LE RECENSIONI DI GABRIELE GALLI: “CANI SCIOLTI”

Flusso di coscienza di fronte a CANI SCIOLTI – 18/11/2013

Meno tre, due, uno…si spegne la luce in sala…e anche la parte razionale del cervello, per assistere allo spettacolo.

Sì, un vero e proprio spettacolo, nel profondo significato del termine, che ha tra le indicazioni di fruizione quella di non essere preso troppo sul serio.

Se accettate la premessa allora via, in questo mondo così verosimile e invece così lontano dalla realtà (nei modi e nei tempi, non troppo nelle situazioni) a cui ti affezioni e da cui, in fondo, accetti tutto, anche la più esagerata delle esplosioni, e la più banale delle sottotrame.

Vale il prezzo del biglietto, sai cosa ti aspetti e quello trovi, non sei deluso, ridi, ridacchi. Soddisfatto.

Poi per un attimo pensi che con quel budget (60 milioni di dollari secondo IMDB) in Italia ci avrebbero fatto trenta film, ma che la metà della cifra se la sarebbe intascata la produzione gonfiando le spese.

Quindi servono i soldi per fare dei bei film? Sì, eccezioni a parte, più soldi di budget meglio viene il film.

Qualcuno pensa sia qualunquistico o banale? a volte meglio esprimere concetti chiari e indiscutibili, come Cani Sciolti. Chiaro, limpido, indiscutibilmente un bel film.

Il film appunto scorre via che è una bellezza, sapientemente diretto dall’Islandese trapiantato in America Baltasar Kormákur, di nuovo con Mark Wahlberg dopo la felice esperienza di Contraband (2012), e stavolta insieme alla certezza Denzel Washington e ad un Bill Paxton strepitoso agente corrotto della CIA.

Menzione particolare per una scena molto ben costruita, quella in cui Wahlberg nascosto su un tetto, guida Denzel Washington a distanza con l’ausilio di un telefono cellulare e riesce a fargli seminare i nemici; buona cura dei personaggi sia nelle motivazioni scatenanti dal proprio background che nell’estetica; dialoghi manieristico-tarantiniani a volte…però…creare Maniera quando si è ancora in vita…non male per Quentin…del resto quale thriller può non fare i conti con Tarantino?

C’è un prima e un dopo Pulp Fiction, che lo si voglia o no; e c’è un prima e un dopo Matrix; e un prima e dopo Avatar.

Innovativa qualche idea di sceneggiatura tra cui la principale: i due protagonisti sono entrambi due infiltrati, uno della DEA, uno dell’esercito, senza sapere l’uno dell’altro. Due “buoni” che quando scoprono di esserlo combattono insieme contro i “cattivi”. E vincono, soddisfacendo occhi, orecchie e nervi dello spettatore ormai immerso nella vicenda.

Probabilmente essere soddisfatti della visione di Cani Sciolti è come inconsciamente ammetter che esistono diversi modi di fare (e guardare) il Cinema.

E mi sembrerebbe importante e bello che ce lo ricordassimo un po’ tutti noi Italiani che abbiamo fatto della nostra industria culturale cinematografica un vanto e una fonte di lavoro, grazie a film di genere che sono stati comunque Cinema; un altro Cinema; come quello di Cani Sciolti che, infatti, tiene bene in vista il marchio di fabbrica Hollywoodiano. E fa bene.

Gabriele Galli