Intervista a Smokin’ Axl con il singolo “Sfumeggiante”

Potrebbe sembrare una domanda banale e magari lo è: “Dove sta andando la musica? E dove sta andando la tua di musica?

Di certo non posso parlare per tutti i generi e per tutti gli artisti, ma la mia impressione è che, in linea generale, la musica si stia lentamente omologando, nelle strumentali ma soprattutto nei testi e negli stili. La musica trap, ad esempio, sta iniziando a suonare sempre più simile al pop, con la presenza sempre più evidentemente di una parte cantata, anche se, con una componente sempre più ballata e testi sempre più simili tra loro, mi ricorda più un’evoluzione dell’ItaloDance che del Rap. Dal mio canto, sono cresciuto con un certo tipo di musica e posso dire che questa è una cosa che fa ormai parte di me, ma non sono restio ai cambiamenti o, meglio, ad evolvermi come artista, anche se, nonostante molti dicano che la musica debba essere fatta per gli altri perché deve essere venduta, preferisco fare roba che piace a me: voglio essere me stesso, non parte di una moda.

Ad avere la possibilità di aprire un concerto in uno stadio di un big della musica, affrontandone il pubblico con la tua musica, chi sceglieresti? E perché?

Se dovessi essere obiettivo e considerare anche ciò che ho sentito dire per quanto riguarda il mio genere e il mio stile, direi che la scelta mi cadrebbe obbligata su Fabri Fibra: ho sentito dire da alcuni che, a tratti, ricordo il vecchio Mr. Simpatia. D’altro canto, considerato la mia formazione e i miei gusti, scegliendo di cuore, direi che opterei per aprire un concerto di Caparezza. Sarebbe soddisfacente, oltre che emozionante per me, poter aprire il concerto di un artista che stimo e che mi ha accompagnato fin da subito alla scoperta non solo del rap, ma della musica in generale.

Quali sono i tuoi piani più immediati?

Ad essere sincero non credo di averne. Non sono persona da fare piani. La cosa più logica da fare, e ciò che vorrei fare, è riuscire a cantare a più eventi possibili, davanti anche a piccoli pubblici, ma per arrivare a più persone possibili, magari con la mia stessa passione. Ho un canale TikTok e un profilo Instagram, dove, anche se non mi vanno molto a genio i social, posto ogni tanto dei contenuti. Ho aperto anche un profilo Twitter, ma non sono molto abile ad usarlo. Non sono così capace ad essere social, ma in fondo non punto ad essere un influencer. Avrei effettivamente bisogno di qualche strategia più concreta, questo lo so, ma ci devo lavorare, e preferisco concentrarmi sulla musica.

Quanto è importante per te internet nell’ambito musicale? Si rimpiange il passato in cui i social e selfie erano solo utopia o, meglio, proiettarsi verso il futuro abbracciando le nuove, seppur fredde, forme di comunicazione?

Oggi come oggi internet è molto importante. Stimo gli artisti che riescono a rimanere apprezzati e a mantenere la propria fetta di pubblico senza dover costantemente interagire con esso tramite i social, ma, ahimè, al giorno d’oggi, soprattutto quando sei sconosciuto, devi essere molto presente sui social. La gente passa la maggior parte del tempo su internet, per questo bisogna catturare la sua attenzione utilizzando questi strumenti. Queste nuove forme di comunicazione sono praticamente gratuite se le sai utilizzare, e puoi utilizzarle in ogni momento, in ogni occasione e offrono un sacco di comodità, ma le utilizzano in così tanti che devi saperti distinguere dalla massa, a volte utilizzarle può darti l’effetto opposto: diventare uno dei tanti nel calderone.

C’è differenza tra ciò che ascolti e ciò che in realtà componi e canti?

Direi di sì, sono aperto a molti generi, e molti artisti che ascolto hanno stili propri. Seppure tragga molto ispirazione da ciò che ascolto, non posso certo dire di fare la stessa cosa che fa Mezzosangue o i Cor Veleno. Una peculiarità che mi distingue da molti degli artisti che ascolto è il tentare di creare incastri e rime complesse e non le solite banali rime baciate. Poi, per lo meno non ancora, non parlo di politica, seppure ciò che ascolto ha un buon fondamento di protesta, come Caparezza o Frankie Hi-Nrg.

Hai mai pensato di cantare in inglese per varcare i confini nazionali?

Beh, ci sono delle volte in cui l’ho preso in considerazione, ma è un’opzione che non fa per me: conosco l’inglese base, cioè quello che serve per lavorare in ufficio, non sarei in grado di scrivere un intero testo in inglese, e nemmeno di cantarlo correttamente, considerando anche che in quello che faccio reputo importanti le rime. Non saprei come fare le rime in inglese.

Chi vorresti ringraziare per chiudere questa intervista?

Vorrei ringraziare in primis me, per non essermi mai arreso, anche se le occasioni e le tentazioni sono state tante. In secondo luogo, vorrei ringraziare le persone a me vicine che mi supportano e mi spingono ad essere una versione migliore di me. Vorrei ringraziare i miei genitori e i miei famigliari, che mi aiutano e mi sostengono. E infine vorrei ringraziare tutte quelle persone che, direttamente o indirettamente, mi hanno dato e/o mi danno tutt’ora una mano a realizzare il sogno.