’altronde del maestro che ha insegnato a Leonardo a servirsi della luce. C’è una scena in cui gli spiega che saperla catturare vuol dire cogliere la verità spirituale nell’ordine delle cose. Si crea un’autentica magia”. Rimane aperto l’interrogativo se davvero la serie Leonardo saprà dare l’acqua della vita alle luci e alle ombre dell’estro in erba. Portando a galla momenti topici ed eventi imprevisti.

 

Massimiliano Serriello