Jacopo Perosino: oltre la propria confort zone

Di bellezza si parla sfogliando la vita e il mondo oltre i confini della nostra confort zone. In altre parole, seguendo l’allegoria dei suoi significati, è questo il centro di questo disco che si titola (appunto) “Estramenia”. Jacopo Perosino certamente sa come andare oltre e lo dimostra in un EP fresco e libero di forme e di soluzioni. E partendo proprio dalla bellezza che procede oltre, l’estetica, la forma, il finale di tutte le cose…

Noi iniziamo sempre parlando di bellezza: per Jacopo Perosino cos’è davvero la bellezza?
Il concetto di Bello mi incuriosisce poco, in parte perché è troppo soggettivo quindi limitante e in parte perché è troppo schiavo del suo tempo (laddove incrocia inevitabilmente il concetto di Moda). Mi piace invero l’idea di Sublime così come si delinea dal trattato anonimo datato c.a. I sec. d.C: semplificando eccessivamente si fa riferimento a ciò che eleva lo spirito e crea allo spettatore una sensazione di straniamento, di paura buona che punta fino all’estasi; l’esplosione dei sensi, simile ad un orgasmo, che rincuora e risveglia il pathos, le emozioni. Nello stesso trattato si analizzano poi le tecniche da saper padroneggiare per creare nello spettatore quella sensazione e si giunge ad una conclusione che condivido appieno: meglio qualcosa di sbagliato e vero che qualcosa di impeccabile e falso.

Teatro o musica? In cosa la trovi maggiormente e in che modella cerchi?
Premetto che, per rispetto del teatro e delle figure professionali che lo animano, non mi definirei tale. Amo l’idea di teatro come luogo dove avviene un’azione narrativa (il dramma) perché mi piace l’arte di raccontare storie e di dare loro vita ma, per adesso, la veste che sento più calzante è quella musicale e la forma di racconto, quella della canzone.

“Estramenia” è un titolo importante: siamo oggi nella società della chiusura nonostante la libertà di accedere ovunque?
Mi pare più una società della paura: l’immagine che mi viene in mente è quella di un animale tenuto in gabbia che, trovatosi di fronte finalmente al cancello aperto, non riconosca la libertà e la tema, finendo per accucciarsi e non uscendo più fuori. Essere respingenti con le persone o le cose nuove porta a morire accucciati nella propria gabbia che, ancorché apparentemente dorata, resta una gabbia.

Che poi ha una dimensione anche personale… uscire dalla propria confort zone…
Questo concetto mi serviva per sottolineare che il movimento è essenziale alla natura umana: nulla rimane immutato e tutto cambia entrando e uscendo, sconfinando così tante volte limiti e confini da svuotare di significato il concetto. La frontiera è una linea fatta per essere valicata sempre, su quella linea cammina in equilibrio precario il concetto di Arte. Non ci puoi restare a lungo ma puoi sempre cercare. Se devo pensare al senso di tutto vorrei fosse espresso col gerundio “sconfinando”. Superiamo sempre una precedente zona di comfort fino al punto finale di non ritorno che poi ognuno chiama e prega come preferisce.

Perché un EP? Perché solo 5 brani?
Perché no? La risposta sincera è che questo Ep nasce da un’idea autoconclusiva che toccava in qualche modo queste cinque canzoni, alcune peraltro di sincera sperimentazione rispetto alla cifra stilistica comune nel mio progetto. Alcuni sono inediti ma due canzoni uscirono anni addietro con un collettivo che avevo fondato con musicisti e performers (i Noàis). Volevo mettere le mani nella pasta, lavorarla tante ore con le mani, impastare e vedere cosa sarebbe venuto fuori. Però poi ci potrebbero essere risposte più provocatorie legate al fatto che il mercato musicale richiede singoli e playlist, gli album sono anacronistici e poco considerati se non da critica e stampa. Un Ep è il giusto compromesso che scontenta tutti… Un po’ un freak… E già per questo mi piace